Luino | 26 Giugno 2020

Luino, l’esperienza di un’insegnante con la didattica a distanza ai tempi del Covid-19

Nella sua lettera la docente racconta quanto accaduto nei mesi scorsi, puntando anche lo sguardo sullo scarso sostegno a scuole e famiglie da parte dell'amministrazione

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Riceviamo e pubblichiamo una lettera inviataci da un’insegnante della scuola primaria sul tema della didattica a distanza.

Dal 23 febbraio tutti i servizi educativi dall’infanzia alle ​scuole di ogni ordine e grado sono stati sospesi. È stata per tutti un’esperienza nuova: per i ragazzi, i genitori, le insegnanti e anche per le istituzioni.

I ragazzi, inizialmente felici delle vacanze inaspettate, dopo pochi giorni hanno capito che andare a scuola era una preziosa esperienza di vita fatta di relazioni e emozioni.

I genitori che si sono trovati costretti a giostrare l’assegnazione dei compiti, il loro svolgimento e la restituzione attraverso piattaforme non sempre intuitive magari affrontando, contemporaneamente, il proprio lavoro in prima linea contro la pandemia o in smart working.

Gli insegnanti hanno dovuto re-inventarsi. Si sono sentiti dei veri youtuber, hanno creato presentazioni multimediali accattivanti, hanno fissato appuntamenti con gli studenti a ogni ora del giorno, trovando ogni sorta di gioco che potesse definirsi didattico per cercare di coinvolgere il più possibile chi era dall’altra parte dello schermo, hanno imparato ad utilizzare decine di programmi che potessero essere utili allo scopo ma con la consapevolezza che qualsiasi cosa potessero progettare non sarebbe comunque bastato per tutti.

E le istituzioni? Sicuramente un problema immenso da affrontare, ma cosa è stato fatto?

Dal tre aprile era chiaro che le scuole non avrebbero più aperto le porte agli studenti ma, fortunatamente, a questo punto, quasi tutte le scuole avevano ormai attivato piattaforme ad hoc​ come ​Classroom​ e ​Weschool​ per una didattica a prima vista più autentica e efficace. La didattica a distanza ha permesso sicuramente di mantenere vivo il contatto tra gli insegnanti e gli alunni e tutti si sono impegnati al fine di continuare l’attività nel migliore dei modi. In questo periodo le scuole hanno cercato di colmare (con le poche risorse a disposizione) i gap tra gli alunni appartenenti a famiglie con più strumenti tecnologici e quelli con dotazioni minori o inesistenti. Spesso le insegnanti, per agevolare le famiglie, hanno lavorato tramite cellulari privati ignorando completamente il problema della privacy ma consapevoli di quale fosse la priorità.

Su questo problema sarebbe stato necessario un coordinamento da parte dell’amministrazione comunale. Un monitoraggio che accompagnasse la scuola ad affrontare le difficoltà sapendo che, altri soggetti, oltre agli insegnanti, hanno a cuore i bambini e i ragazzi del territorio. Si è cercato di capire quali strumenti avevano a disposizione gli alunni per affrontare la Dad (connessioni, dispositivi…)? ​Si sono informate le famiglie sulle iniziative private di operatori telefonici e associazioni che potevano sostenere la Dad?

Il giorno 6 maggio il comune di Luino ha spedito una mail tramite piattaforma acme che diceva così: “Buongiorno, Vi informiamo che tramite Regione Lombardia è possibile ottenere un contributo di € 500,00 per l’acquisto di strumentazione tecnologica per la didattica scolastica. Il contributo è valido per ISEE fino a € 30.000 e le domande dovranno essere presentate entro il giorno 11 maggio 2020. Per maggiori informazioni è possibile visitare il sito www.bandi.servizirl.it. Cordiali Saluti, Comune di Luino”.

E il resto? Perché non si è creato uno sportello a supporto delle famiglie più in difficoltà nella gestione dei bambini, soprattutto più piccoli o in caso di famiglie numerose? L’amministrazione ha cercato di capire come hanno affrontato il problema delle rette scolastiche le scuole private sul territorio e come sono state sostenute? Dato che molte famiglie non capivano perché pagare una retta dal momento che dovevano tenere i bimbi a casa.

E per la ripresa a settembre, anche se non sono ancora presenti linee guida chiare si sta pensando a quali spazi il Comune potrebbe mettere a disposizione nel caso di riduzione del numero di studenti all’interno delle classi? Si è pensato di cercare quali enti privati (fattorie didattiche, ludoteche, palestre…) potrebbero accogliere studenti per una didattica attiva sul territorio alleggerendo il numero di studenti nei plessi scolastici? Tutte queste domande sono rivolte all’intera amministrazione comunale, ma in particolare all’assessore all’istruzione. Anche se gli uffici comunali erano chiusi molte delle cose indicate avrebbero potuto essere fatte lo stesso.

Anche le scuole erano chiuse ma tutti gli insegnanti e gli operatori scolastici hanno sentito il dovere di impegnarsi a qualunque costo. Si trattava di un interesse prioritario di bambini e ragazzi presenti sul territorio comunale: popolazione debole e preziosa che è stata platealmente dimenticata da chi aveva non solo il dovere d’ufficio di occuparsene, ma anche il dovere morale.

Erika Papa, insegnante

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