Luino | 21 Gennaio 2021

ANPI Luino: “Schmitt non era un nobile costituzionalista, ma ideologo del nazismo”

L'associazione replica all'avvocato Furio Artoni, che aveva citato uno tra i pensatori sostenitori del regime nazista in un comunicato riguardante l'hotspot tamponi

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Negli scorsi giorni il consigliere di minoranza e capogruppo di “Azione Civica per Luino e frazioni”, Furio Artoni, era intervenuto nel dibattito pubblico sui problemi e sul caso riguardante l’hotspot tamponi rapidi, progetto che l’amministrazione comunale ha avviato per dare un servizio sanitario in più alla popolazione.

All’interno della comunicazione l’avvocato, in un passaggio, aveva citato Carl Schmitt, definendolo come un “nobile costituzionalista”, che “parlò della necessità di creare un nemico per far serrare i ranghi al gruppo di appartenenza… la teoria dell’hostis”. Artoni ha affermato di condividere questa teoria, aggiungendo: “Oggi il nemico è molto più subdolo e sconosciuto, anche dello stesso virus. In una situazione di emergenza, Azione civica intende serrare i ranghi per il bene della nostra Luino”.

Per questa ragione, il direttivo dell’ANPi di Luino ha criticato l’esternazione del consigliere comunale e ha inviato alla nostra redazione un comunicato stampa.

Ecco la comunicazione del direttivo ANPI di Luino, sottoscritto anche dalla presidente provinciale Ester De Tomasi. 

Nell’articolo «Luino e Covid, Progettiamo, non affondiamo, usiamo Palazzo Verbania come punto tamponi», pubblicato da Luinonotizie il 17 gennaio 2021, fa specie che l’avvocato Furio Artoni, attuale consigliere comunale ed ex candidato sindaco di una lista civica apparentemente non connotata da alcuna matrice ideologica, tra i tanti illustri costituzionalisti del passato e del presente, non abbia trovato di meglio che citarne uno di chiara estrazione nazista.

Vorremmo, infatti, ricordare che Carl Schmitt fu un ideologo del nazionalsocialismo hitleriano, come dimostrano le sue esternazioni dopo la promulgazione nel 1935 delle leggi di Norimberga con cui si proibivano i matrimoni tra ebrei e non ebrei. «Dopo le leggi del 15 settembre, – afferma Schmitt – il sangue tedesco e l’onore tedesco sono ritornati ad essere i concetti portanti del nostro diritto…Lo stato è ormai un mezzo al servizio della forza dell’unità völkisch. Il Reich tedesco ha un solo stendardo, la bandiera del movimento nazionalsocialista; e questa bandiera non è solamente composta di colori, ma anche di un grande e autentico simbolo: il segno del giuramento popolare della croce uncinata» (in C. Schmitt, «La costituzione della libertà» 1935).

Per il controverso filosofo tedesco il parlamentarismo è la cancrena dei moderni sistemi liberaldemocratici. In più occasioni peraltro espresse il proprio plauso per la democrazia plebiscitaria e cesaristica instaurata in Italia da Mussolini, un personaggio per cui Schmitt provò una precoce ammirazione. Non a caso proprio i discorsi del duce rientrano nel materiale letto da Schmitt durante la fase di elaborazione dello scritto sul parlamentarismo (1923).

Schmitt tenne discorsi in nome della «volontà del Führer» e pubblicò articoli dai toni ai limiti dell’apologia su riviste di partito. Non lo fermarono nemmeno le disposizioni antisemite: al contrario approfittò della posizione di acquisito potere per portare a termine alcune vendette private contro colleghi e rivali (come nel caso del giurista berlinese Erich Kaufmann), tradì amicizie protrattesi per anni, rifiutò di firmare la dichiarazione di solidarietà per Hans Kelsen, suo collega all’università di Colonia, improvvisamente sospeso dall’insegnamento.

All’inizio della seconda guerra mondiale inoltre elaborò una sorta di dottrina come giustificazione della politica espansionistica di Hitler. Riprese, infatti, da Hitler la nozione di spazio vitale, che consentiva di giustificare l’espansionismo militaristico della Germania. Tanto basta per non ritenere «Carl Schmitt, nobile costituzionalista»

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