(a cura di Diego Intraina) Ho letto con attenzione l’articolo sul delta del Fiume Tresa in merito al taglio della vegetazione riparia e sulla gestione di questi importanti “boschi lineari” che popolano le rive dei corsi d’acqua: vegetazione composta da arbusti e alberi ritenuta fondamentale per dare origine a mosaici ecosistemici e a paesaggi fluviali.
Ho letto anche giustificabili commenti di preoccupazione che sostengono che la pulizia (purtroppo troppo spesso eguagliata al taglio e dunque a corrosioni delle sponde) sia necessaria per evitare fenomeni di esondazione e dunque di pericolo.
Non voglio entrare sul merito di questi due pensieri, visto che un onesto giudizio richiederebbe di confrontarsi con la reale condizione di imposizione provocata da scelte precedenti di urbanizzazione che oggi, e qui entriamo nel mondo del probabile, si potrebbe credere ancora di poter assecondare con l’elaborazione di modelli progettuali realizzabili attraverso l’uso di un sofisticato sapere scientifico e strumentale.
Oggi, il cambiamento del sistema di vita economico ha volutamente specializzato i saperi andando a sostituire il diffuso sapere empirico con il concentrato sapere scientifico specializzato.
Solo pochi e specifici operatori scientifici, possono interrogare e individuare soluzioni per questo genere di fenomeno riguardante l’idraulica fluviale e, sicuramente, questi interventi non potranno evitare “soluzioni invasive” (rispetto alla percezione e memoria del luogo) e costi elevati, visto la difficoltà di potersi concentrare solo in limitate aree del tracciato fluviale.
Dunque, per uscire da questo inopportuno imbarazzo calcistico, “taglio si, taglio no”, proviamo dunque a percorrere e “ascoltare” un’altra via (non) del tutto immaginaria sul futuro destino del delta della Tresa.
Proviamo ad ascoltarla la Tresa, facciamola parlare come un vero soggetto interessato ai fatti, capiamo cosa voglia e possa pensare sulla possibilità di una sua liberazione, di un risolutivo ritorno all’autogoverno della sua naturale potenza, tanto importante ieri come oggi, per il dinamico disegno della costa.
La voce della Tresa sembra oggi cambiata di tono, nonostante Lei continui ad esprimere una consapevole e profonda tristezza sul sacrificio impostole con l’espropriazione del suo habitat (suo perché da Lei prodotto) avvenuto con l’edificazione della fabbrica e di un inadeguato campo di calcio e di altre puntuali infrastrutture.
Abbiamo detto che ha cambiato Tono, è diventato un tono accompagnato da un sorriso, perché guarda positivamente ad una nuova visione ed opportunità: fra non molto tempo i Luinesi potrebbero ridargli parte di quella libertà radunante capace di dare nuovo senso e significato agli elementi che compongono il paesaggio lacustre.
I corsi d’acqua, proprio per il loro ruolo generativo-erosione, deposito e concausa del ripopolamento vegetale, formano e modellano la superficie andando a svolgere una funzione da elemento radunante e caratterizzante determinante una peculiare anima geografica (Genius Loci): connessione di elementi che danno forma ad una giustificazione plastica, ad una relazione di senso che trova nell’abitare la facoltà di interrogazione, interpretazione e di co-progettazione paesaggistica.
Dunque, anche la Tresa, non può che essere il principale elemento radunante da interrogare per riuscire ad elaborare un co-progetto paesaggistico.
Un paesaggio lacustre, quello Luinese, che non può fare a meno di concentrarsi e caratterizzarsi riportando la Tresa a ritrovare la propria e autentica Voce di elemento generativo paesaggistico.
Ma come?
Riconsiderando questa realtà partendo dalla funzione d’origine della Tresa: ritornare ad essere l’essenza di una volontà parlante, l’incontro di due energie di pensiero progettuali che connettendosi si completino in un gesto d’amore.
Una relazione appassionata di carezze e penetrazioni, tra lo scorrere libero delle acque (liberando la Tresa da costrizioni d’uso e costruzioni anomale che confliggono con il suo essere) e la sensibilità dell’uomo di in-trattenersi in questo fluido dominio e gioco di mutazione.
FUORI CON-TESTO
La finestra sbatte: la Tresa ha abbracciato un alito di vento e, con voce emozionata e riconoscente, entra e dialoga con i Nostri pensieri:
– voglio ritornare a poter contribuire, nel Vostro pensiero, all’assegnazione del senso e ai significati che definiscono e compongono quell’unità paesaggistica a cui appartenete;
– permettetemi di contribuire ad un nuovo modo di pensare ed arricchire il valore del paesaggio nel vostro abitare quotidiano;
– fate in modo che la mia forza possa esservi amica e possa innalzare lo Spirito di fratellanza e di coevoluzione tra il mio essere e il Vostro esser-ci.
Il soffio è ormai passato: la Tresa si chiede se sarà riuscita a lasciare freschezza e sollievo nei Nostri pensieri. Sono sicuro che la sua voce non si placherà, continuerà a volare nel vento portando con sé quella sua ragione d’esistere: continuare come un cantastorie a cantare il suo Bene Comune.
E noi se vogliamo, potremo continuare ad ascoltarla rinfrescando il nostro pensiero con il suo amore e la vostra cura.
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