31 Maggio 2014

Siria, martedì elezioni “farsa” nella guerra? Assad “sicuro di vincere”

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Nel pieno di una guerra civile che in tre anni ha causato oltre 162mila morti, la Siria va al voto martedì 3 giugno. Sono elezioni il cui risultato è già scritto: il presidente, Bashar al-Assad, a meno di improbabili sorprese, sarà rieletto. Nei campi profughi e nelle zone controllate dai ribelli sarà impossibile predisporre i seggi elettorali.

Bashar al-Assad, premier siriano (venezuelaaldia.com)

Bashar al-Assad, premier siriano (venezuelaaldia.com)

La restrittiva legge elettorale ha di fatto reso impossibile la candidatura di chiunque non avesse l’avallo del regime e dunque adesso l’opposizione boccia il voto definendolo una farsa. Il risultato è già scritto, ma il regime insiste nel presentare il voto come un traguardo decisivo per mettere fine a un guerra, in cui negli ultimi mesi ha riguadagnato terreno. Bashar al-Assad, nato a Damasco nel 1965, oculista di professione, conosciuto come un uomo di scarso carisma e ancor minor talento, quando nel 2000 salì al potere alla morte del padre, Hafiz al-Assad, Bashar ha gestito con pugno di ferro il regime politico costruito dal suo predecessore.

Dall’elezione di Hafiz al-Assad a presidente nel 1971, le elezioni in Siria sono state tutte una sorta di referendum con un solo candidato; e l’aspirante di turno, Hafiz o suo figlio Bashar, ha sempre vinto i plebisciti con percentuali superiori al 90 per cento. Ma la nuova Costituzione, approvata nel 2012 con un referendum sull’onda delle proteste popolari, ha aperto la strada a una parvenza di multipartitismo e a più di un candidato. Dei 24 aspiranti che si erano proposti dinanzi alla Corte Suprema, il tribunale ha scartato tutti quelli che non rispondevano ai requisiti stabiliti dalla legge elettorale approvata a marzo dal Parlamento. In base alla legge, gli aspiranti devono avere l’appoggio di almeno 35 dei 250 deputati del Parlamento unicamerale (e i deputati non possono appoggiare più di un candidato).

Un’altra delle condizioni è che abbiano almeno 40 anni, siano di nazionaltà siriana, figli di genitori siriani, non abbiano precedenti penali, né siano sposati a donne straniere; devono inoltre aver risieduto in Siria per almeno dieci anni consecutivi (contando a ritroso dalla data di presentazione della candidatura) e non possono avere una seconda nazionalità. Ma molti degli oppositori sono in esilio, e questo oltre agli altri “paletti” hanno ridotto al minimo le candidature.

Di fronte ad al-Assad dunque si presentano due candidati, entrambi pressocché sconosciuti: Maher Hajjar, un deputato comunista di Aleppo, membro dell’opposizioni tollerata, e un uomo d’affari proveniente di una ricca famiglia di Damasco, Hassan Abdullah al-Nuri, che una volta è stato anche ministro. Alla luce delle ultime vittorie militari sul terreno (da ultimo la riconquista della ribelle Homs, da dove i miliziani si sono ritirati nelle scorse settimane) Assad si è presentato ai cittadini come garante della stabilità di fronte al “terrorismo”. E anche i due contendenti hanno puntato sullo stesso messaggio, fondato sulla “lotta al terrorismo” per mettere fine alla guerra.

Anche votare però sarà in molti casi difficile: è escluso che si possa fare nelle zone controllate dai ribelli e sotto assedio; o che siano organizzati seggi nei campi profughi installati nei Paesi vicini. Nei giorni scorsi hanno votato in anticipo i siriani residenti all’estero e, sugli oltre 3 milioni, solo 200mila hanno depositato la scheda nelle urne.

(agi.it)

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