Padova | 14 Giugno 2017

Università di Padova, un libro per ricordare il professor colmegnese Guido Petter a sei anni dalla scomparsa

Tra gli autori vi sono alcuni dei suoi primi allievi e collaboratori

Un libro dall'Università di Padova per ricordare il professor colmegnese Guido Petter a sei anni dalla sua scomparsa
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(Emilio Rossi) Un libro che onora la memoria di un grande concittadino, insignito nel 2005 della Medaglia d’Oro della Presidenza della Repubblica, per i Benemeriti della cultura e dell’arte e precedentemente nel  2003 della laurea honoris causa in Scienze della Formazione primaria da parte dell’Università di Cagliari. I contributi presenti nel volume sono stati stesi, in occasioni diverse, in ricordo della sua improvvisa morte, nel «fior fiore» della sua splendida vecchiaia, per attività e saggezza. Pagine che evidenziano soprattutto la sua umanità. La loro lettura ricorda a chi l’ha conosciuto i suoi lavori scientifici, narrativi e divulgativi, il suo costante impegno sociale, la sua integrità morale, la sua generosità, il suo ottimismo, contagioso per chi gli era più vicino, la sua gioia di vivere, così disorientante anche nei suoi ultimi anni di vita.

Autori soprattutto i suoi primi allievi. Tra gli autori vi sono alcuni dei suoi primi allievi e collaboratori: Franca Tessari e Renzo Vianello, colleghi dell’Università di Padova: Rosa Baroni e Luciano Arcuri e di altri Atenei: Marinella Parisi, Anna Silvia Bombi, Anna Maria Ajello e Angela Persici, presidente dell’Istituto pedagogico della Resistenza.

Una vita di impegno civile e culturale. Guido Petter nacque a Colmegna nel 1927. Franca Tessari, collaboratrice dal 1970 fino alla sua scomparsa e che partecipò al Convegno organizzato a Luino nell’ottobre 2011, ci rivela particolari inediti sulla sua vita, come quando a Colmegna da ragazzo si rese protagonista del salvataggio dall’annegamento nel lago di un coetaneo più robusto di lui. A 17 anni si avvicinò alla Resistenza, dapprima a Milano con un gruppo clandestino e poi, nell’inverno ‘44, aggregandosi alle forze partigiane combattenti in montagna nella 10ª brigata garibaldina «Rocco», che operava sui monti intorno al lago d’Orta e nel Vergante, con il nome di battaglia Renzo. Non meno importante per la sua formazione l’esperienza in una miniera di carbone in Cecoslovacchi nell’inverno ‘47-48. A guerra finita, a Milano, fu parte attiva come cofondatore e insegnante del Comitato-Scuola della Rinascita per aiutare ex partigiani, reduci e orfani di guerra a riprendere gli studi. La sua ascesa accademica fu rapida: libero docente nel 1959, nel 1963 fino al 1998 ordinario di Psicologia dell’Età evolutiva all’Università di Padova. Nel 1960 aveva acquistato rilevante notorietà per la fondamentale opera Lo sviluppo mentale nelle ricerche di Jean Piaget, un’esposizione organica della teoria, dei metodi, delle ricerche del grande Ginevrino, la cui parziale conoscenza era precedentemente ristretta a pochi specialisti. Petter ne curò la traduzione e diffusione divenendo il massimo studioso del suo pensiero.

Con Petter la psicologia fa il suo ingresso nelle scuole. Maestro di molte generazioni di psicologi italiani, contribuì significativamente alla diffusione di una cultura psicologica nelle scuole e tra gli insegnanti, pubblicando numerosi volumi scientifici e divulgativi di psicologia e psicopedagogia.

La barbara aggressione di autonomia operaia. A Padova il 9 maggio del 1979 fu vittima di un’aggressione da parte di alcuni esponenti di Autonomia Operaia che puntava allo sfascio delle regole democratiche di cui Petter era stato sempre garante. Petter avrebbe raccontato questa vicenda nel libro I giorni dell’ombra. Diario di una stagione di violenza italiana. Tra il 1977 e il 1979 egli vede il terrorismo irrompere nella sua vita. Prima la provocazione, poi le minacce, infine la violenza, l’assalto a colpi di spranga che lo riduce in fin di vita. Petter tiene un diario, in cui racconta cosa succede nell’Università, i rapporti con gli studenti e la politica, il clima incandescente e di come lui cerca di continuare la sua vita, a casa e al lavoro. Un diario che, riga dopo riga, diventa il racconto della stagione buia di un intero Paese.Tutto inizia con le interruzioni delle lezioni da parte di minoranze agguerrite e prevaricanti, con uno stile quasi nazista e squadrista, con sistematiche devastazioni, attentati alle automobili, lancio di bombe contro le abitazioni dei docenti, aggressioni fisiche, ferimenti, pestaggi, nell’ambito di una presumibile convergenza dei piani di Autonomia con quelli delle Brigate Rosse. Ma perché proprio lui viene preso di mira? Lo stesso Petter se lo domanda. Da anni ormai gli obiettivi privilegiati sia delle BR sia di Automia erano non solo esponenti di destra, ma anche persone di orientamento democratico particolarmente impegnate sul piano sociale e culturale, intelligenti ed efficienti. Queste persone, dal punto di vista dell’estremismo terroristico, erano ritenute responsabili di «tenere in piedi il sistema» e quindo bisognava eliminarle con il terrorismo psicologico e, dove questo non bastasse, con l’eliminazione fisica. Petter inoltre in quanto direttore di corso rappresentava una sorta di simbolo del potere accademico.

Petter scrittore. Ingente è la sua produzione letteraria, rivolta soprattutto ai ragazzi, dove confluiscono le sue molteplici esperienze giovanili. Ne è un esempio il romanzo Ragazzi di una banda senza nome (Giunti 1972). Una vicenda ambientata nel paese natio di Colmegna, durante il secondo conflitto mondiale. Protagonisti i coetanei di un piccolo borgo lambito dalla tragedia della guerra. Improntato alla sua precoce militanza partigiana il romanzo Ci chiamavano banditi, (Giunti 1995). Una storia vera, ambientata nella Valdossola, raccontata in prima persona. Lui diciassettenne cerca i partigiani. Vuole stare con loro, dalla parte giusta, contro i neri, i fascisti. Ci riesce. Gli danno subito un fucile. Si sceglie un nome di battaglia che in latino vuol dire Nessuno, come Ulisse con Polifemo. Un grande successo editoriale: finalista al Premio Castello 1995, finalista al Premio Lunigiana 1995, vincitore del Premio Bancarellino 1996, vincitore del Premio Asola 1997. Sempre sui suoi trascorsi nella Resistenza La prima stella. Valgrande ’44 (Interlinea 2011) incentrato sui martiri dell’eccidio nazifascista di Fondotoce sul lago Maggiore nel giugno del 1944. Sempione ’45. Il salvataggio della galleria, (Interlinea 2006) racconta invece un episodio che rappresenta una delle fonti primarie per la scrittura della Storia della guerra partigiana nella valle dell’Ossola. Anche se sotto forma di romanzo in cui elementi di fantasia si mescolano con elementi di realtà, il fatto è veramente accaduto nella notte tra il 21 e il 22 aprile 1945, presso l’imboccatura della galleria del Sempione che i tedeschi si preparavano a far saltare in aria per impedirne l’uso agli Alleati. Un gruppo di partigiani, non potendo far esplodere le sessanta tonnellate di tritolo depositate nella stazione di Varzo, perché l’esplosione avrebbe distrutto l’intero paese, durante la notte, con un piano audace, riuscì a neutralizzare le sentinelle, a isolare la stazione e a portar via l’esplosivo, per bruciarlo poi sulla riva del fiume.

Una bibliografia di vasto respiro. Molto vasta è la sua bibliografia: libri, «voci» in trattati enciclopedici, saggi vari, centinaia di articoli: sempre limpida la scrittura e rigorosa l’impostazione, anche negli scritti divulgativi. Intere generazioni di psicologi e di insegnanti si formarono alla sua scuola.

Un uomo di grande spessore culturale e di una profonda umanità. Ricorda ancora Franca Tessari: «Guido Petter era l’antitesi del ‘barone’, ispirava, fin da subito, simpatia e rispetto insieme, Era serio, ma non serioso, accogliente; in ogni cosa metteva entusiasmo. Sapeva ascoltare; di situazioni e persone tendeva a vedere e valorizzare il meglio. Non si imponeva per la sua fisicità. Era di aspetto e modi gentili e semplici; i chiari, vivaci occhi animavano il suo volto che conservava, anche nel passare degli anni, un che di fanciullesco». Un ritratto che ci restituisce l’immagine di un uomo di grande spessore culturale, ma anche di una profonda umanità.

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