Varese | 25 Gennaio 2024

Varese e la “crisi di Suez”: «Attenzione alle possibili conseguenze per la nostra economia»

Il cambio di rotta delle navi, per evitare gli attacchi dei ribelli Houthi nel golfo di Aden, sta facendo lievitare tempi di percorrenza e costi di trasporti ed energia

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In una settimana, il costo del trasporto da Shanghai a Genova è aumentato del 114% salendo a 4.178 dollari per un container da 40 piedi, con un incremento del tempo di percorrenza di almeno il 40% a causa della deviazione verso il Sudafrica così da evitare il Golfo di Aden.

Le tensioni nel Mar Rosso, a seguito degli attacchi da parte da parte dei miliziani sciiti Houthi, alleati di Teheran, hanno fatto crollare i transiti commerciali nel canale di Suez: in avvio d’anno, i passaggi sono scesi del 38% rispetto alla prima metà di dicembre, passando da 72 a 55 navi al giorno.

Una situazione di crisi che rischia di incidere pesantemente anche sulla nostra economia, tanto più che per l’Italia quella di Suez è da sempre una rotta strategica: da lì, passa il 40% del nostro import-export marittimo, per un totale di 154 miliardi di euro, secondo un’analisi di Srm, centro studi collegato al gruppo Intesa Sanpaolo.

Inoltre, sono potenzialmente gravi le ricadute anche sulle forniture energetiche, visto che da quel canale transitano il 10% dei prodotti petroliferi raffinati, l’8% del gnl e il 5% del greggio. Il tutto senza considerare che l’impatto ambientale del trasporto aereo è molto più elevato: una merce del peso 200 kg dalla Cina all’Europa rilascia 54 kg di anidride carbonica via nave per il canale di Suez e 900 kg se spedita attraverso un volo. Di più, la circumnavigazione dell’Africa incrementa le emissioni via nave del 30%-40%.

«Una situazione che può avere conseguenze significative – sottolinea il presidente della Camera di Commercio di Varese Mauro Vitiello – su un’economia come quella del nostro territorio, che è molto aperta al commercio estero, pertanto più sensibile all’andamento dei mercati internazionali: l’indicatore che maggiormente misura questo aspetto è la propensione all’export (valore dell’export/valore aggiunto per cento) che per Varese è pari al 48% mentre per la Lombardia è al 42% e per l’Italia al 36%. Siamo insomma tra le prime province italiane per capacità esportativa, con un dato pari a 9 miliardi e 929 milioni di euro nei primi nove mesi dello scorso anno, in incremento del 2,4% rispetto allo stesso periodo del 2022, come si legge sul nostro portale statistico www.osserva-varese.it. Inoltre, le importazioni toccano quota 7,2 miliardi di euro (+1,2%) mentre il saldo commerciale varesino in quello stesso periodo risulta positivo e pari a circa 2 miliardi e 100 milioni di euro, registrando un aumento del +6,7%. Occorre quindi fare molta attenzione: l’auspicio è che, a livello internazionale, si possano trovare al più presto le strategie per disinnescare la crisi di Suez».

Intanto, si alza la preoccupazione nelle imprese. Tra i primi a lanciare l’allarme Emanuele Fumagalli, uno dei tre soci proprietari dell’omonima azienda che, con le sue lampade da esterno, genera all’estero quasi il 97% del suo fatturato, portando in giro per il mondo il nome di Varese e del Made in Italy: «Noi spediamo circa 800 container all’anno in diversi paesi – racconta lo stesso Fumagalli –, di cui almeno la metà passa attraverso il canale di Suez. Nelle ultime settimane, i costi del trasporto sono mediamente triplicati e i tempi di transito delle navi sono aumentati di oltre venti giorni. Siamo appena rientrati da una fiera a Dubai, dove tutti i nostri clienti dell’area del Golfo ci hanno posto il problema. Il risultato è che, per l’utente finale, il nostro prodotto costerà di più».

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