La storia dei Partigiani Caduti della Gera di Voldomino. All’alba del 7 ottobre 1944 alcuni partigiani della Formazione Lazzarini vennero sorpresi nel sonno da fascisti della GNR di Varese. Seguono violenze, sevizie ed arresti. Quattro giovani vengono subito, senza processo, fucilati sul posto. Si tratta di Giacomo Albertoli, studente diciottenne, Alfredo Carignani, impiegato di 23 anni, Pietro Stalinvieri, operaio di 26 anni e Carlo Tappella di 29, carrettiere. Gli altri vengono fatti salire sui camion scoperti dai fascisti fatti e vengono trasportati per le vie di Luino come trofei. Durante la mattinata i partigiani prigionieri sono portati a Brissago, dove cinque di loro, il ventiquattrenne Giampietro Albertoli, Dante Girani di 20 anni, Flavio Fornara di 23 anni, Luigi Perazzoli di 23 anni e Sergio Lozzo di 18 anni sono fucilati, dopo essere stati confessati da don Paolo Balconi. Il triste corteo di macchine e camion fascisti si trasferisce poi a Varese, dove presso l’ippodromo delle Bettole, verso mezzogiorno, vengono fucilati Elvio Copelli di 20 anni, Luigi Ghiringhelli di 20 ed Evaristo Trentini di 23. Gli altri arrestati son condotti nelle carceri di Varese. Tutti i corpi dei partigiani fucilati, a Voldomino, a Brissago e a Varese, sono lasciati nel luogo di fucilazione per tre giorni, come lugubre monito ai vivi. Son stati tre giorni di forte pioggia autunnali.
Sentita e partecipata la Festa della Liberazione celebrata a Luino questa mattina con l’intervento e la partecipazione di numerosi amministratori e sindaci della zona. A far le veci dell’assente sindaco di Luino, Andrea Pellicini, c’era l’assessore alla Cultura, Pier Marcello Castelli. Dopo il passaggio in piazza Risorgimento, con un corteo partito dal Comune, i partecipanti si sono trasferiti a commemorare i martiri della Gera di Voldomino.
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La celebrazione della Festa della Liberazione a Luino. La Festa della Liberazione dell’Italia è una tra le date più importanti della nostra storia, in quanto rappresenta il simbolo della resistenza fatta dai partigiani contro il Governo Fascista ed il Nazismo. Anche Luino, insieme a Germignaga e Dumenza, ha celebrato la ricorrenza: dopo il raduno delle varie rappresentanze in Piazza Municipio a Luino, vi è stato il corteo accompagnato dalla Musica Cittadina, al monumento a Garibaldi e al monumento ai Caduti in piazza Risorgimento. Qui sono intervenuti il presidente della Comunità Montana “Valli del Verbano”, il dottor Giorgio Piccolo, l’assessore alla Cultura di Luino, Pier Marcello Castelli, ed una delegazione della scuola secondaria di primo grado di Luino. Al termine, una delegazione renderà omaggio ai Caduti della “Gera”. Hanno partecipato alla celebrazione anche il sindaco di Germignaga, Marzo Fazio, quello di Porto Valtravaglia, Adriano Giacobazzi, e il sindaco dei ragazzi di Cuveglio. Alla cerimonia erano presenti anche il vicesindaco di Dumenza, Corrado Nazario Moro, di Brissago Valtravaglia, Maurizio Badiali, quello di Montegrino Valtravaglia, Giovanni Moroni, il sindaco di Brinzio, Sergio Vanini, ed un assessore di Grantola. Al corteo hanno partecipato anche le autorità, la Croce Rossa Italiana (Comitato di Luino), le forze dell’ordine, l’associazionismo locale, le rappresentanze di alcuni istituti scolastici e alcuni cittadini. Al termine, una delegazione ha reso omaggio ai Caduti della “Gera”, insieme all’ANPI di Luino.
L’intervento del sindaco di Germignaga, Marco Fazio. “Ogni anno, cerco di trovare nuove tonalità per celebrare il 25 aprile, per evidenziare la ricchezza di un giorno che credo dovremmo sempre riscoprire, e far riscoprire, ai nostri ragazzi. Quest’anno, 2016, è impossibile non pensare ai 70 anni dalla conquista dal voto alle donne, che proprio in occasione del referendum istituzionale ebbero per la prima volta l’opportunità di esprimersi. Fu un giorno davvero storico, se pensiamo che prima del 46 la richiesta di concessione del voto femminile era stata respinta per ben venti volte, e ancora emoziona leggere le parole di Anna Garofano: “Le schede che ci arrivano a casa e ci invitano a compiere il nostro dovere hanno un’autorità Silenziosa e perentoria. Le rigiriamo tra le mani e ci sembrano più preziose della tessera del pane. Stringiamo le schede come biglietti d’amore. Si vedono molti sgabelli pieghevoli infilati al braccio di donne timorose di stancarsi nelle lunghe file davanti ai seggi. E molte tasche gonfie per il pacchetto della colazione. Le conversazioni che nascono tra uomo e donna hanno un tono diverso, alla pari”.
Anche questo, è bene ricordarselo, è un frutto della resistenza, un ulteriore taglio rispetto al regime fascista che aveva relegato la donna al ruolo di madre, di angelo del focolare. Vera o presunta, la frase attribuita a Mussolini sulle donne cui compete “pulire la casa, vegliare sui figli e portare le corna” mi sembra condensi efficacemente il radicale antifemminismo del regime. Il voto alle donne è frutto della resistenza perché da essa escono figure come quelle di Adele Bei, condannata nel 34 a 18 anni di carcere per attività antifascista; di Teresa Noce, che dopo aver scontato un anno e mezzo di carcere fu deportata in Germania; di Rita Montagnana; di Lina Merlin; di Teresa Mattei, la “ragazzina a Montecitorio”; di Nilde Iotti, che fu prima responsabile dei gruppi di difesa della donna e poi portaordini. Donne che, come tante altre, non voltarono il viso, non chinarono la testa. Ma prima sulle montagne o nelle città, e poi nel lavoro della Costituente, sognarono e costruirono un’Italia nuova. E mi piace ricordare le parole di Angela Guidi Cingolani, prima donna a prendere la parola nell’aula di Montecitorio: “Vogliamo essere forza viva di ricostruzione morale e materiale, e possiamo farlo perché siamo, tutte, lavoratrici. Per la dignità di donne siamo contro la tirannide di ieri come contro la tirannide di domani”. È a loro, e a tutte le donne della Resistenza, come la “nostra” Rosetta Garibaldi Merini, che oggi voglio rendere un sentito pensiero di omaggio e gratitudine.
Mail 25 aprile non è solo storia, è anche attualità. Il tema del voto alle donne richiama una questione sempre più decisiva, quella della partecipazione, del contributo che ognuno di noi, amministratori, uomini delle istituzioni, cittadini, può portare alla collettività. Come la lotta di liberazione fu condotta, fianco a fianco, da intellettuali e braccianti, da politici e padri di famiglia, anche oggi, se vogliamo continuare la costruzione dell’impianto sociale sognato dai padri – e dalle madri – della costituzione, dobbiamo ritornare ad uno spirito diverso, che veda nuovamente uniti cittadini e istituzioni, tutti impegnati e tutti ugualmente coinvolti in un lavoro che è politico nel senso più ampio e bello del termine. Non posso non ricordare le parole di don Milani, quel don Milani che aveva appeso nella sua classe di Barbiana un cartello che recitava “I care”, l’espressione più radicalmente contraria al fascista “me ne frego”: “Ho insegnato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica”. Non è un caso che don Milani fosse uomo di scuola, perché è la scuola uno dei luoghi dove i costituenti sognavano la costruzione di un’Italia nuova, continuavano a svilupparsi gli anticorpi contro qualsiasi ritorno antidemocratico – e quanto ne abbiamo bisogno, ancora oggi. Secondo Calamandrei, “la scuola è lo strumento, perché questa Costituzione scritta sui fogli diventi realtà. La scuola, come la vedo io, è un organo “costituzionale” […] è un organo vitale della democrazia come noi la concepiamo. Se si dovesse fare un paragone tra l’organismo costituzionale e l’organismo umano, si dovrebbe dire che la scuola corrisponde a quegli organi che nell’organismo umano hanno la funzione di creare il sangue”. E uomo di scuola fu anche Guido Petter: luinese, intellettuale, uomo della resistenza non solo nei bui anni della dittatura. È a lui, a 5 anni dalla sua scomparsa, che rivolgo il mio ultimo pensiero, sposando insieme all’Anpi l’augurio che presto la sua figura possa ricevere il giusto riconoscimento anche con un ricordo pubblico, perché la gente, passando per un luogo a lui dedicato, possa scoprire la sua figura, valorizzare l’impegno per un’Italia libera, pensante, democratica e antifascista”.
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