“Le misure contenute nel nuovo Dpcm approvato dal Consiglio dei ministri, rappresentano un colpo mortale per un settore già in gravissima crisi, che vede il rischio chiusura per 50.000 imprese e la perdita del lavoro per 350.000 lavoratori”. Il grido d’allarme lanciato dal presidente nazionale di Fipe Confcommercio, Lino Stoppani, è lo stesso di Giordano Ferrarese, presidente provinciale e consigliere nazionale della Federazione italiana pubblici esercizi.
Secondo Ferrarese anche nella nostra provincia la strada da seguire e da rafforzare “è quella dell’incremento dei controlli nei locali. Sanzionare con puntualità e severità chi non rispetta le regole, siano essi i clienti o i gestori, è la soluzione da adottare. Diversa da quella delle chiusure anticipate che per molti bar e ristoranti significherebbe subire l’ennesimo colpo mortale dall’esito sin troppo prevedibile: la cessazione dell’attività”.
Nel Varesotto già chiuse 1.000 imprese. Le imprese che fanno capo a Fipe, insieme a quelle del settore turistico, sono le più colpite dalla crisi economica causata dell’emergenza Covid-19. Nel Varesotto sono 3.500 i bar e i ristoranti ancora in attività, mille in meno di quelli attivi prima della pandemia.
“In provincia di Varese – continuano – una impresa su cinque del nostro settore ha già gettato la spugna. In caso di nuove drastiche limitazioni degli orari e nella somministrazione dei prodotti questa percentuale potrebbe raddoppiare, raggiungendo il 40 per cento che è ancora nulla rispetto ai numeri delle grandi città, messe in ginocchio dall’effetto smart working. Togliere a queste attività, che hanno praticamente azzerato gli incassi delle colazioni e dei pranzi, anche gli incassi degli aperitivi e quelli serali significherebbe decretare la loro fine. Ancora più drammatica è la situazione del settore banchetti e catering: la loro ripresa è stata tra le più difficoltose e ora arrivano nuove limitazioni”.
Affitti e scadenze fiscali: aiuti subito. Anche in provincia di Varese ci sono imprenditori che ancora devono pagare i debiti accumulati durante il lockdown di marzo e chi deve ammortizzare gli investimenti fatti per mettere il proprio locale in regola secondo il protocollo siglato a maggio.
“È a maggior ragione impensabile – sostiene Ferrarese, riprendendo le parole di Stoppani – che si possa far fronte a una nuova riduzione dell’attività”. Unica condizione accettabile “è che prima si intervenga in maniera decisa sugli affitti dei locali e sulle scadenze con il fisco, ovvero sulla riduzione delle spese cui i gestori dei pubblici esercizi sono tutt’ora costretti e per la cui riduzione nessuno ha ancora mosso un dito”.
“Senza aiuti significativi e concreti – concludono Ferrarese e Stoppani -, siamo destinati chiudere per sempre, rinunciando a uno dei fiori all’occhiello dell’offerta turistica e a un tassello fondamentale della filiera agroalimentare italiana”.
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