Luino | 16 Aprile 2020

Coronavirus, “Rispettiamo le regole per vincere la paura. Anche quella di chi continua a lavorare”

L'appello di una lettrice che condivide lo sconforto di cassieri e commessi: il troppo egoismo non consente di percepire l'importanza vitale delle restrizioni

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Più volte in questo periodo di emergenza abbiamo pubblicato (e continueremo a farlo) le lettere di chi si è rivolto alla nostra redazione per esprimere il proprio sconforto e tutte le sensazioni legate all’attesa del ritorno, anche solo parziale, alla normalità.

Un’attesa che, nella maggior parte dei messaggi ricevuti, si concentra attorno alla paura di non farcela, da un punto di vista economico, a sostenere il peso della ripartenza e tutte le conseguenze del lungo digiuno lavorativo, imposto dalle misure del governo per prevenire i contagi.

Tale preoccupazione è comune soprattutto tra i lavoratori autonomi, le partite Iva e tutti coloro che sono stati obbligati a chiudere attività come negozi, bar e ristoranti, accettando il blocco totale degli introiti per salvaguardare la salute e favorire la prevenzione, mentre però le spese si moltiplicano, per alcuni purtroppo di pari passo con i debiti.

Oltre ai cittadini costretti a casa, ci sono quelli che da quasi due mesi, ormai, non hanno mai smesso di prestare servizio e di guadagnarsi lo stipendio: una “fortuna” non sempre avvertita come tale, soprattutto davanti alle quotidiane dimostrazioni di come la percezione del rischio non corrisponda nelle azioni di tanti al suo reale peso.

Nei luoghi di inevitabile interazione, dove la cautela deve essere massima, troppe persone ancora se ne infischiano di certe regole e restrizioni, mettendo al primo posto, sempre e comunque, la comodità individuale: una forma di egoismo che minaccia costantemente la tenuta dei meccanismi di difesa, e che può costare caro anche a chi vede come priorità l’interesse collettivo e da settimane accetta la rinuncia e il sacrificio nelle loro più svariate forme.

Il messaggio che pubblichiamo oggi è quello di una lettrice che, dal suo posto di lavoro, vive in prima persona ciò che abbiamo appena descritto, a tutte le ore del giorno. Lo fa afflitta dalla perplessità che nasce da simili comportamenti, ma anche riponendo nuova fiducia nell’appello a cui diamo spazio, quello di ritrovare gli stimoli per prendere parte all’aiuto reciproco, lo stesso che ha indotto numerose comunità locali a dare manforte nella distribuzione di mascherine, alimenti e farmaci, così come nell’organizzazione di raccolte fondi per contribuire alle sfide dettate dall’emergenza.

Lucidità e senso di responsabilità sono a loro volta forme di aiuto. Ritroviamole entrambe per il bene di tutti: questo il senso della testimonianza che riportiamo di seguito.

Gentile redazione,

Mi rivolgo a Voi per sfogare il mio sconforto.

Lavoro in un’attività commerciale della zona e dall’inizio di questa situazione io e i miei colleghi non ci siamo mai fermati. Ma non è questo il problema… È quello che vediamo tutti i giorni che mi destabilizza.

Per chi non lavora, e in teoria è chiuso in casa, magari certe situazioni non sono così evidenti. E da qui, lo sconforto. Vorrei poter urlare in faccia a chi si presenta in negozio due o tre volte al giorno, alcuni tutti i giorni; a chi ancora si arrabbiata se invitato ad indossare la mascherina; a quelli che non capiscono che gli acquisti li deve fare solo un membro della famiglia e, furbacchioni, fanno la fila uno avanti all’altro per poi ritrovarsi all’interno del negozio, peraltro allungando l’attesa delle altre persone.

Vorrei (già, vorrei..) che si capisse il significato delle parole “acquisto necessario” cioè inderogabile, imprescindibile, di vitale importanza, ma purtroppo questo viene confuso, spesso anzi mal interpretato.

Tutto questo e molto altro ci toglie quella linfa che ci fa tener duro, che ci fa pensare che dobbiamo essere forti per noi, per i nostri familiari, per voi.

Già.. Dobbiamo pensarlo perché in realtà noi commessi e cassiere non siamo più forti, invulnerabili o preparati di voi che potete proteggervi e rimanere nel nido di casa. Anch’io ho paura di ammalarmi o di compromettere la salute dei miei familiari o di chicchessia, ma non posso permettermi di lasciarmi sopraffare da questa ansia.

Vi prego rispettate le regole, non insultateci, non pensate che tutto sia dovuto o che le restrizioni dipendano da noi. Per favore, aiutiamoci.

Concludo ringraziando tutti coloro che invece mi hanno dimostrato umanità ed empatia. I miei colleghi e gli altri lavoratori di ogni settore. Vorrei stringerli tutti in un abbraccio. Auguriamoci che la “normalità” torni presto, quella normalità che si percepisce nei gesti, come per esempio lasciarsi baciare ed essere travolti dall’abbraccio di tua figlia quando torni a casa dopo una giornata di lavoro.

Buona vita a tutti

C. C.

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