Varese | 14 Febbraio 2024

Delitto di Malnate, chiesto l’ergastolo per Domenichini

Due ore di requisitoria del pm davanti alla Corte d'assise del tribunale di Varese. Fabozzi uccisa per il «cronico bisogno di denaro» del 67enne. La difesa: «E' un truffatore, non un assassino»

Tempo medio di lettura: 4 minuti

La parola «ergastolo» viene pronunciata dopo due ore di requisitoria davanti ai giudici della Corte d’assise del tribunale di Varese. Il pubblico ministero Valeria Anna Zini ha chiesto la pena massima per Sergio Domenichini, il 67enne in carcere con l’accusa di aver ammazzato a scopo di rapina la pensionata di 73 anni Carmela Fabozzi, uccisa nella sua casa di via Sanvito a Malnate il 22 luglio 2022.

Le indagini svolte dal Nucleo investigativo dei carabinieri di Varese e poi dai Ris di Parma, incrociando testimonianze, dati informatici e analisi scientifiche, non lasciano dubbi sulle responsabilità dell’uomo, ha spiegato il pm, ripercorrendo tutti i punti di un’inchiesta partita dalla corte della casa di ringhiera dove Fabozzi viveva con il figlio, passata per Lignano Sabbiadoro e tornata a Varese per il punto di svolta: l’arresto dell’odierno imputato, che avrebbe ucciso per rubare anelli e catenine dalla casa della pensionata, andando poi in un Compro Oro della città a vendere i preziosi, così da ricavare i soldi per trascorrere alcune settimane di vacanza al mare (a Lignano, appunto) con la compagna.

Carmela Fabozzi, la mattina del 22 luglio, viene sorpresa mentre è in casa da sola, ad occuparsi del bucato. Apre la porta al suo assassino, che per la Procura di Varese è l’uomo che da circa un anno la accompagna saltuariamente a fare delle commissioni, nei luoghi che la donna – riservata, schiva e abitudinaria – non può più raggiungere autonomamente, a causa di problemi con la vista che le impediscono di guidare. Un uomo che tempo prima si è presentato a lei come volontario dell’associazione Anteas, che offre servizi di trasporto agli anziani. Ente che Domenichini avrebbe sfruttato per «reperire in modo semplice potenziali clienti, facendosi pagare per i trasporti in auto, ma anche per individuare potenziali vittime – ha affermato il pm – cioè persone fragili che si fidavano dell’associazione».

Nove i colpi inferti alla testa della povera pensionata usando un grosso vaso di vetro, ritrovato sporco di sangue su un mobile del corridoio dai primi soccorritori arrivati sul luogo del delitto. Nella cavità del vaso vengono isolate le impronte digitali di Domenichini, che lascia il proprio Dna sotto un’unghia della 73enne, ma anche impronte di scarpe insanguinate in vari punti dell’appartamento. Per i Ris le impronte corrispondono perfettamente alle caratteristiche delle scarpe sequestrate all’imputato, che il 22 luglio 2022 è sicuramente in via Sanvito, stando alla versione dell’accusa, in una fascia oraria compatibile con l’omicidio, cioè tra le 9.49 e le 10.46. Lo dice la cella agganciata dal suo telefono, che nella stessa fascia oraria non viene usato, nonostante le chiamate e i messaggi della compagna e di un amico, che si sta muovendo tra Varese e Malnate a bordo dell’auto presa a noleggio da Domenchini il giorno prima dell’omicidio (e che per questo è stato condannato per favoreggiamento personale, avvalendosi della facoltà di non rispondere nel processo per omicidio).

Un’auto che è dotata di Gps per ragioni assicurative, e che svela agli inquirenti tutti gli spostamenti compiuti da Domenichini il 22 luglio. Elementi che poi vengono incrociati con le immagini di telecamere e varchi, e che forniscono alla pubblica accusa altro materiale importante: il viaggio per gettare nell’Olona i due telefoni della vittima (poi fatti recuperare ai carabinieri dall’imputato stesso), quello per andare al Compro Oro in centro a Varese, quello per tornare in via Sanvito a mezzogiorno (con una maglia diversa da quella che si sarebbe sporcata di sangue al momento dell’omicidio) per far finta di cercare la Fabozzi e crearsi così un alibi, stando alla ricostruzione dell’accusa ; e infine il viaggio per recarsi a Buguggiate in un autolavaggio, per pulire il veicolo dentro e fuori.

Nell’affermare che non è possibile concedere le attenuanti generiche all’imputato (si tratta di quelle circostanze che possono condurre a degli sconti di pena), il pm ha fatto riferimento al casellario giudiziale di Sergio Domenichini: «Denota una personalità per nulla resipiscente. Sono quattro decenni che delinque in maniera ininterrotta, rappresentando un pericolo per la società. Ha strumentalizzato i servizi di una associazione benefica, e l’omicidio, commesso per il cronico bisogno di denaro, va considerato come l’apice di una escalation di violenze iniziata con altre rapine in cui le vittime, sempre soggetti fragili, sono state stordite e avvelenate».

Delinquente, sì, ma non assassino, ha affermato invece l’avvocato Francesca Cerri, difensore di Domenichini, precisando che il 22 luglio 2022 l’uomo si era trovato nel posto sbagliato e al momento sbagliato: aveva appuntamento con Fabozzi, e aprendo la sua porta di casa – dopo aver bussato senza ricevere risposta – l’aveva trovata in un lago di sangue. A quel punto – come raccontato da Domenichini stesso nelle sue dichiarazioni spontanee davanti ai giudici – aveva spostato il vaso, che era vicino al corpo della 73enne, aveva preso una mano della donna per cercare segni di vita e si era mosso per l’appartamento, forse in cerca di un ipotetico aggressore.

«Chi ha il sangue freddo per uccidere, lo ha anche per cancellare le prove a suo carico – ha aggiunto l’avvocato Cerri – Domenichini non lo ha fatto perché non è un assassino». In quel momento, davanti al corpo senza di vita di Carmela Fabozzi, avrebbe temuto per i suoi precedenti penali, decidendo così di lasciare la casa senza avvisare i soccorsi, e portando con sé i due cellulari della pensionata, che avrebbero messo in evidenza i contatti tra i due.

Il legale ha inoltre espresso perplessità sul fatto che il grosso vaso di vetro passato al setaccio dai Ris sia l’arma del delitto: «I Ris hanno parlato di una parte dell’arma con spigoli vivi che in realtà non sono presenti. L’oggetto si sarebbe rotto se usato con violenza e le impronte digitali di Domenichini rimandano alla sua mano sinistra, ma lui non è mancino».

Per l’avvocato dalla casa di Fabozzi non erano spariti gioielli, e quelli portati al Compro Oro dal 67enne appartenevano alla madre. Lo ha detto proprio Domenichini, sempre nelle sue dichiarazioni alla corte, che pronuncerà il verdetto il prossimo 28 febbraio. Per le parti civili, il figlio e la nipote della vittima, gli avvocati Andrea Boni e Rachele Bianchi hanno chiesto in tutto 420.000 euro di risarcimento.

© Riproduzione riservata

Vuoi lasciare un commento? | 0

Lascia un commento

"Luinonotizie.it è una testata giornalistica iscritta al Registro Stampa del tribunale di Varese al n. 5/2017 in data 29/6/2017"
P.IVA: 03433740127