C’è la “prova certa dell’esercizio di attività prostitutiva ad Arcore in occasione delle serate in cui partecipo Karima El Mahroug”. Invece, sul fatto che Silvio Berlusconi fosse consapevole della minore età della giovane egiziana è “circostanza non assistita da adeguato supporto probatorio”. È questo uno dei passaggi delle motivazioni che, nel luglio scorso, hanno portato all’assoluzione dell’ex premier accusato di concussione e prostituzione minorile per il cosiddetto processo Ruby. In primo grado il leader di Forza Italia, invece, era stato condannato a sette anni di carcere. Il presidente del collegio d’Appello che ha assolto Berlusconi nel cosiddetto processo Ruby, Enrico Tranfa, si è dimesso subito dopo aver firmato le motivazioni della sentenza.
Il meccanismo di retribuzione dato alle ragazze per le prestazioni sessuali nella sua villa di Arcore. Nelle motivazioni della sentenza, 332 pagine depositate ieri dai giudici della seconda corte d’appello di Milano, si ripercorre il “meccanismo retributivo” dato alle ragazze, la “ripetitività rituale delle serate” del bunga-bunga e la descrizione fornita dalle testimoni di “atti chiaramente intesi a soddisfare la libidine sessuale del padrone di casa e dei suoi ospiti di sesso maschile”. Quanto a Ruby, per i giudici c’è la prova che la ragazza abbia partecipato al cosiddetto “bunga bunga”, definito nelle motivazioni come “intrattenimenti e interazioni a sfondo sessuale” che si caratterizzavano “per la sfrontata disinibizione delle ragazze, per l’ostentazione di nudità, per gli ammiccamenti seduttivi e la disponibilità a ‘strusciamenti’, palpeggiamenti o simulazioni di atti sessuali”.
Le motivazioni che rendono le dichiarazioni di Ruby inattendibili. In particolare se le dichiarazioni di Ruby non sono valutate come attendibili viste “le contraddizioni, le falsità e le enfatizzazione rinvenibili nelle dichiarazioni”, “contro” la figura della giovane marocchina c’è più di qualche elemento: “l’effettivo esercizio, da parte della giovane, di attività di prostituzione per far fronte alle proprie esigenze di vita”; “l’enorme ammontare di denaro ricevuto in brevissimo arco di tempo”; “l’assiduità con cui, in sì breve lasso di tempi, la giovane frequentò Arcore, pernottando i in almeno due occasioni”; “la perfetta compatibilità tra il tipo di spettacoli e interazioni a sfondo sessuale che si svolgevano nel cosiddetto ‘bunga bunga’ di Arcore e i costumi disinibiti e le attitudini esibizionistiche di Karima El Mahroug”, ragazza “pienamente consapevole delle proprie doti fisiche e capace di sfruttarle con ben studiato ottimismo”. Nelle motivazioni si legge, inoltre, che il Cav non esercitò nessun tipo di intimidazioni o minacce con le telefonate a un funzionario di polizia con cui chiedeva informazioni sul fermo di Ruby.
La “ricostruzione” della telefonata di Berlusconi in Questura al capo di Gabinetto Pietro Osconi. Secondo la ricostruzione “più plausibile e coerente” è che il capo di Gabinetto della Questura di Milano Pietro Oscuni, a cui Berlusconi si rivolse per avere informazioni sulla giovane marocchina fermata per furto dalla polizia, “abbia inizialmente peccato di eccessivo ossequio e precipitazione, condizionato – se non addirittura preoccupato – dalle possibili conseguenze della ventilata parentela della giovane con Mubarak”. Un sentimento a cui “probabilmente si è aggiunto il timore referenziale per l’elevata carica istituzionale dell’interlocutore” che, per i giudici, “aveva un personale, concreto interesse a risolvere la questione con l’affidamento di Karima El Mahroug a Nicole Minetti (ex consigliere regionale imputato nel processo sul cosiddetto Ruby bis, ndr), considerato che la ragazza frequentava da alcuni mesi la sua residenza di Arcore, dove aveva assistito e partecipato ad atti sessuali a pagamento”.
Le dimissioni del presidente del collegio d’Appello, Tranfa, dopo la la lettura delle motivazioni che hanno portato all’assoluzione Berlusconi. Il presidente del collegio d’Appello che ha assolto Berlusconi nel cosiddetto processo Ruby, Enrico Tranfa, invece, si è dimesso subito dopo aver firmato le motivazioni della sentenza. Lo ha fatto, secondo quanto riporta il Corriere della Sera, in dissenso con la sentenza presa a maggioranza con il sì degli altri due giudici. E così, dopo 39 anni di servizio, a 15 mesi dalla pensione, il magistrato ha lasciato anzitempo la toga. Tranfa, 70 anni, in magistratura dal 1975, dal 2012 fino a ieri ha presieduto la seconda sezione penale in Corte d’Appello a Milano. (ADNKRONOS)
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