Luino | 25 Gennaio 2018

Liliana Segre senatrice a vita, testimone della shoah anche a Luino. “Riconoscimento meritato”

Nel 2004 la Segre è stata ospite al Teatro Sociale di Luino, parlando della sua terribile esperienza ad Auschwitz, davanti a centinaia di studenti liceali

Liliana Segre senatrice a vita, testimone della shoah anche a Luino.
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(Emilio Rossi) La notizia della nomina a senatore a vita di Liliana Segre mi riempie di grande gioia, anche perché Luino ebbe l’onore di ospitarla e gli studenti delle scuole superiori il privilegio di ascoltare dalla sua viva voce il racconto della sua drammatica vicenda. Il Liceo Scientifico “Vittorio Sereni” nel 2004 raccolse la sua testimonianza in una pubblicazione dal titolo “Sul filo della memoria”. Liliana Segre, in un territorio di frontiera come il nostro, ricordava con grande amarezza il suo respingimento e quello del padre al valico di Saltrio sopra Viggiù. Dopo aver affrontato mille pericoli, con le carte di identità false da esibire alla frontiera, Liliana, che aveva solo 13 anni, ed il padre si imbatterono in un’organizzazione di contrabbandieri senza scrupoli. Un’autentica associazione a delinquere che, per cifre da capogiro, in quel dicembre 1943, a propria insindacabile discrezione, favoriva o non favoriva l’espatrio di antifascisti, renitenti alla leva, gruppi di ebrei disperati in cerca di salvezza nella vicina Confederazione Elvetica. Dopo una marcia logorante sulla cresta della montagna, incalzati dai loro inaffidabili accompagnatori, finalmente all’alba approdarono in territorio svizzero.

Il gran rifiuto. Una gioia effimera che doveva essere definitivamente spenta dal verdetto inappellabile dell’ufficiale svizzero di Arzo che decretò il loro respingimento in Italia: la Svizzera era piccola e non c’era posto per tutti. Liliana lo supplicò in ginocchio, piangendo, ma l’uomo fu inflessibile. Invitata molti anni dopo a raccontare la sua storia alla televisione svizzera, sul monitor lesse in sovrimpressione che gli accolti erano stati 28.000 e i respinti 30.000. Il giorno successivo, a seguito della sua intervista, ricevette un plebiscito di fiori, di lettere, di telefonate, di telegrammi di solidarietà. Riaccompagnati alla frontiera, padre e figlia furono arrestati e poi tradotti nelle carceri di Varese. “A tredici anni – ricorda la Segre – entrai da sola nel carcere femminile di Varese; me lo ricordo sempre come un momento di grande solitudine della mia vita quando, per la sola colpa di essere nata, fui trattata come una delinquente comune: fotografia, impronte digitali, buttata in una cella da una donna senza pietà. Nella cella c’erano altre donne ebree, catturate sul confine, come me”. Trasferiti in seguito nel carcere di S. Vittore a Milano per 40 giorni, alla fine di gennaio, caricati su un treno insieme ad altre 600 persone, furono condotti ad Auschwitz.

Una drammatica selezione. Auschwitz apparve ai loro occhi come una spianata, coperta di neve sporca, popolata da prigionieri con la divisa a righe e presidiata da crudeli SS scortati da cani feroci. Qui Liliana perse il padre, immediatamente destinato alla camera a gas ed in seguito anche i nonni che subirono la stessa sorte. Di una crudezza agghiacciante la descrizione della selezione a cui fu sottoposta insieme ad altre sventurate: “Ci misero in fila: le donne da una parte, gli uomini dall’altra. Le SS avevano una grande organizzazione e la lista di quelli che erano arrivati. Sapevano già, per un disegno oscuro del destino, che in quel giorno volevano in vita trentun donne, non so perché trentuno, ottanta uomini, fra quelli giovani che potevano lavorare. Così furono scelti con un sì o con un no i più giovani che andarono per primi alla selezione ed io con loro. Poi giunti al numero trentuno, non guardavano più le altre, che potevano esser anche ragazze giovanissime. Raggiunta la quota stabilita, gli altri furono caricati sui camion. Noi li vedevamo andar via e dicevamo: “Che fortunati, in questo freddo e con la neve, scesi dal treno dopo tanti giorni, loro vanno in camion e invece noi a piedi”. Non sapevamo che venivano portati direttamente nelle camere a gas».

Ancora le nefaste teorie sulla razza. La rievocazione del calvario di Liliana Segre ci sembra quanto mai opportuna in concomitanza con il “Giorno della Memoria” e con la pericolosa deriva di chi evoca assurde teorie pseudoscientifiche che ci riportano indietro nel tempo quando anche l’Italia nel 1938 promulgò le nefaste leggi razziali, in seguito alle quali si procedette alla sistematica deportazione degli ebrei italiani nei campi di sterminio. Nei lager i bambini furono le prime vittime delle camere a gas, piccoli lavoratori coatti, cavie per gli esperimenti “scientifici”, oggetto di piacere per i “kapò”.

Nelle foto, in rappresentanza del comune di Luino, l’assessore Piermarcello Castelli con Liliana Segre, a Palazzo Marino a Milano, alla cerimonia per l’inserimento di Don Piero Folli nel Giardino dei Giusti, e la pubblicazione del Liceo Scientifico “Vittorio Sereni”.

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