(a cura della 2ªLES del liceo scientifico “V. Sereni” di Laveno Mombello) Grazie ad un proposta di Green school, la nostra classe 2LES ha avuto l’opportunità di incontrare due volontari dell’associazione “Plastic Free”, un’organizzazione nata in Calabria nel 2019 con lo scopo di sensibilizzare la popolazione sull’inquinamento da plastica e promuovere azioni concrete per ridurre il suo impatto sull’ambiente. L’associazione opera in tutta Italia attraverso incontri nelle scuole, manifestazioni e iniziative di pulizia ambientale che coinvolgono oltre 260.000 volontari.
I volontari ci hanno illustrato la gravissima situazione dell’inquinamento da plastica, che costituisce più dell’80% dei rifiuti presenti nei mari. Attualmente si stima che negli oceani ci siano oltre 150 milioni di tonnellate di plastica, di cui solo l’1% arriva sulle spiagge, mentre il resto rimane disperso nell’acqua, depositandosi nei fondali o accumulandosi nelle cosiddette “isole di plastica”. La più grande, il Great Pacific Garbage Patch, situata tra la California e le Hawaii, ha un’estensione superiore a quella della Francia. Recentemente, un agglomerato simile sta emergendo nel Mediterraneo, tra la Corsica e l’Isola d’Elba.
Uno degli aspetti più preoccupanti dell’inquinamento da plastica riguarda il suo impatto sulla fauna marina. La tartaruga Caretta caretta, simbolo dell’associazione, spesso ingerisce sacchetti di plastica scambiandoli per meduse, compromettendo la sua sopravvivenza. Ma non sono solo gli animali a subire le conseguenze: le microplastiche, frammenti inferiori ai 5 mm, entrano nella catena alimentare attraverso il pesce, le coltivazioni e perfino l’acqua potabile. Studi recenti dimostrano che ogni settimana ingeriamo una quantità di microplastiche pari a un badge del bancomat. Gli effetti sulla salute umana sono ancora oggetto di studio, ma esistono già correlazioni con disturbi della fertilità, problemi al sistema neurologico, malattie intestinali e un aumento del rischio di tumori.
La plastica, sebbene sia un materiale versatile, economico e durevole, di cui ormai non possiamo più fare a meno, è stata abusata per la produzione di oggetti monouso, aggravando l’inquinamento globale; rilascia infatti piombo, arsenico e mercurio, sostanze di cui è composta. Non possiamo neanche pensare di risolvere il problema con la raccolta differenziata: solo il 24% della plastica prodotta viene riciclata, il resto viene bruciata o dispersa nell’ambiente.
Per porre rimedio a questa situazione l’Unione Europea promuove il modello dell’economia circolare, basato sul riutilizzo, il riciclo e la riparazione dei prodotti per ridurre gli sprechi, perché il miglior modo per non inquinare è non produrre rifiuti. Tuttavia, molte aziende ostacolano questi processi, rendendo difficile la sostenibilità del consumo di plastica.
Durante l’incontro, i volontari ci hanno spiegato come possiamo contribuire attivamente alla riduzione dell’inquinamento plastico: evitare il monouso, preferire borracce riutilizzabili, ridurre l’uso di imballaggi in plastica e scegliere prodotti con materiali sostenibili. Con piccoli gesti quotidiani, possiamo fare la differenza per proteggere l’ambiente e la nostra salute.
Questa esperienza ci ha resi più consapevoli dell’importanza delle nostre scelte e dell’urgenza di cambiare le nostre abitudini per un futuro più sostenibile.
Cosa ci ha lasciato questo incontro?
«L’incontro con i volontari di Plastic Free è stato molto interessante e coinvolgente. Le informazioni fornite sono state chiare, precise e sorprendenti: non immaginavamo che solo una piccola percentuale della plastica prodotta venga realmente riciclata. Questo ci ha fatto riflettere sull’importanza di adottare uno stile di vita più sostenibile, sia per l’ambiente che per la nostra salute.
Abbiamo compreso che anche noi possiamo contribuire concretamente al futuro, riducendo l’uso della plastica, evitando i rifiuti dispersi nell’ambiente, facendo scelte più consapevoli sui prodotti e sul loro packaging. L’incontro ci ha anche offerto una panoramica chiara sulla situazione ambientale attuale, permettendoci di metterci in discussione e di comprendere che il cambiamento dipende dalle nostre scelte quotidiane. Anche se di inquinamento e plastica si parla spesso, questa presentazione si è distinta dalle altre perché, oltre a elencare i danni della plastica, ha approfondito le cause di questo problema e le sue conseguenze.
Abbiamo scoperto che persino nelle profondità della Fossa delle Marianne sono state ritrovate tracce di plastica, un dato allarmante che dimostra quanto l’egoismo umano stia mettendo a rischio milioni di specie.
Per far sì che più persone si rendano conto di questo problema e agiscano di conseguenza, sarebbe utile diffondere contenuti di sensibilizzazione sui social media, come fa ad esempio Giovanni Storti (di Aldo, Giovanni e Giacomo), utilizzando il suo seguito per educare e informare.
Infine, questo progetto ci ha aiutato a comprendere meglio il concetto di economia circolare: i prodotti non devono essere semplicemente buttati via dopo il loro utilizzo, ma possono essere riutilizzati e riparati, riducendo così l’impatto ambientale. Sappiamo che è fondamentale intraprendere uno stile di vita più sostenibile, scegliendo materiali durevoli, evitando capi in poliestere, preferendo imballaggi riciclabili e riducendo al minimo i rifiuti.
Se siamo stati noi a creare il problema, siamo anche coloro che possono e devono risolverlo. Ognuno di noi, con piccole azioni quotidiane, può fare la differenza».
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