“Non si è arricchita ma si è rovinata“. Ancora ieri, nel giorno della sentenza davanti al gup Anna Giorgetti, la difesa di Cesarina Viapiana – la 63enne di Luino accusata di aver sottratto più di 240mila euro dalle casse comunali come dipendente di palazzo Serbelloni – ha posto in evidenza i complessi risvolti psicologici e patologici che hanno segnato l’intera vicenda, denunciata proprio dal comune lacustre nell’autunno del 2018, quando al licenziamento della dipendente della cassa unica municipale, la notizia aveva creato profonda indignazione tra i luinesi, unita ai tanti interrogativi su come una tale truffa si sia potuta consumare senza suscitare dubbi o sospetti.
La forte dipendenza dal gioco dell’imputata, riconducibile ad una grave forma di ludopatia, è all’origine degli ammanchi – stando alla linea della difesa rappresentata dall’avvocato Paolo Valenzano – e di quanto avvenuto per ben sei anni, dal 2012 al 2018, periodo durante il quale la donna ha registrato i pagamenti delle tasse dei cittadini via bancomat e carte di credito, quando in realtà gli stessi venivano effettuati in contanti, che la 63enne puntualmente faceva propri. E in larga parte spendeva poi alle slot machine tra sale gioco, bar e tabaccherie.
Questa teoria, documentata tramite una perizia psichiatrica che era già stata annunciata lo scorso gennaio, durante l’udienza preliminare del processo per peculato, falso ideologico e riciclaggio, è valsa il proscioglimento dall’accusa di autoriciclaggio, come si apprende oggi dalle pagine de La Prealpina, ma non è comunque bastata a scagionare completamente la donna, le cui responsabilità nella vicenda sono state accertate da una condanna a tre anni e otto mesi: esito di un processo celebrato per mezzo del rito abbreviato.
Assolti dall’accusa di riciclaggio anche due parenti della sessantatreenne, sospettati nel corso delle indagini di aver ricevuto sui propri conti parte del denaro proveniente dalle casse comunali. E poi ancora impiegati per acquisti in ambito privato. “La donna ha già manifestato la disponibilità a risarcire il Comune – si apprende ancora dal quotidiano locale – offrendo la propria abitazione, il trattamento di fine rapporto e quote dell’assegno di pensione”.
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