Luino | 22 Luglio 2021

Luino, racconti della Resistenza a Palazzo Verbania

Domani sera, a partire dalle 21, l'ex Kursaal ospiterà la presentazione del volume "Lettere di un alpino della Monterosa", di Bernardo Pastori e Carlo Banfi

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Bernardo Pastori, classe 1935, ha raccolto e commentato le lettere del fratello Carlo, membro di una formazione partigiana durante il periodo della Resistenza, racchiudendo gli scritti in un volume realizzato in collaborazione con il professor Carlo Banfi, e intitolato “Lettere di un alpino della Monterosa“.

Il libro, edito da Marna, verrà presentato domani sera alle ore 21 presso Palazzo Verbania, grazie ad un evento patrocinato dal Comune e dalla sezione cittadina dell’Anpi.

Le missive vergate da Carlo Pastori si inseriscono in un intervallo temporale che va dall’8 marzo del 1944 al primo aprile 1945. Danno forma e sostanza ad una raccolta che è il frutto di una laboriosa ricerca effettuata dagli autori su documenti originali appartenenti alla famiglia Pastori.

Alla serata parteciperà inoltre la band “Homo Faber”, che per l’occasione eseguirà alcuni canti patriottici della Resistenza. Di seguito riportiamo uno scritto, a cura del professor Banfi, che funge da introduzione alle due “sezioni” che compongono il libro, una delle quali è dedicata a racconti e testimonianze della Resistenza luinese.

Le lettere, circa 60, postume, sono in gran parte di Carlo Pastori (1924 – 2004). Provengono da Münzingen (Foresta Nera) dove Carlo è stato inquadrato con gli alpini della Divisione Monterosa.

Amicizie, paesaggio, abitudini del paese lasciato, nostalgia… appaiono tra le righe, che disvelano una spontaneità toccante. Profondamente umani, quasi leopardiani gli inviti ai fratellini Lidia e Bernardo, per affrontare i loro giorni.

A fine luglio la provenienza delle lettere è da San Rocco di Recco – Genova – dove la Monterosa viene dislocata. Il paese è completamente distrutto dai bombardamenti alleati. La collina, stupenda e spettrale nel suo abbandono, è prodiga di frutti di ogni qualità. In una chiesa trova un presepe intatto, dei libri, dei quaderni… “tutte cose belle”… Tra le macerie scopre un mandolino, ma nel recuperarlo gli resta il manico tra le mani, triste presagio.

Quando vengono inviati all’interno è per reprimere il movimento partigiano. Finisce a Bobbio- Val Trebbia. In una lettera scrive che sono ormai isolati, “vestiti di tela coloniale e camicia e fa freddo di notte… si dorme all’aperto e poi non si può cambiare e lavare i panni e siamo qui unti e stracciati e pieni di pidocchi…” e la “caterina” (la mitraglia) canta mentre lui scrive.

Viene fatto prigioniero dalla Formazione partigiana di Giustizia e Libertà di Italo Londei, che lo inquadra con i suoi alpini dell’ “Aosta-Gino Cerri”, in gran parte ex-Monterosa, tra loro Angelo Del Boca, di cui in “Prefazione” compare un’intervista telefonica, forse una delle ultime prima della sua recente scomparsa di lunedì 6 luglio 2021.

“Sono stati mesi meravigliosi – mi ha risposto – che hanno dato significato a tutta la mia vita. (…) Negli incontri per le ricorrenze era bello rivedere i compagni con i quali si erano condivise esperienze cruciali, segnati dalle vicende accadute”. Uno di questi era Carlo Pastori.

La seconda parte del libro, “Appendice”, riporta la testimonianza del fratello Bernardo, classe 1935 e tuttora vivente, che oltre a commentare le lettere, racconta di quello che accadeva a Voldomino di Luino in quegli anni di guerra. La frontiera diventa un punto cruciale di passaggi e contatti. Purtroppo il parroco don Piero Folli, che aiutava nell’espatrio ebrei ed ex prigionieri alleati, viene arrestato e rinchiuso a San Vittore. Tradimenti e delazioni portano ritorsioni e fucilazioni, come capita ai 12 giovani partigiani della Gera di Voldomino.

Compaiono personaggi semplici, gli “ultimi”, che con l’attaccamento ai loro principi di solidarietà umana hanno riscattato quei momenti tragici che hanno segnato l’intero Paese Italia.

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