Alto Varesotto | 15 Gennaio 2020

Alto Varesotto, “Il controllo del territorio è fondamentale per prevenire gli incendi dolosi”

Una riflessione dettagliata, rivolta alle istituzioni del territoio, che coinvolge il Campo dei Fiori, fino alle cime alpine della Veddasca e della Val Dumentina

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(articolo di Valerio Montonati – Agronomo) Recentemente, approfittando delle splendide ed assolate giornate di questo inverno ancora irregolare, mi sono recato sulle pendici del monte Lema per una delle mie solite escursioni nei boschi in quota nell’alto Varesotto, per sgranchirmi le gambe dopo le abbondanti abbuffate e libagioni natalizie, per godermi il silenzio della selva dormiente, osservarne lo stato e, magari, fare qualche interessante incontro con le numerose specie animali che li popolano.

Oltre alla intensissima luminosità della giornata dal cielo assolutamente terso, che risaltava i grigi scintillanti dei maestosi faggi, il verde vitale degli agrifogli ancora punteggiati dalle rare bacche rosse risparmiate da tordi e cesene, le rocce affioranti e le scarse acque di torrenti e ruscelli, sono stato ben presto colpito dall’estrema secchezza di foglie ed erbe che scricchiolavano al mio incedere lungo il sentiero, che ben presto si è fatto prudente per l’estrema scivolosità dello spesso strato di foglie accumulatosi sui versanti stante l’assenza di venti da molte settimane.

Immediatamente mi son reso conto dell’estremo pericolo di incendio anche perché ero proprio alla ricerca di tratti di faggeta percorsi dal fuoco in anni recenti da sottoporre ad un collega svizzero, recentemente conosciuto ad un seminario sui danni che le foreste patiscono per cause naturali o antropiche, che sta studiando la risposta di questi tipi forestali alle conseguenze del fuoco.

Rientrato a Varese ho fatto analoghi giri sul Campo dei Fiori valutando situazioni del tutto analoghe sia in faggeta che in zone a castagneto o con boschi misti e considerando, analogamente ai monti luinesi, la scarsa presenza di cittadini nonché l’assoluta assenza di “Vigilanti” di vario ordine e grado mi son chiesto se non sia il caso di attivarsi urgentemente per evitare le brutte sorprese che hanno, tristemente, caratterizzato le ultime stagioni secche autunno – vernine.

Vero è che recentemente le testate online locali hanno richiamato l’azione dei carabinieri che, nel dare la caccia agli spacciatori che sembrerebbero essere diventati i nuovi padroni dei nostri boschi, offrono anche un efficace servizio di dissuasione nei confronti di eventuali malintenzionati, ma questo certamente non basta.

Dobbiamo renderci conto che dopo un mese e mezzo di asciutto, nonostante un mezzo autunno piovosissimo, ed in assenza di un rassicurante manto di neve, il rischio di incendi dolosi è gravissimo ed i maniaci staranno “probabilmente” fremendo.

Occorre, pertanto, che le autorità territoriali locali, come i Comuni, Parchi, Comunità Montane, Vigili del fuoco, Forze dell’ordine, organizzino servizi costanti di pattugliamento di piste e tracciati principali anche mediante l’uso di droni teleguidati da remoto ovvero mettendo in campo le cospicue forze del volontariato (GEV, Protezione Civile, Associazioni ambientaliste), che insieme ad un sistema di videocamere/foto trappole (sempre posizionabili in assetto mimetizzato) saprebbero garantire una adeguata e dissuadente sorveglianza.

Anche i comuni cittadini, facendo semplici passeggiate di gruppo sui principali itinerari dei nostri monti, possono assicurare una adeguata protezione dei nostri amati boschi secondo il principio che con più gente li frequenta tanto più gli incendiari saranno inibiti nei loro perversi propositi.

Ricordiamoci che gli incendi sono tra le maggiori cause del dissesto idrogeologico e, come ricorda il consigliere regionale Roberto Cenci nella sua recente interpellanza al Presidente di Regione Lombardia Avv. Attilio Fontana, insieme alla giunta che presiede ed agli assessori competenti per materia, che tratta, appunto, del dissesto idrogeologico cui la nostra regione non è esente, il presidio del territorio è fondamentale per prevenire l’assurdo fenomeno incendiario ed anche gli altri sconvolgimenti territoriali.

Colgo, quindi, l’occasione per ribadire ancora una volta (ma non mi stancherò mai farlo finché non saranno messe a disposizione risorse economiche adeguate per le nostre montagne) che il dissesto del territorio lo si comincia a curare presidiando le montagne, governandone le acque fin dalle alte quote, mantenendo efficienti i boschi produttivi come quelli di protezione e ripristinando le attività agro zootecniche insieme a tutti quei presidi fondiari (muri a secco, terrazzamenti, sistemazioni a girapoggio, viabilità forestale) che, insieme, garantiscono il buon mantenimento dell’assetto ambientale.

Le nostre montagne, dal domestico Campo dei Fiori fino alle cime alpine della val Veddasca e della val Dumentina, anche a causa della pressoché totale assenza di fondi economici adeguati (cominciando dai fondi europei del PSR incredibilmente assenti nell’ultimo quinquennio), sono sempre più spopolate nonostante vi siano idee, progettualità e persone disposte a farle rivivere proteggendo, di conseguenza, le popolazioni che risiedono in valle e nella grande pianura padana.

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