Milano | 7 Aprile 2020

Coronavirus, medici lombardi: “Disastro difficile da recuperare, è ora di cambiare strategia”

La Federazione Regionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri scrive una dura lettera a Fontana e Gallera, con analisi degli errori e suggerimenti

Tempo medio di lettura: 4 minuti

L’emergenza in Lombardia non si ferma: “La situazione disastrosa” che si è creata “al momento risulta difficile da recuperare”. Sono le parole dei medici della Federazione Regionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Lombardia, che dopo una riunione hanno deciso di scrivere una lettera aperta al presidente di Regione Attilio Fontana e all’assessore al Welfare Giulio Gallera.

Una lettera dura, che elenca i principali errori compiuti dalle autorità regionali nella gestione dell’epidemia, e in cui viene sottolineato che la presa d’atto degli stessi può essere utile ad aggiustare l’impostazione della strategia con cui affrontare le prossime fasi dell’emergenza.

Le criticità indicate dai medici lombardi sono in particolare 7: dalla “mancanza di dati sull’esatta diffusione dell’epidemia, legata all’esecuzione di tamponi solo ai pazienti ricoverati e alla diagnosi di morte attribuita solo ai deceduti in ospedale”, all’“incertezza nella chiusura di alcune aree a rischio”; dalla “gestione confusa della realtà delle Rsa e dei centri diurni per anziani” alla “mancata fornitura di protezioni individuali ai medici del territorio e al restante personale sanitario, che ha determinato la morte di numerosi colleghi, la malattia di numerosissimi di essi e la probabile e involontaria diffusione del contagio”.

Evidenziate anche la “totale assenza delle attività di igiene pubblica”, la “mancata esecuzione dei tamponi agli operatori sanitari del territorio” e “il mancato governo del territorio che ha determinato la saturazione dei posti letto ospedalieri”.

La Federazione prosegue poi con dei suggerimenti per le autorità, riguardo alle situazioni in cui è suggerito effettuare test immunologici e diagnostici, sia sul personale sanitario sia sulla popolazione che dovrà riprendere a lavorare, per poterlo fare in sicurezza.

Di seguito la lettera completa:

“Ill.mo Avv. Gallera,

la Federazione Regionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Lombardia, riunita in data 05/04/2020, ha preso in esame la situazione relativa all’epidemia da COVID19 in corso. Non è questo il momento dell’analisi delle responsabilità, ma la presa d’atto degli errori occorsi nella prima fase dell’epidemia può risultare utile alle autorità competenti per un aggiustamento dell’impostazione strategica, essenziale per affrontare le prossime e impegnative fasi.

Ricordiamo in generale come, a fronte di un ottimo intervento sul potenziamento delle terapie intensive e semi intensive, per altro in larga misura reso possibile dall’Impegno e dal sacrificio dei medici e degli altri professionisti sanitari, sia risultata evidente l’assenza di strategie relative alla gestione del territorio.

Ricordiamo, a titolo di esempio non esaustivo:

1) La mancanza di dati sull’esatta diffusione dell’epidemia, legata all’ esecuzione di tamponi solo al pazienti ricoverati e alla diagnosi di morte attribuita solo ai deceduti in ospedale. I dati sono sempre stati presentati come “numero degli infetti- e come -numero dei deceduti, la mortalità calcolata è quella relativa al pazienti ricoverati, mentre II mondo si chiede le ragioni dell’alta mortalità registrata in Italia, senza rendersi conto che si tratta solo dell’errata impostazione della raccolta dati, che sottostima enormemente il numero dei malati e discretamente II numero del deceduti.

2) L’incertezza nella chiusura di alcune aree a rischio.

3) La gestione confusa della realtà delle RSA e dei centri diurni per anziani, che ha prodotto diffusione del contagio e un triste bilancio in termini di vite umane (nella sola provincia di Bergamo 600 morti su 6000 ospiti in un mese).

4) La mancata fornitura di protezioni individuali al medici del territorio (MMG, PLS, CA e medici delle RSA) e al restante personale sanitario. Questo ha determinato la morte di numerosi colleghi, la malattia di numerosissimi di essi e la probabile e involontaria diffusione del contagio, specie nelle prime fasi dell’epidemia.

5) La pressoché totale assenza delle attività di igiene pubblica (isolamenti dei contatti, tamponi sul territorio a malati e contatti, ecc…)

6) La mancata esecuzione del tamponi agli operatori sanitari del territorio e in alcune realtà delle strutture ospedaliere pubbliche e private, con ulteriore rischio di diffusione del contagio.

7) Il mancato governo del territorio ha determinato la saturazione dei posti letto ospedalieri con la necessità di trattenere sul territorio pazienti che, in altre circostanze, avrebbero dovuto essere messi in sicurezza mediante ricovero.

La situazione disastrosa in cui si è venuta a trovare la nostra Regione. anche rispetto a realtà regionali vicine, può essere in larga parte attribuita all’interpretazione della situazione solo nel senso di un’emergenza intensivologica, quando in realtà si trattava di un’emergenza di sanità pubblica. La sanità pubblica e la medicina territoriale sono state da molti anni trascurate e depotenziate nella nostra Regione.

La situazione al momento risulta difficile da recuperare, ma si vogliono riportare di seguito alcune indicazioni, che, a detta della scrivente Federazione, potrebbero, se attuate, contribuire alla limitazione dei danni, specie nel momento di una ripresa graduale delle attività, prevedibile nel medio lungo termine.

Per quanto riguarda gli operatori sanitari la proposta è di sottoporre tutti a test rapido immunologico, una volta ufficialmente validato, e, in caso di riscontro di presenza anticorpale (IgG e/o IgM), sottoporre il soggetto a tampone diagnostico. In caso di positività in assenza di sintomi potrebbe essere da valutare la possibilità, in casi estremi con l’attribuzione di specifiche responsabilità e procedure, di un’attività solo in ambiente COVID, sempre con protezioni individuali adeguate. Il test immunologico andrebbe ripetuto con periodicità da definire negli operatori sanitari risultati negativi.

Per quanto riguarda le attività non sanitarie sembra raccomandabile un’estesa effettuazione di test rapidi immunologici per discriminare i soggetti che non hanno avuto contatto con II virus, soggetti che si possono riavviare al lavoro. Per i soggetti nei quali si rileva la presenza di immunoglobuline (IgG o IgM) sembra indicata l’esecuzione dei tampone diagnostico. In tal senso si raccomanda di potenziare al massimo tale attività diagnostica e di procedere prima ad indagare i soggetti che risultano urgente ammettere al lavoro, in quanto addetti ad attività ritenute di prioritario interesse, in funzione della disponibilità di tamponi.

La ripresa del lavoro dovrebbe essere subordinata all’effettuazione del test immunologico rapido di screening, non risultando in letteratura alcun termine temporale valido per la quarantena post malattia, anche se decorsa in forma paucisintomatica.

È evidente come tale procedura comporti un rilevante impiego di risorse, soprattutto umane, ed è altresì evidente come la stessa, al momento, sia l’unica atta a consentire la ripresa dell’attività lavorativa in relativa sicurezza.”

© Riproduzione riservata

Vuoi lasciare un commento? | 0

Lascia un commento

"Luinonotizie.it è una testata giornalistica iscritta al Registro Stampa del tribunale di Varese al n. 5/2017 in data 29/6/2017"
P.IVA: 03433740127