Maccagno con Pino e Veddasca | 19 Ottobre 2018

“La politica non sia smemorata, far diventare la Val Veddasca un Parco Regionale”

In una lunga riflessione l'Osservatorio "Felice Cavallotti" interviene riflettendo sul fondamentale ruolo della politica e sul futuro dei luoghi nell'Alto Varesotto

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L’Osservatorio Felice Cavallotti, oltre ad organizzare periodicamente iniziative ed eventi, per sensibilizzare la popolazione del territorio luinese su alcuni temi di rilevanza socio-culturale, interviene anche su argomenti che riguardando anche la politica locale.

Così, dopo l’incontro organizzato a Maccagno con Pino e Veddasca, dal titolo “La Veddasca nella rete Natura 2000”, l’Osservatorio intende oggi fare alcune riflessioni con l’obiettivo che la politica, a qualsiasi livello, in primo luogo, debba iniziare consapevolmente ad educarsi per accrescere le sensibilità ambientali di tutti i cittadini. Secondo l’Osservatorio, infatti, “La fattibilità di un parco non può far a meno di questo percorso pedagogico”.

Partendo da queste considerazioni la lunga riflessione si articola analizzando diversi aspetti, che possono esser utili per comprendere la posizione dell’Osservatorio.

Ecco il testo inviato alla redazione.

Non sembrerà vero, ma la politica talvolta sembra voglia utilizzare sempre più la strategia della smemoratezza per non assumersi le proprie responsabilità. Vuol dire che la politica ha deciso di considerare l’atto iterativo, necessario alla sua azione responsabile, depurato da quella facoltà che permette, alla politica stessa e alle cose trattate, di essere completate e relazionate in modo sistemico. Ha deciso di modificare il senso dell’iterazione facendola diventare una strategia del sempre nuovo, appunto senza memoria. Una strategia che rende possibile una riduttiva semplificazione del problema, un isolamento dello stesso a cui può imporre una visione specialistica, separandolo dal contesto generale. In questo modo la politica allontana e circoscrive le proprie precedenti responsabilità dall’area dei conflitti semplificando l’elaborazione del consenso.

Perché questa considerazione? È una considerazione che è stata stimolata e appare appropriata alla conferenza di giovedì scorso organizzata a Maccagno: “La Veddasca nella rete Natura 2000”. Conferenza non a caso moderata proprio da un sindaco.

La conferenza, preparata dall’appassionato giovane ricercatore Gabriele Brambini, ha illustrato l’evolversi della volontà della Comunità Europea nel chiedere allo Stato Italiano e ai suoi Enti di individuare e di segnalare i cuori naturalistici di biodiversità sull’intero territorio nazionale.

Il relatore ha subito fatto notare che la risposta alla tempistica di applicazione della prima direttiva “Habitat”, emanata nel 1992 viene recepita e regolamentata nel D.P.R. 8 settembre 1997 e modificata e integrata dal D.P.R. 120 del 12 marzo 2003, non è stata per evidenti responsabilità di immobilismo da parte degli Enti nazionali tra le più celeri. Per farla breve, il lento percorso di questa direttiva porta alla proposta di un mosaico di Siti di Importanza Comunitaria (SIC) negli anni 2005, tra cui viene indicata l’importanza della Val Veddasca.

Queste realtà geopolitiche entro 6 anni (ovvero 2011) avrebbero dovuto concludere il loro percorso diventando, dopo aver dimostrato l’esercizio coerente di politiche di sostegno o di introduzione rispetto ai contenuti qualificanti segnalati dalla direttiva habitat, ZSC, zone speciali di conservazione. Questo percorso, riconosciuto e approvato dalla Unione Europea, avrebbe acconsentito e acconsente tutt’ora, con progetti finalizzati, di poter intercettare possibili canali finanziari predisposti alla conservazione da parte dell’Unione stessa.

Tant’è che gli slittamenti da parte degli enti italiani hanno portato all’ufficializzazione delle ZSC solo nel tardo 2016. Ma ancor peggio, di questa ufficializzazione tardiva, risulta il fatto che questa passata elaborazione sia avvenuta in assoluta mancanza di progettualità da parte delle amministrazioni locali e in un silenzio generale che ha ottenuto il probatorio effetto di escludere da questo progetto l’intera popolazione, elemento fondante per questi processi di conservazione.

L’unico scatto di fine corsa vede come protagonista la sola Comunità Montana che realizza, in coerenza con il (frantumato) mosaico SIC, un progetto/intervento tecnologico di protezione dei passaggi faunistici. Per il resto le amministrazioni comunali, per quanto è dato da sapere, rimangono sui blocchi di partenza non proponendo o producendo nessun particolare contributo.

Torniamo dunque alla considerazione iniziale. La conferenza, nonostante non stesse spiegando nulla di nuovo istituzionalmente, ma non era nemmeno questo l’obiettivo postosi dal relatore, ha confermato per l’ennesima volta l’imbarazzo della politica. La presenza degli amministratori in sala sembra confermare quanto detto sopra in merito ai “blocchi di partenza”. Ennesimo silenzio. Nessuna particolare comunicazione aggiuntiva, un nulla di fatto come in questi anni, nessuna esternazione sulle proposte locali o intercomunali che abbiano contribuito a qualificare il successo per l’assegnazione del titolo ZSC. Silenzio propositivo della politica che lascia perplessi. Strategia della smemoratezza o scarsa sensibilità politica per questi argomenti?

Tanto d’arrivare al limite di dimenticarsi, prima (nel passaggio SIC/ZSC) e nella serata dopo, uno studio fatto dal Comune nel 1999 (segnalato dalla Pro-Loco concentrata in quegli anni sulle problematiche di interesse territoriale) sulla torbiera della Montagnola, area centrale nel SIC, ritenuta dal relatore uno dei componenti di maggiore interesse naturalistico, che per l’appunto, e guarda il caso, dimenticato negli elaborati cartografici e negli elenchi della ZSC. Dimenticanza di segnalazione che non fa altro che dimostrare il disinteresse generale delle amministrazioni locali (e qui ricadiamo nella fenomenologia della smemoratezza) per questo tipo di opportunità.

Disinteresse oggi riconfermato dal pessimo stato di conservazione e manutenzione in cui sta sopravvivendo la torbiera. Ma ancor peggio sembra la dimenticanza del pubblicizzato studio co-finanziato dalla Fondazione Cariplo per il PLIS, Parco Locale di Interesse Sovracomunale denominato Parco Smeraldo (originariamente parco Bedea-Paü-Brughiere), studio di fattibilità dell’anno 2010/2012. Studio effettivamente fuori dai confini dell’ex SIC Val Veddasca, ma che sicuramente avrebbe aiutato a consolidare l’avvenuta classificazione del SIC in ZSC, contribuendo all’efficacia di unione del mosaico territoriale.

Vogliamo ricordare che l’interesse di queste zone speciali di conservazione sono determinate dalla loro rigenerazione e dal loro consolidamento, condizione che può avvenire solamente se si implementano tra di loro forme possibili di “relazione naturale”. Diversamente: se questi nuclei rimanessero chiusi in sé stessi perderebbero la loro importanza e valenza di biodiversità.

È chiaro, ed è evidente, che esiste una differente pressione politica nell’impegno di accettazione di un’area definita da Enti Superiori (UE), come i SIC o ZSC, da quella di andare, per propria volontà, ad individuare e creare comportamenti particolari e di cui si sarà considerati i primi responsabili e dove non si potrà fare a meno di elaborare forme di consenso. Condizione questa rischiosa che potrebbe fare scuola e successivamente andare ad imporsi nella tradizionale prassi politica del potere.

Dunque, ci chiediamo:
– è proprio questa impegnativa responsabilità che consiglia la strategia della smemoratezza?
– È proprio questa responsabilità che porta i politici a sopportare ripetuti e ridondanti argomenti facendo credere di essere sempre di fronte ad eccezionali novità?
– Quanto questa strategia della smemoratezza e questi comportamenti di “abuso di potere” possono contribuire a rallentare nei nostri territori la cultura dei luoghi?

Vogliamo concludere confidando ancora sull’importanza della memoria, al fine di approfondire e concretizzare la vera ed entusiasmante proposta della serata fatta da Gabriele Brambini: fare diventare la ZSC della Val Veddasca un Parco Regionale (magari transfrontaliero).

È da questa proposta che, come Osservatorio Felice Cavallotti, riteniamo che la politica Comunale e Comunitaria possa e debba ripartire per costruire, con le vecchie e successive nuove memorie, una strategica visione territoriale dimenticandosi le inopportune strategie di smemoratezza.

Chiediamo pertanto all’Amministrazione di Maccagno con Pino e Veddasca di farsi promotrice dell’opportunità di iniziare da subito ad affrontare studi approfonditi pluridisciplinari, attraverso forme di co-progettazione partecipata (facendosi aiutare anche dal metodo e dai finanziamenti Ministeriale sulle “aree interne”, proposta dall’allora Ministro Fabrizio Barca) sulla qualità naturalistica e paesaggistica, facendo però in modo che queste vengano intrecciate e condivise coerentemente con analisi socio-economiche che possano offrire una visione d’insieme sistemica, una opportunità generativa e virtuosa predisposta a seguire una qualificata economia di Valle.

Le immagini pubblicate all’interno della galleria fotografica sono tratte dal progetto del Comitato Vivere a Colori “Bedea-Paü-Brughiera del 2009”

© Riproduzione riservata

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