Luino | 4 Settembre 2019

Luino, la storia di Juno e della sua inguaribile voglia di vivere

A raccontarla, sulla Pagina Facebook di Sara Gambelli Pet Photography, è la 28enne luinese Elisa Cugnasco. Una grande vittoria per lei e per la sua cagnolina

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Una bellissima storia d’amore, coraggio e fiducia per celebrare Juno e la sua inguaribile voglia di vivere, è quella pubblicata questa mattina sulla Pagina Facebook di Sara Gambelli Pet Photography.

A raccontarla è stata Elisa Cugnasco, 28enne ragazza luinese, che ha voluto condividere con tutta la comunità quanto vissuto dalla sua cagnolina (cane crestato cinese), fortunatamente un’esperienza che ha visto Juno non arrendersi mai e aver permesso di poter narrare un bel lieto fine.

Elisa ama ed ha una grande passione per gli animali e da tempo, infatti, gestisce “Ai Giardini di Parsifal“, una pensione per animali piccola piccola, ma piena di voglia di giocare, amore ed esperienza.

Ecco il testo pubblicato, che riportiamo integralmente.

Immaginate di essere un atleta. Uno che vive per lo sport, che ama correre, nella fattispecie, e saltare gli ostacoli.

Ed ora immaginate di prendere una botta in testa e ritrovarvi, da un secondo all’altro, completamente incapaci di muovervi, di vedere, con il corpo che disobbedisce completamente.

Io, che non sono un’atleta, è da febbraio che tento di capire che cosa si possa provare. Perché? Perché questo è ciò che è successo alla mia Juno, agilista da quando aveva cinque mesi, agli inizi della sua carriera in dog dance.

So, però, quello che ho provato io, rientrando in casa e trovando la mia inseparabile compagna da sei anni, il miglior cane che abbia mai attraversato la mia strada, distesa a terra, con strisce di sangue tutto intorno, azzannata alla testa da un cane con cui era sempre andata d’accordo. Forse per un gioco andato male.

Ricordo la corsa dal veterinario, a una velocità improponibile, l’accoglienza in clinica, dove tutti erano stati avvisati poco prima. Il mio “salvamela, ti prego”, e il calvario dei giorni successivi. Quando sembrava che le convulsioni non volessero smettere.

E poi quattro, cinque ore al giorno in una gabbia dal veterinario, col mio cane in braccio, a coccolarla, a farla mangiare, a ricordarle che esistevo e che, anche se ora doveva stare lì, non era sola.

Dopo dieci giorni è arrivata la prognosi, infausta. L’ho portata a casa con me, con l’idea di fare un ultimo, estremo tentativo, o almeno di lasciarla morire nel suo ambiente, circondata dagli altri miei cani.

Avevamo una settimana. Una settimana per dare segni di miglioramento, prima di prendere la decisione che nessun proprietario di cane vorrebbe prendere mai.

Juno era un ovetto inerte. Rotolava, si strozzava con acqua e cibo, si faceva addosso tutti i bisogni.

Eppure tre cose mi hanno convinta a non cedere, a non lasciarla andare. Il suo attaccamento verso la pappa, che non ha mai smesso di divorare con gusto. La sua espressione quando, in borsa, la portavo fuori nel sole primaverile che iniziava a spuntare.

Il suo ringhio verso gli altri cani quando la disturbavano. Perché vedete, a Juno non è mai importato di pesare due kg: lei gli altri cani li ha sempre rimessi al loro posto.

Così ho aspettato, con l’immenso aiuto della mia famiglia e del mio compagno. Perché sapete, prendersi cura di un cane che non può stare da solo nemmeno cinque minuti, nemmeno il tempo di fare la pipì, è sfiancante.

Abbiamo aspettato e lei ci ha ripagato con un piccolo, enorme premio: il sesto giorno, quello prima della visita, al sentire la parola “pappa”, Juno ha scodinzolato.

Da lì tutto è cambiato, principalmente il mio approccio nei suoi confronti. Sono passata dall’attesa della morte all’attesa di altri segni positivi, e lei li ha soddisfatti tutti. Prima stare sdraiata dritta, poi abbaiare, interagire con gli altri cani e, infine, alzarsi in piedi.

Ho iniziato, con il medico veterinario da cui mi reco per il mio tirocinio (in fisioterapia veterinaria), a progettare un carrellino ed un supporto per correggere la spasticità del collo.

Juno, però, ha detto che quei soldi potevano essere risparmiati, che dovevamo solo darle un poco di tempo. Ed eccola pronta ad accompagnarmi all’altare, tra un mese, sulle sue zampette, così veloce e decisa che, spesso, la gente nemmeno si accorge di quella zampina che resta un poco più rigida delle altre.

Scava, ora, Juno. Scava come una matta, strappa l’erba e si butta nella terra, come ha sempre amato fare. Corre, a modo suo, e sta imparando di nuovo a sedersi e a svolgere dei comandi che, per la lei di sei mesi fa, erano semplicissimi, ma ora sono scogli immensi.

Solo una cosa non ha recuperato, la mia piccola immensa guerriera: la vista. I suoi occhi si sono spenti per sempre e, se siamo sfortunate, prima o poi uno andrà rimosso, ma questo non ci scoraggia.

Con la guida di un guinzaglio, Juno si butta come se ci vedesse alla perfezione. Spesso, ridendo, dico che sono diventata il cane guida del mio cane, e ne sono immensamente orgogliosa.

Io e Juno partecipiamo all’evento “Code in Passerella” dalla sua prima edizione. Per citare mia madre, la fan numero uno della piccola campionessa, quattro anni fa Juno ha vinto il premio come miglior sportiva perché volava. Ieri quello stesso premio lo ha vinto al buio, in un commuovente silenzio di pubblico e giuria, che non volevano distrarla.

Sono consapevole che non avrò mai nella mia vita un cane come Juno, e che queste storie sembrano sempre esagerate, da film, finché non ci si trova dentro.

Avrei voluto che ci si trovasse qualcun altro? Certo.

Ma va bene così, va bene esserci stata ed esserci ogni giorno, perché Juno, con il suo carattere e la sua forza, mi ha accompagnato nel mondo dei cani disabili, invisibili, dimenticati, che tutti dovremmo imparare a conoscere.

E la sua storia, la nostra, forse potrà dare un po’ di coraggio a chi ha voglia di arrendersi.

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