11 Novembre 2016

Davvero nessuno credeva nella vittoria di Trump? Proviamo a metterci nei panni degli americani…

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Come si è appreso fin da quando, ancora in maniera ufficiosa, la vittoria di Trump era ormai certa (in Italia erano le prime ore del mattino), tutto il mondo sembrava sconvolto e soprattutto sorpreso della sua elezione.

(Foto © Rolling Stone)

(Foto © Rolling Stone)

Nessuno ci voleva credere. Ma come è possibile che abbia vinto il populismo? Sembra quasi che fino allora nessuno aveva preso seriamente in considerazione una sua vittoria, o almeno non così netta come è stata. Invece è successo: Donald Trump succede a Barack Obama in qualità di 45°esimo Presidente degli Stati Uniti, portando con sé un’aria di rivoluzione ma anche di insicurezza. La domanda che, più o meno, tutti ci siamo fatti è: perché gli americani l’hanno votato? Il suo programma elettorale non è certo scarno, anzi. Forse è proprio questo che ha convinto gli elettori, anche a scapito di oltrepassare i numerosi scandali che lo riguardavano…

Durante la campagna elettorale, Trump non ha fatto altro che attirare l’attenzione mediatica su di sé, in base a dichiarazioni, comportamenti e tweet. Il 3 settembre 2014 se ne esce con «Basta con le campagne massicce di iniezioni. I bambini non sono cavalli: un vaccino alla volta, ogni tanto». Il 7 gennaio 2015, subito dopo la strage di Parigi, afferma: «Non trovate interessante come la tragedia che è avvenuta a Parigi sia capitata nel Paese che ha il più alto controllo sulle armi al mondo?». Ma la più recente e celebre è forse «Se Hillary non riesce a soddisfare il marito, come può soddisfare l’America?» del 18 aprile scorso. Nel bene e nel male, si parlava di lui e questo è quello che, almeno inizialmente, gli premeva. 

Poi è stato bravo a cogliere al balzo le occasioni che gli si presentavano per dimostrarsi come un salvatore della patria. Ne è esempio l’obiezione che fece l’8 dicembre 2015 in seguito alla strage di San Bernardino in California: «Chiedo una totale e completa interruzione degli ingressi di musulmani negli Stati Uniti». Di fronte allo sconforto e la paura, le parole di Trump suonano come quelle di un giustiziere, anche se i musulmani non erano coinvolti nella sparatoria. O ancora, nel maggio scorso, disse: «Accadranno cose brutte, un sacco di cose brutte. Ci saranno attacchi che non potrete immaginare. Ci saranno attacchi da parte delle persone che in questo momento stanno entrando nel nostro Paese, come quelli dell’11 settembre».  

Proviamo quindi a metterci nei panni dei cittadini americani. Di fronte all’infrenabile clandestinità (più di 11 milioni di immigrati che vivono nel Paese sono irregolari) che promette di fermare, le tasse che garantisce di abbassare, le guerre a cui non vuole necessariamente partecipare, ai 25 milioni di posti di lavoro che assicura di creare, i cittadini hanno iniziato a vedere in Trump un loro alleato, uno che finalmente capiva i loro problemi. Chi in Italia non metterebbe la firma per anche solo uno di questi provvedimenti? Suona quasi come un “Italia agli italiani” americanizzato. Poi c’è il suo slogan “make America great again”, “rendere di nuovo grande l’America”, che per i grandi nazionalisti che sono gli statunitensi suona come una rivincita, in ricordo dei tempi migliori, quelli del dopoguerra, che avevano visto gli USA assoluta e (quasi) indiscussa protagonista mondiale. 

Inoltre, Trump non è un politico, ma un imprenditore. Quindi, a rigor di logica, doppi fini non ce ne possono essere. Quale altro scopo avrebbe se non riportare gli States lì dove è giusto che stiano? L’establishment, ovvero la classe dirigente, che tante volte ha citato, è una ristretta cerchia di élite di cui non fa parte e non vuole farne parte, per stare vicino agli interessi di tutto popolo, che si è sentito abbandonato dalla classe dirigente.

Per non parlare poi dell’aspetto razzista, forse principale accusa da parte dei suoi oppositori insieme a quella di sessista. Il desiderio di cacciare i mussulmani e i messicani, la discriminazione dei neri, la derisione delle donne hanno risuscitato antiche ostilità e risentimenti. I conservatori, è triste dirlo, l’hanno votato anche per questo, perché in netta opposizione con il neoliberismo di stampo democratico.

Non si può negare, però, che anche l’altra candidata alla camera bianca, Hillary Clinton, ci abbia messo del suo, seppur involontariamente. La ex first lady non era e non è tuttora ben vista da parte dei suoi compatrioti. Definita bugiarda e calcolatrice, non è riuscita a togliersi l’immagine negativa di sé, quella di una donna che deve il suo successo al marito, senza il giusto carattere e fin troppo inserita e legata alla vita politica. E di certo le “scappatelle” di Bill non sono state dimenticate, né tanto meno hanno giovato alla moglie. Infine, non si può negare, alla luce dei fatti, che anche l’essere una donna non ha giocato a suo favore, come invece molti credevano. Perché se da una parte ci sono tante mamme e giovani ragazze in suo sostegno, dall’altra parte i maschilisti, ma non solo (numerose donne non hanno appoggiato l’ex Segretario di Stato), hanno alimentato il loro consenso a Trump. Quindi non è da sottovalutare neanche che, per non votare la Clinton, tanti americani abbiano dovuto ripiegare verso il leader repubblicano. 

Insomma, Trump ha vinto perché ha saputo toccare la gente nei punti che più li premevano, ha palpato le loro esigenze, le ha prese in causa, dando loro delle alternative concrete e dicendo loro quello che volevano sentirsi dire. Se i democratici volevano assicurarsi nuovamente la Casa Bianca, avrebbero dovuto trovare un altro candidato, più appoggiato e credibile. 

Alla luce dell’incaricatura, a fare scandalo, ancora una volta, sono delle dichiarazioni del neo presidente, risalenti a un’intervista rilasciata a “People magazine” nel 1998, in cui disse «Se dovessi candidarmi, mi piacerebbe farlo come un repubblicano. Sono il gruppo di elettori più stupido del Paese. Essi credono qualsiasi cosa passi su Fox News. Potrei mentire e se la berrebbero comunque. Scommetto che i miei numeri sarebbero fantastici». Frasi che alcuni hanno sostenuto essere una bufala, ma alla luce dei fatti comunque shockante e che, a dirla tutta, non sembrerebbero poi così inusuali per il personaggio.

E quindi c’è da avere paura? I più buonisti, e forse anche ottimisti, sostengono che Trump voglia solo attuare delle riforme interne allo Stato, che non vadano a minare la sicurezza internazionale. Anche ammesso che sia vero, non bisogna però dimenticare che è a capo degli Stati Uniti d’America, il suo potere non è del tutto irrilevante. Che il suo perbenismo sia stata una farsa per farsi eleggere? Che dietro il l’imprenditore amico dei poveri ci sia un impostore con un preciso disegno?

La risposta è incerta ma anche spaventosa, ma non possiamo far altro che aspettare i provvedimenti che lui stesso intenderà attuare.

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