8 Marzo 2014

Camusso (CGIL): “Maggiori tutele per la maternità di ogni lavoratrice”

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“Nella crescente precarietà e incertezza sul lavoro, l’autonomia economica per avere un figlio oggi in Italia è una sfida. Per questo serve, ora, l’estensione della tutela della maternità a tutte le lavoratrici, a tutte le tipologie di lavoro”.

(mammaebambino.pianetadonna.it)

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Ieri alla vigilia dell’8 marzo, giornata internazionale della donna, in un intervento su “Prima Donna”, speciale per questa giornata di “Rassegna Sindacale”, il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, lancia nell’editoriale dal titolo “Maternità valore sociale” il bisogno di estendere la tutela di quest’ultima. Un bisogno che trova sostanza in alcuni numeri, come quelli forniti dal ministero del Lavoro nella relazione annuale sulle convalide delle dimissioni delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri, da dove emerge che “nel solo 2012 sono 20 mila i padri e soprattutto le madri lavoratrici che hanno lasciato il lavoro durante la gravidanza o subito dopo la nascita di un figlio in Italia”, ricorda la Cgil in una nota a cura dell’ufficio Politiche di genere.

Nello specifico, prosegue, “sono state 18.454 le lavoratrici che si sono dimesse ‘volontariamente’ nel primo anno di vita del bambino, dato che si è tenuto sostanzialmente costante nel costo degli ultimi cinque anni, andando a convalidare le dimissioni alla Direzione provinciale del lavoro (Dpl)”. Ad esse si aggiunge “il numero, difficile da quantificare, delle mamme lavoratrici non tenute alla convalida delle dimissioni alla Dpl, per non parlare delle tante lavoratrici precarie per le quali la maternità significa spesso la perdita di ogni speranza di rinnovo del contratto. Alle madri si aggiungono poi anche 733 padri lavoratori per un totale di 19.187 dimissioni nel 2012”.

Ecco perché, sostiene Camusso: “Un welfare universalistico, ripensato in un’ottica inclusiva che estenda le tutele sociali a chi oggi ne è privo, è una necessità per la piena cittadinanza. Si può partire dalla maternità ridandole valore sociale. Non basta – prosegue – creare un sostegno all’occupazione femminile. È necessario un ripensamento generale della nostra società, delle politiche economiche e sociali da un punto di vista di genere, nel quadro del forte cambiamento della società e del lavoro. Bisogna creare le condizioni per cui le donne possano avere accesso al lavoro, superando i fenomeni discriminatori, dilatati con la crisi economica, che le hanno fortemente penalizzate. Il lavoro delle donne, produttivo e riproduttivo – conclude Camusso – crea valore per tutti”.

E’ proprio “Libertà”, intesa come “condizione di genere femminile”, il messaggio scelto dalla Cgil quest’anno per la giornata internazionale della donna: “per rimettere al centro il suo diritto all’autodeterminazione”. In Italia, infatti, “ma anche negli altri Paesi Europei – spiega il sindacato -, si sta assistendo ad una pesante regressione della condizione femminile”.

Nel nostro paese, “il diritto all’autodeterminazione è messo fortemente in discussione su due versanti: l’interruzione volontaria di gravidanza, a causa della mancata applicazione della 194, e il diritto di scegliere la maternità, limitato quest’ultimo dalle condizioni economiche e sociali, dalla precarietà diffusa, dalla forte crisi occupazionale e dall’erosione del welfare, che riduce sempre di più i servizi all’infanzia”.

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