Varese | 21 Dicembre 2021

Cuveglio, sgombero dell’albergo “San Giacomo”: la parola ai testimoni

Un dipendente Ats ha risposto alle domande su sopralluoghi e requisiti, nell'ambito del processo per esercizio abusivo della professione a carico di tre persone

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Il processo per le presunte irregolarità nella gestione dell’albergo San Giacomo di Cuveglio è entrato nel vivo nella giornata di ieri in Tribunale a Varese, dove è iniziato l’esame delle persone che tra la fine del 2016 e i primi mesi del 2017 presero parte ai sopralluoghi finalizzati a chiarire la natura del servizio offerto dalla struttura. Attività dopo la quale l’albergo venne sgomberato dai carabinieri di Cuvio, che eseguirono un provvedimento richiesto dalla Procura di Varese.

L’accusa per il responsabile dell’albergo e per due sue collaboratrici è di esercizio arbitrario della professione medica, in rapporto alle prestazioni di carattere socio sanitario che il personale della struttura – negli anni ottanta storico locale da ballo, poi convertito in hotel ristorante e poi ancora in temporaneo centro per rifugiati – avrebbe fornito senza possedere i necessari requisiti organizzativi e gestionali. Tema, quest’ultimo, su cui si è concentrata la testimonianza di un dirigente di Ats Insubria che collaborò all’esecuzione dei sopralluoghi e delle verifiche.

“Le strutture socio sanitarie sono diverse da quelle assistenziali – ha specificato il medico nel corso dell’udienza, rispondendo alle domande del pubblico ministero Antonia Rombolà -. Per attivarle è necessario formalizzare una Segnalazione Certificata di Inizio Attività, da inoltrare a Regione e Comune”, omessa nel caso del “San Giacomo”, secondo la tesi accusatoria. All’interno dell’albergo operava un medico di base del territorio, punto di riferimento per il gruppo composto da Asa e Oss che, sempre secondo l’accusa, si prendeva cura dei pazienti, circa una trentina, somministrando farmaci e seguendo terapie.

Chi accedeva all’albergo era autosufficiente, aveva dichiarato il gestore all’epoca dei fatti. “I sopralluoghi – ha ricordato invece il medico Ats in aula – hanno consentito di accertare la presenza tra gli ospiti di persone non del tutto autonome. Per una di queste era stato disposto un provvedimento di accompagnamento, dunque si trattava di un soggetto non autosufficiente per definizione”.

Il medico dell’Agenzia per la Tutela della Salute ha poi descritto ciò che gli operatori dell’ente sanitario avevano trovato all’interno dell’albergo. La struttura si presentava in ottime condizioni, pulita e in ordine, al pari degli ospiti, trovati in stato “consono al contesto”.

Quanto complessivamente rilevato spinse però l’Ats a diffidare l’albergo dal proseguire con l’erogazione dei propri servizi, imponendo alla cooperativa sociale a capo della struttura la dimissione di tutti gli ospiti entro dieci giorni. Era la fine di novembre del 2016, la cooperativa fece ricorso al Tar che però respinse l’istanza. Poi con l’inizio del nuovo anno arrivò lo sgombero del centro, che attraverso il proprio sito web si presentava come una struttura in grado di fornire assistenza diurna e notturna.

L’istruttoria dibattimentale proseguirà a maggio con l’esame di altri testimoni: il comandante dei carabinieri di Cuvio, alcuni tecnici Ats e infermieri.

(Foto di copertina da www.google.it/maps)

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