Varese | 15 Novembre 2023

I Ris di Parma in tribunale a Varese per l’omicidio di Malnate

Gli esperti portano in aula gli elementi che proverebbero la presenza di Domenichini sulla scena del crimine. Impronte digitali e tracce ematiche: «Il vaso è l'arma del delitto»

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Impronte digitali e di calzature, macchie di sangue visibili ad occhio nudo e altre individuate grazie ai reagenti chimici. E poi una ricostruzione tridimensionale della scena del crimine, l’appartamento di via Sanvito a Malnate, all’interno di un complesso di corte, dove la pensionata 73enne Carmela Fabozzi è stata uccisa la mattina del 22 luglio 2022.

I Ris di Parma entrano in scena nel processo per l’omicidio della donna, e in tribunale a Varese passano in rassegna le slide del sopralluogo svolto in via Sanvito, circa venti giorni dopo il delitto, e delle successive indagini genetiche.

Indagini che in chiave accusatoria sono la prova della presenza dell’imputato Sergio Domenichini, 67 anni, nell’abitazione della vittima al momento dell’omicidio. Per i Ris, e dunque per la Procura di Varese, sono riconducibili a Domenichini le impronte di scarpe sporche di sangue repertate in via Sanvito e poi confrontate in laboratorio con gli esiti delle “simulazioni di camminamento” fatte dai Ris utilizzando le scarpe sequestrate all’imputato: delle “Ig&Co” blu, taglia 43.

La marca appare parzialmente in una impronta rilevata all’ingresso del bagno con un reagente (e quindi non visibile ad occhio nudo), e l’identificazione, ha spiegato in aula il tenente colonnello Antonio Pasquale Lazzaro, comandante della sezione impronte del Ris di Parma, ha raggiunto il livello più alto nella scala valoriale usata come riferimento a livello europeo, che include non solo le caratteristiche fisiche del modello di scarpa – da associare ad una specifica persona – ma anche elementi legati all’usura che devono escludere il rischio di confondere una calzatura con un’altra. Tra questi ultimi, nel caso specifico, i Ris si sono concentrati su due punti consumati della suola di una delle due scarpe, e sulla presenza di un sasso incastrato nella suola stessa. Elementi che hanno lasciato una traccia sulla scena del crimine e anche nelle successive simulazioni.

Determinante, per l’accusa, anche un altro punto legato all’indagine del Reparto investigazioni scientifiche dei carabinieri. Si tratta dei tamponi effettuati sul materiale presente sotto le unghie della vittima. E attraverso analisi riguardanti l’unghia dell’indice della mano destra di Carmela Fabozzi, i Ris hanno isolato un “assetto genotipico complesso”, riguardante cioè più soggetti. Secondo il maresciallo Luca Palmaccio si tratta della vittima e dell’imputato.

Gli esperti hanno poi lavorato molto sul cosiddetto “reperto 5”, il pesante vaso di vetro ritrovato sporco di sangue sul mobile nel corridoio della casa di Fabozzi, dove per i Ris – in base alla natura delle tracce ematiche presenti sul muro – sarebbe iniziata l’aggressione.

Per il tenente colonnello Lazzaro, il vaso è l’arma del delitto. Nella cavità interna dell’oggetto, all’altezza del collo, sono state trovate sette impronte digitali. Ne sono bastate due ai Ris per l’identificazione personale che rimanda a Sergio Domenichini. Un’identificazione, ha spiegato Lazzaro, basata su “diciannove punti caratteristici”: tre in più rispetto alla “soglia” considerata accettabile dalla giurisprudenza italiana.

Domenichini, che per la Procura avrebbe ucciso Fabozzi per impossessarsi dei suoi gioielli, venduti in un Compro Oro di Varese prima di partire per le vacanze al mare, si dichiara innocente. E già al ritorno in aula, fissato per fine mese, potrebbe sottoporsi alle domande delle parti.

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