“Sono passati ormai due mesi da quel lontano 21 ottobre, quando nostro fratello Santino è scomparso in circostanze a dir poco strane dall’apparentemente tranquillo paesino di Garabiolo, che si trova tra le montagne del comune di Maccagno con Pino e Veddasca. Sono state settimane dure trascorse a brancolare nel buio, con un nodo alla gola che non ti lascia mai e quel boccone amaro impossibile da digerire. Sgomento, tristezza, delusione, amarezza e tanta rabbia hanno accompagnato le nostre giornate passate a cercare Santino, tra sospetti, supposizioni e quant’altro si possa pensare quando non si dorme più la notte”.
Sono righe dense di dolore e strazio quelle che aprono la lettera inviata a Luinonotizie da Edgardo Dellea, il fratello di Santino, l’uomo di cinquantaquattro anni scomparso a fine ottobre dal piccolo borgo montano situato a pochi chilometri dal confine svizzero.
La vita di un’intera famiglia si è fermata a seguito degli eventi di quell’anonimo mercoledì autunnale, durante il quale “il Tino” stava impiegando il suo tempo come era solito fare, tra una partita a carte presso il circolo, distante poche decine di metri da casa, e qualche lavoretto raccattato qua e là, a seconda delle esigenze manifestate sul momento dai residenti del posto, incontrati per strada o ai tavoli del bar.
“Il Tino”. Un nomignolo che compare per la prima volta nella cronaca di una sparizione rimasta senza un perché. E’ Edgardo Dellea – autore della lettera – a utilizzarlo appositamente, quasi a voler stabilire un rapporto più intimo con chi ha appreso della strana vicenda soltanto tramite le pagine dei giornali locali. Lo scopo è si quello di mantenere viva l’attenzione, ora che le ricerche “ufficiali” sono state interrotte, ma partendo dal “Tino” e non più da Santino Dellea, la famiglia ritiene sia giunto il momento di scavare più a fondo nella quotidianità di un uomo semplice, abitudinario e che godeva dell’affetto e della simpatia di molti. Ma non di tutti.
Non è infatti un mistero per i frequentatori di bar, da Garabiolo a Cadero, che i riferimenti al “Tino” nelle discussioni di paese, attorno al bancone, fossero spesso accompagnate, anche nell’ultimo periodo, da parole pesanti, cariche di frustrazione, risentimento e collera per questioni di vicinato mai risolte, e anzi alimentate da problemi di convivenza nati tra quella manciata di abitazioni schiacciate l’una contro l’altra, ai lati della piazzetta in cui sorge la chiesa della frazione.
E’ lì che si esauriscono le informazioni su Santino Dellea, visto l’ultima volta intorno alle 15.50 di mercoledì 21 ottobre mentre svoltava l’angolo e si dirigeva verso casa con una bottiglia di vino in mano, il “compenso” della giornata per aver aiutato un amico a scaricare delle putrelle. Indossava il suo piumino blu e, come abbiamo ripetuto più volte, un vistoso marsupio verde dentro il quale costudiva il telefono, lo stesso che per tre giorni ha dato segnale ai tentativi di chiamata dei parenti, agganciando una cella che copre un’area molto vasta.
Ed è sempre lì che la famiglia teme possa essergli successo qualcosa di brutto, nonostante ad oggi quello di Santino rimanga un caso di scomparsa per il quale – è bene sottolinearlo – non esistono presunti colpevoli.
Ma quelle frasi, alla luce di quanto avvenuto, assumono ora un significato che per i parenti del cinquantaquattrenne travalica i confini dei battibecchi da bar, delle dispute tra chi promette la resa dei conti, magari dopo qualche bicchiere di troppo. E le stesse frasi riportano nuovamente a quel breve tragitto dalla piazza a casa.
“Cosa può essere successo?” scrive Edgardo mettendo in fila diversi punti di domanda davanti agli scenari che da più di un mese riempiono il suo tempo e quello degli altri suoi fratelli. Ha incontrato qualche persona? Ha bevuto quella bottiglia di vino con qualcuno? Ha raggiunto il parcheggio del paese, mezzo ubriaco, per salire su una macchina?
“Le ipotesi sono tantissime – ammette Edgardo Dellea in conclusione – ma eliminato il fatto che possa essere finito in un dirupo o a terra lungo qualche sentiero, dato che non era certo un amante di camminate ed escursioni, il cerchio si stringe. E di molto. Si può continuare a parlare di persona scomparsa, ma riteniamo sia il caso di affrontare concretamente l’idea che a Santino quella sera sia successo qualcosa di brutto“.
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