Luino | 3 Settembre 2018

Dal Maggiore al Ceresio, “Parassiti nel pesce persico”. L’allarme dei pescatori Alto Verbano

Alcuni tesserati dell'associazione hanno scoperto, nella mattinata di ieri, la presenza del verme in un esemplare. "Avviliti anche per la situazione dell'incubatoio"

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Un’occhiata al pescato del giorno ed ecco la scoperta, comunicata da principio attraverso Facebook per sfruttare la capacità del social network di raccogliere l’attenzione degli utenti e generare condivisione.

I tesserati dell’associazione sportiva dilettantistica Alto Verbano sono passati dalle acque del lago al computer di casa, per avvisare i giovani appassionati e tutti i cittadini, in particolare gli amanti del pesce crudo, rispetto a quanto ritrovato durante lo sfilettamento di un persico nella mattinata di ieri.

Tra il Maggiore e il Ceresio sono comparsi alcuni esemplari di Anisakis, un verme le cui uova, ingerite dai pesci e senza i dovuti accorgimenti, possono condurre il parassita fino alla tavola di un ristorante.

Come si legge oggi sulle pagine de La Prealpina, l’informazione è stata subito inoltrata anche alle autorità competenti, da cui i pescatori hanno appreso di altre segnalazioni effettuate, utili quindi ad inquadrare la portata del fenomeno, sicuramente da non sottovalutare.

L’Anisakis è infatti un pericolo per la salute dell’uomo, e se ingerito può causare reazioni allergiche legate ai prodotti chimici liberati dalle larve, alla base di forti dolori addominali, nausea, febbre, vomito ma anche conseguenze più serie che nei casi estremi rendono inevitabile il ricorso ad un intervento chirurgico.

Nessuno vuole fare allarmismo – affermano i pescatori attraverso le pagine del quotidiano locale – ma è normale che questa informazione vada data”. Il consiglio è dunque quello di provvedere all’eliminazione dell’Anisakis, ben visibile ad occhio nudo in quanto lungo diversi centimetri e dal tipico colore biancastro, mediante la cottura del pesce (per oltre un minuto con temperature superiori ai sessanta gradi), oppure tramite congelamento, a partire da meno venti gradi, per ventiquattro ore. Risultano invece inadeguate allo scopo marinatura, salatura e affumicatura.

L’episodio, visto l’elevato numero di esemplari di persico presenti tra le acque del lago Maggiore, verrà ripreso e discusso nella serata di venerdì, durante l’incontro organizzato dal gruppo per decidere quale sarà il futuro dell’incubatoio di Maccagno, ormai prossimo alla chiusura per mancanza di fondi, mentre proprio a settembre in Regione si terrà un tavolo di confronto con tutte le parti chiamate in causa, come sottolineato dal consigliere Emanuele Monti, a margine di numerose polemiche, esattamente un mese fa.

“Abbiamo letto tante belle promesse sui giornali – affermano i rappresentanti dell’associazione ancora su Prealpina – e dopo un anno non si è visto nulla. Chi pensava che quel posto fosse un bell’hobby per i pescatori del lago Maggiore, si renderà presto conto di quanto importante era ed è per l’ambiente quel sito, per il lago e per i corsi d’acqua. Noi ci siamo mossi con tutti perché non ci interessano i colori politici ed abbiamo creduto, forse sbagliando, che il tema ambientale fosse in cima all’agenda della politica locale e regionale”.

In tanti la pensiamo come Rolando Saccucci – spiegano ancora il presidente Adamo Buttarelli e il vice Antonio Catenazzi -. Diamo pesci a tutte le realtà del lago Maggiore, dal Canton Ticino al Piemonte. Regione Lombardia dovrebbe tutelare l’immagine del nostro lavoro che ogni anno garantiva 300mila uova di trote solo al Ticino. Nel 2015 avevamo prodotto oltre un milione di uova, ma anche a causa del riscaldamento globale che ha alzato le temperature ne abbiamo prodotte meno. Con piccoli investimenti, però, potevamo refrigerare e non avere problemi. Invece così non è stato, non è arrivato alcun fondo e noi siamo arrivati al punto di raschiare il barile”.

“Prima avevamo risparmi – continuano Buttarelli e Catenazzi -, ma oggi non c’è più nulla. Siamo avviliti e demoralizzati. Con la mancanza di soldi abbiamo dovuto diminuire anche la disinfestazione settimanale e fare economia sulla profilassi. Inoltre, un nostro volontario, che quotidianamente era impegnato all’incubatoio e al quale riconoscevamo un rimborso spese, non può permettersi di venire a Maccagno. Ora non bastano più i soldi per la manutenzione ordinaria, ma servono anche quelli per quella straordinaria e per la gestione”.

“Sono migliaia i pescatori, tanti quelli arrabbiati – concludono i due -, che hanno visto in che modo si è ridotto l’incubatoio in questi anni. Quando arrivavano i soldi lo abbiamo sempre gestito in maniera dignitosa, oggi la situazione è a dir poco frustrante. Non è molto triste dover chiedere l’elemosina a Regione, quando dovrebbero capire che siamo una realtà da sostenere quotidianamente?”.

Nei prossimi giorni, probabilmente, l’associazione inviterà nuovamente i politici del territorio e quelli regionali per un confronto tra le parti, in attesa di capire quale sarà il futuro dell’incubatoio di Maccagno.

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