Varese | 7 Settembre 2020

Coldiretti, Brexit: senza accordo molte incognite sull’export del “made in Varese”

Il presidente Fiori: "Rischio di legislazioni sfavorevoli per i nostri prodotti, bisogna percorrere la via del dialogo nell'interesse di cittadini e imprese"

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È sempre più vicino l’addio della Gran Bretagna all’Unione Europea, con incognite di futuro che coinvolgono direttamente il tessuto rurale prealpino e che si aggiungono al già complesso scenario internazionale.

Se da un lato ci si chiede quale sarà l’impatto sul turismo britannico che raggiunge i nostri territori (compresi gli agriturismi, sempre più apprezzati e visitati dai sudditi di Sua Maestà fino al periodo pre-Covid), dall’altro a spaventare è l’assoluta incognita sul futuro dei prodotti simbolo del made in Italy e dal made in Varese oltremanica.

Con l’ultima minaccia del premier inglese Boris Johnson, infatti, la Gran Bretagna rischia di diventare il porto franco del falso Made in Italy in Europa per la mancata tutela giuridica dei marchi dei prodotti alimentari italiani a indicazioni geografica e di qualità (Dop/Igp) che rappresentano circa il 30% sul totale dell’export agroalimentare tricolore Oltremanica.

C’è grande preoccupazione, quindi, dopo l’ultimatum lanciato dal leader britannico sul negoziato con l’unione Europea per la Brexit: il Made in Italy resterebbe senza protezione europea e subirebbe la concorrenza sleale dei prodotti di imitazione realizzati oltreoceano e nei Paesi extracomunitari come dimostrano le vertenze del passato nei confronti della Gran Bretagna con i casi della vendita di falso prosecco alla spina o in lattina fino ai kit per produrre in casa finti vini italiani o addirittura il Grana Padano (penalizzando così anche i produttori di latte della nostra provincia).

“Il rischio è che – sottolinea il presidente di Coldiretti Varese Fernando Fiori – si affermi in Gran Bretagna una legislazione sfavorevole alle esportazioni agroalimentari italiane come ad esempio l’etichetta nutrizionale a semaforo sugli alimenti che si sta diffondendo in gran parte dei supermercati inglesi e che boccia ingiustamente gran parte del made in Italy a denominazione di origine (Dop), compresi prodotti che hanno un legame con il territorio e le sue materie agricole, dal Grana Padano al Gorgonzola sino ai vini che, pur essendo produzioni di nicchia, sono sempre più apprezzati anche all’estero”.

A pesare sui rapporti commerciali è anche la minaccia di ostacoli amministrativi alle esportazioni, che scatterebbero con il nuovo status di Paese Terzo rispetto all’Unione Europea, dopo che le forniture agroalimentari Made in Italy stimate nel 2019 sono state pari a circa 3,4 miliardi di euro e classificano la Gran Bretagna al quarto posto tra i partner commerciali del Belpaese nel settore preceduta da Germania, Francia e Stati Uniti.

Dopo il vino che complessivamente fattura sul mercato inglese 783 milioni di euro nel 2019 secondo le proiezioni di Coldiretti, spinto dal boom del Prosecco Dop, al secondo posto tra i prodotti agroalimentari italiani più venduti in Gran Bretagna c’è proprio l’ortofrutta trasformata come i derivati del pomodoro con 329 milioni di euro, ma rilevante – continua la Coldiretti – è anche il ruolo della pasta, dell’olio d’oliva e dei formaggi dop.

“In un momento di recessione economica globale il vecchio continente non può permettersi una guerra commerciale ma va percorsa fino in fondo la via del dialogo nell’interesse di cittadini ed imprese” ha affermato il presidente Fiori nel ricordare che “la Gran Bretagna dipende dall’estero per circa 1/3 del proprio fabbisogno alimentare”.

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