25 Giugno 2014

Brasile 2014, quale sarà il futuro della nazionale e del calcio italiano?

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Dopo l’eliminazione dai mondiali brasiliani, grazie alla sconfitta rimediata contro l’Uruguay, la nazionale italiana e la FIGC sono letteralmente nella bufera. Infatti, nel post partita sono arrivate le dimissioni del ct della nazionale, Cesare Prandelli, e quelle del presidente federale, Giancarlo Abete. Se per il presidente le responsabilità sono minori, per l’allenatore, invece, probabilmente sono maggiori: due gol realizzati in tre partite, tre subiti, pochi tiri in porta (nell’ultima partita nessuno) ed uno spogliatoio completamente disfatto. Buffon e De Rossi, a fine gara, si sono scagliati contro i giovani, soprattutto contro Balotelli.

Il gol di Godin, che ha eliminato l'Italia dal mondiale in Brasile (italpress.com)

Il gol di Godin, che ha eliminato l’Italia dal mondiale in Brasile (italpress.com)

Quale sarà il futuro della nazionale italiana? E così dopo una pessima figuraccia a livello mondiale, nonostante l’ingiusta espulsione a Marchisio e quella mancata nei confronti di Suarez, scatta la caccia al nuovo ct azzurro. In concomitanza, inoltre, partirà la corsa elettorale per il nuovo presidente della Federcalcio. L’esito fallimentare del mondiale brasiliano ha così provocato anche una “catastrofe istituzionale”. Chi sceglierà il nuovo allenatore della nazionale? Abete intende coinvolgere un gruppo ristretto di consiglieri in proroga, in rappresentanza di tutte le componenti, non deciderà in prima persona. Dipendesse da lui, la scelta sarebbe tra Roberto Mancini e Massimiliano Allegri: il primo si è dimesso dal Galatasaray e non ha mai nascosto di sognare la panchina azzurra, il secondo è oramai libero dal Milan ma ancora nel cuore dei suoi vecchi dirigenti. Invece sarà una decisione collegiale. Zaccheroni e Ranieri erano ipotesi circolate prima del rinnovo di Prandelli, ma non sembrano l’ideale per un calcio che dovrà dichiarare la sua voglia di voltare pagina. Sul mercato, poi, c’è anche Luciano Spalletti: una combinazione tra Lippi e Prandelli, carattere e idee. In ogni caso, ci sarà anche il problema economico: Mancini e Spalletti vengono da contratti plurimilionari, per poterli vedere sulla panchina azzurra dovrebbero abbassare le pretese, e anche di molto. La soluzione interna, Di Biagio, appare troppo fragile in un momento come questo. Resta un’ipotesi, assai remota a sentire Prandelli che ha ribadito di non voler fare marcia indietro: per una revoca di dimissioni, servirebbe una sollevazione dell’opinione pubblica, difficile da immaginare con una eliminazione come quella di oggi. Le date della scelta del ct, in ogni caso, si intrecciano con quelle dell’elezione federale: per il ct c’è tempo fino a metà agosto, considerato che il primo impegno è il 9 settembre, Il consiglio Figc che Abete sta per convocare proverà invece a forzare un po’ i tempi e a legare all’assemblea statutaria dell’11 agosto anche il rinnovo del governo del calcio. Tutto dipende dal punto a cui stanno le candidature delle diverse componenti. Tavecchio non ha nascosto in passato la sua volontà di candidarsi, conta sui voti della sua Lega Dilettanti che fa numero. Anche Ghirelli, direttore generale della Lega Pro un pensiero ce lo sta facendo. Albertini, dimissionario già prima del Mondiale, è un nome candidabile. Molti fanno invece quello di Andrea Abodi, che ha gestito in questi mesi la Lega di B: potrebbe essere il candidato della Lega di A, sempre che i grandi club non abbiano un nome a sorpresa. L’esperienza in Brasile ed il futuro del calcio italiano. Per quanto riguarda il calcio italiano e la nazionale, invece, è inutile puntare il dito sull’allenatore o su un qualsiasi giocatore. Il problema, come tanti altri in Italia, è la mancanza a livello nazionale di un’organizzazione calcistica in grado di promuovere e valorizzare le tante realtà locali, non solo per le squadre di Serie A, e le tante giovani promesse del calcio nostrano. Un alibi altrettanto utilizzato dagli esperti del settore è quello di indicare i plurimiliardari investitori a livello europeo, che non hanno puntato sul calcio italiano. Una nazione che genera un business da capogiro in ambito calcistico deve necessariamente fare, prima di tutto, i conti con le proprie possibilità economiche ed allo stesso tempo deve garantire che a vestire la maglia azzurra siano giocatori che si sentano orgogliosi di indossare questa casacca. Quindi, ricordando il 2006, come non dare ragione alle dichiarazioni di Buffon e di De Rossi a fine gara? (ansa.it)

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