Italia | 6 Aprile 2020

Quarantena e Coronavirus: chi pubblica foto dei presunti trasgressori rischia il penale

Chi pubblica sui social le foto dei presunti trasgressori, con dati personali, rischia di dover rispondere del reato di diffamazione aggravata. Ecco cosa dice la legge

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Prosegue la quarantena imposta dai decreti del Governo al fine di cercare di contenere l’epidemia di Coronavirus, e continuano anche i casi di segnalazioni da parte della popolazione preoccupata dal comportamento di altri concittadini. C’è chi segnala attraverso una chiamata alle autorità, ma purtroppo anche chi decide di pubblicare sui social immagini di persone che si trovano fuori dalla propria casa.

Aumentano infatti sui social media gruppi pubblici e privati, ma anche i singoli profili che condividono fotografie di persone intente a fare jogging o semplicemente per strada, che secondo chi ha scattato la foto starebbero violando le regole. Tra queste ci sono anche fotografie con numeri civici di abitazioni e targhe di automobili ben visibili, informazioni private che vengono quindi rese pubbliche attraverso la pubblicazione online.

Si tratta quindi di dati personali che per la legge italiana però, non possono essere diffusi da privati, neanche se lo scopo è quello di denunciare presunti comportamenti illeciti. Chi lo fa quindi rischia di dover rispondere del reato di diffamazione aggravata se la fotografia viene accompagnata da testi che danno esplicitamente, ai soggetti nelle immagini, dei trasgressori delle disposizioni anti contagio (e di un possibile risarcimento in sede civile).

Nessuno può sapere con certezza perché una persona, semplicemente vista dalla propria finestra o dal balcone, esca di casa e, in ogni caso, eventuali azioni illecite devono vanno segnalate a polizia o carabinieri, che potranno fare le verifiche del caso e far rispettare le misure prescritte.

I dati personali, come appunto numeri civici o targhe, non possono essere divulgati senza il consenso della persona interessata, neppure in questo momento di emergenza del Paese: la legge resta valida e il reato di diffamazione rimane tale qualunque sia il mezzo con cui si condividono i contenuti (che sia in gruppi WhatsApp, su Facebook, via mail ecc.).

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