Varese | 15 Settembre 2023

Valcuvia, la “guerra” tra vicini finisce in tribunale

Marito e moglie accusati di atti persecutori. Insulti in cortile e sui social network. L'imputata difende il coniuge: «Volevano fargli perdere il lavoro»

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All’inizio erano i vicini fidati, le persone a cui lasciare le chiavi di casa quando a casa non c’era nessuno. Poi sono diventati “i pezzenti”, i “morti di fame”, in un clima ostile fatto di insulti e di litigi continui tra due coppie di coniugi, che ha tolto la tranquillità ai residenti di una casa a corte della Valcuvia. E che ha portato a processo, con l’accusa di atti persecutori, una 51enne e il marito di un anno più giovane.

Fino al 2017 tra le coppie c’era un’ottima intesa, tanto che le odierne persone offese avevano chiesto agli odierni imputati di prendersi cura dei loro cani per un lungo periodo, necessario ad avviare un bed and breakfast in Sardegna. Richiesta accettata, ma quando l’avventura imprenditoriale finisce e la coppia annuncia di voler partire per la Toscana, per riprovare a fare affari con una gelateria, i vicini non se la sentono di rinnovare la disponibilità a curare animali domestici e abitazione. Perlomeno non gratuitamente.

«Secondo me a quel punto si sono offesi», ha raccontato l’imputata, difesa dall’avvocato Simona Ronchi, in tribunale a Varese, davanti al giudice. A quel punto – è il 2018 – la coppia dei viaggi da nord a sud comincia a guardare i due vicini in modo diverso: «Ci hanno accusato di avergli rovinato un albero – ha aggiunto ancora l’imputata in udienza – ma in realtà avevamo potato i rami, d’accordo con loro».

Lo strappo definitivo arriva quando i cani delle due famiglie si azzannano in giardino, e l’episodio diventa il pretesto per ripetuti scambi di insulti, in cortile e dalle finestre. Lo “scontro” prosegue anche sui social, dove l’uomo ora a processo dà dei falliti ai vicini. «Loro volevano metterlo nei guai, fargli perdere il lavoro», lo ha difeso in aula la consorte.

Oggi i problemi sono stati superati dagli eventi: le persone offese – che hanno rinunciato alla costituzione di parte civile nel procedimento – hanno venduto la loro abitazione. Le due famiglie si sono riviste soltanto in tribunale.

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