Luino | 3 Gennaio 2021

Luino, il messaggio di buon anno di don Sergio: “La cultura della cura come percorso di pace”

Nel primo pensiero del 2021 il prevosto concentra sui temi del messaggio di Papa Francesco per la Giornata della Pace: dignità umana, bene comune e creato

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(don Sergio Zambenetti) Volentieri mi sento di augurare a tutti “Buon Anno 2021”, dopo avere lasciato alle spalle un anno segnato dalla grande crisi sanitaria del Covid-19, che ha aggravato crisi molto legate tra loro, come quelle climatica, alimentare, economica e migratoria, provocando pesanti sofferenze e disagi. La seconda fase di questa pandemia ha colpito in modo particolare anche la nostra città con sofferenze e lutti in molte famiglie, che non sono ancora terminati.

È stato un anno che ci ha fatto riflettere molto sul tema dell’attenzione agli altri, poiché tutta l’umanità è stata coinvolta dalla pandemia, che non ha risparmiato nessun angolo della terra, riconoscendoci tutti “sulla stessa barca”, come ci ha ricordato Papa Francesco.

Ora iniziamo un nuovo anno con il primo gennaio, in cui celebriamo la Giornata Mondiale della Pace, con il tradizionale messaggio di Papa Francesco intitolato “La cultura della cura come percorso di pace”, nel quale ci ricorda che “la pandemia e gli altri eventi che hanno segnato il cammino dell’umanità nel 2020 ci insegnano l’importanza di prenderci cura gli uni degli altri e del creato, per costruire una società fondata su rapporti di fratellanza. Perciò ho scelto come tema di questo messaggio: ‘La cultura della cura come percorso di pace’”.

Il Papa fonda poi le basi della “cultura della cura” e della vocazione umana a curarsi di se stesso, dell’altro e del creato,
in Dio Creatore, primo modello da seguire, insieme al figlio Gesù e ai suoi seguaci, e infine alla dottrina sociale della Chiesa. Già nel progetto di Dio per l’umanità, scrive Francesco, la cura e il custodire sono fondamentali. Il Libro della Genesi, nel racconto della creazione, descrive Dio che affida il giardino dell’Eden ad Adamo, con l’incarico di “coltivarlo e custodirlo”, quindi “rendere la terra produttiva” ma anche “proteggerla e farle conservare la sua capacità di sostenere la vita”.

Già dall’inizio della Chiesa i primi cristiani “praticavano la condivisione perché nessuno tra loro fosse bisognoso e si sforzavano di rendere la comunità una casa accogliente”, disposta “a farsi carico dei più fragili” e una volta libera dalla
persecuzione, la Chiesa attuò la “charitas christiana”, istituendo o suscitando la nascita di “ospedali, ricoveri per i poveri, orfanotrofi e brefotrofi, ospizi” per l’umanità sofferente. Questi esempi di  “carità operosa di tanti testimoni luminosi della fede”, scrive ancora il Papa, si sono riversati nei principi della dottrina sociale della Chiesa, che offrono a tutte le persone di buona volontà la “grammatica” della cura: “la promozione della dignità di ogni persona umana, la solidarietà con i poveri e gli indifesi, la sollecitudine per il bene comune, la salvaguardia del creato”.

La pandemia di Covid-19 ci ha mostrato che ci troviamo “sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme”, come Papa Francesco ha detto nella preghiera del 27 marzo, in una piazza San Pietro deserta, perché “nessuno si salva da solo” e nessuno Stato nazionale isolato “può assicurare il bene comune della propria popolazione”.

Con il suo solito coraggio, Papa Francesco, dopo avere ricordato che la dignità umana appartiene a tutti gli uomini e donne
del mondo, rileva che la pandemia e i cambiamenti climatici mettono in luce la grande “dispersione di risorse” per le
armi, “in particolare per quelle nucleari”, che potrebbero essere utilizzate per “la promozione della pace e dello sviluppo umano integrale, la lotta alla povertà, la garanzia dei bisogni sanitari”. E Francesco rilancia la proposta fatta nell’ultima Giornata mondiale dell’alimentazione: “Costituire con i soldi che s’impiegano nelle armi e in altre spese militari un ‘Fondo mondiale’ per poter eliminare definitivamente la fame e contribuire allo sviluppo dei Paesi più poveri”.

Il Papa conclude il suo messaggio sottolineando che non può esserci pace “senza la cultura della cura”, un impegno comune a “proteggere e promuovere la dignità e il bene di tutti”, ad interessarsi, “alla compassione, alla riconciliazione e alla guarigione, al rispetto mutuo e all’accoglienza reciproca”. Il messaggio di Papa Francesco è molto stimolante, vi invito a leggerlo e a meditarlo perché ci può aiutare, come comunità cristiana ad essere sempre maggiormente attenti e accoglienti gli uni per gli altri.

Per consultare il primo numero del 2021 del bollettino comunitario Oltre l’apparenza, cliccare qui.

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