Alto Varesotto | 17 Novembre 2021

“Droga e debiti”, tre a processo per estorsione

Coinvolto come persona offesa un 27enne originario di Cittiglio. Sotto di 1500 euro con lo spacciatore: gli avvertimenti, poi le botte. I fatti risalgono a 3 anni fa

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Sono cominciati nell’inverno del 2017, tra i bar di Leggiuno, Laveno e Cocquio i guai di un ventisettenne originario di Cittiglio, oggi coinvolto in una vicenda processuale che vede tre persone accusate di estorsione.

Le cattive compagnie, la dipendenza dalla cocaina, i debiti accumulati e le minacce. Fino ad arrivare alle botte. Questa la sequenza degli eventi, in un contesto di forte disagio che ad un tratto – dai locali e dalle piazzette di paese – si è materializzato davanti agli occhi dei genitori del ragazzo, per mezzo di un incontro inatteso.

Una donna si presenta davanti al cancello di casa. Cerca il giovane, che in quel momento non c’è. Trova i genitori e dice loro che rivuole i suoi soldi, prestati al ragazzo per fare la patente. Ma il vero motivo della visita viene subito a galla: i soldi sono 1500 euro e riguardano un debito per la droga. I genitori cercano di orientarsi, raccolgono informazioni sulla donna (che tornerà a trovarli una seconda volta) e quando il quadro è completo, si recano terrorizzati in questura.

Scattano le indagini, che conducono al rinvio a giudizio di una ventina di soggetti (alcuni hanno patteggiato, altri hanno scelto riti alternativi), tra cui gli odierni imputati nel processo in corso presso il tribunale di Varese, davanti al collegio presieduto dal giudice Cesare Tacconi: una donna, il cognato quarantaseienne – entrambi italiani – e un uomo albanese di quarantotto anni.

Prima di quella visita a domicilio c’erano stati altri avvertimenti: al bar, dove il ventisettenne se l’era vista brutta, ricevendo un pugno in faccia, e poi fuori dal ristorante dove lavorava: “Fai il bravo, vedi di trovare i soldi”, gli disse in quella occasione l’imputata, passando in macchina.

“Lui non diceva mai la verità – ha ricordato in aula la madre del ragazzo – era difficile capire. Una volta è tornato con un occhio nero, un’altra volta conciato ancora peggio”. Fuori da uno dei soliti bar, il quarantaseienne ora a processo lo avrebbe aggredito per rinfrescargli la memoria rispetto ai 1500 euro da restituire. E’ quanto è emerso durante le indagini, anche se nell’ultima udienza la persona offesa ha negato l’addebito, identificando in aula l’uomo, su richiesta dei giudici, e associandolo a un conoscente; una persona che aveva visto qualche volta in compagnia dell’imputata, da cui invece si riforniva regolarmente per gli stupefacenti. Con lei aveva già contratto debiti, ma mai così elevati.

Ad ogni modo i soldi furono consegnati “a rate”, in tre diversi momenti, grazie ai genitori del giovane e al fidanzato della sorella. Quest’ultimo ha oggi i ricordi confusi su vari aspetti della vicenda, ma non ha rimosso il comportamento dell’imputata, che aveva prospettato l’intervento di personaggi “poco raccomandabili” se i soldi non fossero stati restituiti alla svelta. I familiari li misero di tasca loro ma poi andarono in questura. “Per me la storia era già chiusa, non volevo altre complicazioni”, ha affermato il ventisettenne davanti ai giudici, anche se la firma sotto la querela – sporta nel maggio 2018 – è la sua.

La squadra mobile di Varese dopo quell’atto indagò, associando utenze telefoniche a volti, nomi e situazioni inerenti minacce e passaggi di denaro, dal caso del ragazzo (oggi in comunità per disintossicarsi) a quelli di altre persone, tra cui una donna che ebbe a che fare con l’imputata e con il “socio” albanese per un debito che pensava di aver saldato, corrispondendo al proprio ex – poi diventato il compagno della donna a processo – la somma di 250 euro al mese per due anni.

“Soldi che avevo utilizzato per aprire un negozio, ma che ho in seguito restituito al mio ex secondo gli accordi – ha spiegato la donna -. Lui nel frattempo è stato arrestato e quando è uscito dal carcere si è rifatto vivo . Voleva altri 20 mila euro“. E a quel punto ripresero gli avvertimenti: “Ti sto coprendo, se non rientriamo con i soldi è un problema”. L’udienza è stata rinviata a febbraio per l’esame dei testimoni della difesa.

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