La fine del lockdown non ha scatenato la corsa degli svizzeri alle spese all’estero. E’ questo il responso di un’inchiesta curata da alcuni giornali elvetici, tra cui il Neue Zurcher Zeitung che – come ha riportato La Prealpina – si è occupato nello specifico della situazione nella regione di confine con l’alto Varesotto e con il Comasco.
I dati sono ancora approssimativi e si fermano allo scenario di metà giugno circa, ma sono due i fenomeni in virtù dei quali – dicono gli analisti – questa prevista “invasione” dei supermercati e dei negozi non si è alla fine manifestata. Da una parte c’è il timore dei contagi che può aver posto un freno nonostante il Luinese sia stato tra i territori meno colpiti nel periodo di maggior preoccupazione per l’andamento della pandemia.
Dall’altra c’è invece un dato di fatto, ovvero l’impedimento agli acquisti nella prima settimana post lockdown, che ha di fatto tagliato fuori tutti quei cittadini svizzeri non possessori di seconde case. Se a guadagnare non sono stati i negozianti e commercianti italiani, qualcosa allora deve essere cambiato in positivo per i colleghi ticinesi. Vero solo in parte, stando ai dati della Disti, l’associazione dei distributori ticinesi, riportati da La Prealpina.
Un incremento nelle vendite del settore alimentare è stimato tra il 20 e il 30%. Positivo il riscontro dopo le riaperture per la grande distribuzione (aumento del 30%) ma drastica la diminuzione degli affari per quanto riguarda la gastronomia (80%). Il divieto di fare la spesa in Italia ha portato infine ad una crescita del 10% del fatturato della Foft, la Federazione ortofrutticola ticinese, si apprende ancora dal quotidiano locale.
La previsione degli analisti svizzeri è che lentamente si tornerà alla piena normalità pre coronavirus, per quel che riguarda le vendite. Il versante che invece più preoccupa è quello della disoccupazione, della crisi economica e dei licenziamenti. Temuti anche in Ticino, dove dall’inizio dell’emergenza sono stati accertati più di 3300 casi Covid con 350 decessi.
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