31 Dicembre 2016

Trent’anni dall’addio a Piero Chiara, oggi Luino omaggia lo scrittore

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“Ho assistito alla vita qualche volta da seduto, qualche volta in piedi, partecipando al banchetto o rimanendo a bocca asciutta, ma sempre con grande piacere”.

Oggi Luino, il suo paese natio, lo omaggio grazie a questa iniziativa.

(Foto © Enrico Lamberti)

(Foto © Enrico Lamberti)

(biografieonline.it) Piero Chiara (all’anagrafe Pierino Chiara) nasce a Luino (Varese) sulle rive del Lago Maggiore, il giorno 23 marzo 1913. A Luino il padre Eugenio Chiara, originario di Resuttano (in provincia di Caltanissetta) lavorava come doganiere; la madre Virginia Maffei, proveniva da Comnago, paese sulla sponda piemontese del Lago Maggiore. Coetaneo ed amico di Vittorio Sereni, anch’egli futuro scrittore e poeta, Piero Chiara studia senza troppa diligenza o costanza: frequenta diversi collegi religiosi e solo nel 1929 ottiene un diploma di licenza complementare. Di fatto Piero Chiara completerà la propria formazione culturale come autodidatta.

Dopo aver trascorso un periodo di viaggi tra Italia e Francia, nel 1932, anche per accontentare le aspirazioni dei genitori, trova un impiego in magistratura come aiutante di cancelleria. Nel 1936 sposa Jula Scherb, donna svizzera-tedesca da cui ha anche un figlio, Marco. Il matrimonio però finisce dopo poco tempo. Dopo la breve chiamata alle armi, nonostante il suo disinteressamento alla politica, nel 1944 è costretto a fuggire in Svizzera in seguito ad un ordine di cattura emesso dal Tribunale Speciale Fascista. Qui Piero Chiara vive in alcuni campi dove venivano internati i rifugiati italiani. Terminato il conflitto mondiale, lavora come insegnante di lettere presso il liceo italiano dello Zugerberg. L’anno seguente torna in Italia.

Piero Chiara inizia un periodo di fervida inventiva e creatività letteraria, dove scrive intensi racconti, degni del miglior Giovannino Guareschi o del più celebrato e stravagante Italo Calvino. Nella sua produzione il lago maggiore fa spesso da palcoscenico ai suoi brevi ed illuminanti racconti. Chiara narra le cose semplici della vita di provincia con uno stile sempre ricco, arguto e ironico. Spesso paragonato al collega Giovannino Guareschi, narratore della bassa padana, Chiara dipinge i tratti della vita dell’alta Lombardia e dei cantoni svizzeri: una vita di frontiera, fatta di contrabbandieri, briganti e fuggiaschi.

Nei suoi libri è importante la descrizione dei luoghi ma soprattutto l’indagine psicologica dei personaggi, la capacità di metterne in evidenza vizi e virtù con un sorriso ironico, spregiudicato ma mai irrispettoso. Il segreto di Chiara è nella sua capacità di raccontare, nella scelta di argomenti anche “scabrosi” (il gioco d’azzardo, l’omicidio, l’adulterio, l’ossessione erotica). Nel 1970 collabora alla sceneggiatura e recita in “Venga a prendere il caffè da noi”, un film diretto da Alberto Lattuada e interpretato da Ugo Tognazzi, tratto dal suo stesso romanzo “La spartizione” (1964).

Il successo narrativo conosce il suo apice nel 1976 con il capolavoro “La stanza del vescovo”, che diventerà immediatamente un film di grande successo diretto da Dino Risi e interpretato anch’esso da Ugo Tognazzi, insieme a Ornella Muti.

Dopo aver ricoperto numerosi incarichi politici nel Partito Liberale Italiano, Piero Chiara muore a Varese il 31 dicembre 1986, poco dopo aver corretto le bozze del suo ultimo romanzo, “Saluti notturni dal Passo della Cisa”, che viene pubblicato nel 1987. Dal 1989 il comune di Varese ha istituito e dedicato a lui il Premio letterario Piero Chiara.

Oltre che uno scrittore di grande successo, Chiara è ricordato come uno dei più noti studiosi della vita e delle opere dello scrittore e avventuriero Giacomo Casanova. Numerosi sono i suoi scritti su Casanova, raccolti poi nel libro “Il vero Casanova” (1977); sua è la prima edizione integrale di “Histoire de ma vie”, l’opera autobiografica del Casanova basata sul manoscritto originale; infine sua è la sceneggiatura dell’edizione televisiva dell’opera di Arthur Schnitzler “Il ritorno di Casanova” (1980).

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