Quasi trent’anni nel vivo delle più grandi corse professionistiche, in Italia e all’estero, con la macchina fotografica al collo e alle spalle dei colleghi che si sono susseguiti alla guida della sua moto: questo è stato Sergio Penazzo, uno degli storici fotografi del mondo del ciclismo che, dagli anni ’70 allo scoccare del nuovo millennio, si è dedicato anima e corpo allo sport delle due ruote.
Penazzo è venuto a mancare ieri, domenica 6 settembre, all’età di 88 anni e a ricordare la sua figura è anche l’assessore del Comune di Germignaga, Giovanni Corbellini: il fotografo, infatti, una volta ritiratosi dall’attività nel 2000, si è trasferito per qualche anno proprio nel paese sul Lago Maggiore.
Nato nel 1932 in provincia di Padova, Penazzo – come riporta Tuttobiciweb in un articolo del 2016 – ha iniziato a correre in bici da piccolo, fino ad arrivare alla categoria dilettanti. Trasferitosi a Milano e abbandonate le competizioni – ma non la passione per il ciclismo – ha iniziato a lavorare nell’ambiente, prima come pilota di moto e poi come fotografo, fino a mettersi in proprio nel 1972 con la fondazione dell’Agenzia Penazzo.
Il suo desiderio di essere sempre il più vicino possibile ai corridori e di catturare con il suo obiettivo gli istanti più salienti di ogni gara se, da un lato, lo rendeva ben accetto a tutto il gruppo – chissà come la penserebbe oggi, con gli atleti che spesso inveiscono contro le moto-ripresa troppo vicine -, dall’altro gli causava non poche discussioni con i giudici. Sta di fatto che il “Bandito”, soprannome bonariamente affibbiatogli da un collega, ha saputo raccontare ben trent’anni del grande ciclismo realizzando anche un enorme archivio di immagini, oggi digitalizzato dal figlio Fausto Serse (nome che può far intuire quale fosse il mito di Penazzo) al quale Corbellini ha voluto inviare le proprie condoglianze. (Immagine di copertina © Tuttobiciweb)
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