Caravate | 27 Marzo 2020

Ritrovare la dignità davanti agli ostacoli: l’esempio della Cooperativa Agrisol

Il valore delle relazioni e il coraggio di superare i pregiudizi nel racconto di un imprenditore che ha assunto alcuni ospiti della struttura nella sua azienda

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(A cura di Cesi Colli) La cooperativa Agrisol di Caravate, nei propri programmi di integrazione sociale e professionale dei richiedenti asilo, pone il lavoro in prima linea, come occasione di crescita personale e possibilità di raggiungere la piena autonomia.

Un giorno, ormai quasi nove mesi fa, si è avuto un incontro con un imprenditore, che gestisce nelle valli varesine una catena di supermarket. E’ stato un colloquio piacevole e positivo con una “persona” che aveva molto da raccontare della sua attività. Parlando con lui si avvertiva come fosse sempre in gioco, sempre all’opera, sempre vigile e attento alla sua azienda, che qualche volta gli sembrava perfino di stentare a riconoscerla tanto cambiava velocemente.

È tutto un continuo assestamento, una correzione di vecchi progetti e un proporre nuove idee: ripensare ai propri obiettivi, rivedere le strategie, mettere a punto i piani di lavoro…  Come ciò è ancora più vero in tempo di coronavirus!

“Ho risorse organizzative, umane, finanziarie adeguate per realizzare i miei progetti?”, mi dice di essersi chiesto un giorno. Aveva constatato che nella sua attività esistevano lavori manuali poco qualificati o attività disagevoli, che nessuno, soprattutto i giovani, voleva più fare: orari anche notturni, turni pure di domenica, giorni festivi e week-end. Questo perché, quando una società diventa più ricca, è normale che i giovani non accettino di fare certi lavori.  Colpa di una mentalità sbagliata, di mancanza di una cultura del lavoro o di famiglie troppo protettive? Può essere, ma allora, che fare?

La risposta è venuta per caso. Nella cooperativa Agrisol c’erano alcuni ospiti che avevano ormai il permesso di soggiorno, erano in possesso del certificato di comprensione della lingua italiana e non attendevano altro che una possibilità di lavoro per completare il loro inserimento nella nostra realtà.

E’ così nato qualcosa di nuovo. Si è cominciato a collaborare perché le esigenze dell’imprenditore combaciavano con quelle di questi ospiti di Agrisol, che avevano bisogno di lavorare per realizzare il loro progetto: ritrovare dignità, una casa e tentare di realizzare il sogno di ricongiungersi con la propria famiglia. Spesso, infatti, si dimentica che queste persone, anche se giovani, hanno in patria una moglie e dei figli.

Dapprima hanno prestato la loro opera come tirocinanti, poi, il loro impegno e la loro disponibilità hanno vinto ogni resistenza e ogni dubbio del datore di lavoro, che li ha assunti con un regolare contratto.

La difficoltà più grossa? La clientela, che purtroppo è sovente condizionata dagli stereotipi e vede l’extracomunitario come colui che ruba, si droga, commette violenza e porta via il lavoro agli italiani. Sfortunatamente la gente vede la parte peggiore dell’immigrazione, quella che vive di espedienti sulla strada. Certi pregiudizi, confessa anche l’imprenditore, li aveva anche lui, poi ha conosciuto Agrisol e i suoi ospiti ed ha cambiato completamente idea…

In un primo tempo si è accorto che avevano voglia di lavorare, che lo facevano con impegno, che prendevano a cuore l’azienda quasi fosse loro, che non lavoravano solo per portare a casa lo stipendio, ma che gli erano riconoscenti per l’opportunità che dava loro e, quindi, ci tenevano che l’azienda crescesse e andasse bene. Allora li ha guardati in modo diverso: si è accorto che erano persone! Gli è stato allora facile instaurare con loro un rapporto diretto, anche di una certa famigliarità.

Un episodio particolare? Racconta che un giovane di colore aveva rubato una bottiglia di liquore. I dipendenti ospiti di Agrisol lo hanno rincorso fino fuori del supermercato, lo hanno immobilizzato e, quando è arrivato lui, non riuscivano a capire perché non lo volesse denunciare. Gli dicevano che lo doveva fare perché altrimenti il ladro sarebbe ritornato e avrebbe ricommesso il furto… Non riuscivano a capire che esiste anche il perdono per la sottrazione di una semplice bottiglia… Il bene dell’azienda era la cosa più importante: il lavoro è il loro futuro!

Termina il racconto della sua esperienza, dicendo che l’avere incontrato questi uomini è stato per lui un punto di svolta rispetto al fare comune, che spesso mostra l’imprenditore solo come portatore di interessi propri e particolari, senza possibilità di condivisione di idee e di opportunità vere con altri.

Per fare tutto questo è necessario sottolineare “il valore delle relazioni”. Se si sta chiusi nel proprio ufficio o se si frequenta solo chi fa lo stesso lavoro e ha gli stessi pensieri sulle cose e sul mondo, difficilmente si potrà incontrare qualcuno o qualcosa che possa porre la domanda giusta, che possa cambiare il mondo del lavoro. Se si guarda più lontano, se si vede oltre il proprio piccolo orizzonte, allora viene la risposta per trovare soluzioni naturali, che nella comprensione e nella collaborazione, costruiscono nuove strade.

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