30 Ottobre 2016

La parola ai dati ed alle statistiche, il vero “volto” dei migranti

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Cercando di andare oltre la retorica, oltre l’emergenza sbandierata in prima pagina, oltre le parole correnti che raccontano di una “invasione” ogni qual volta si parla di richiedenti asilo e poveridi cui l’Europa e l’Italia sono costrette a farsi carico, è possibile giungere ad una comprensione approfondita del fenomeno con l’ausilio di dati che mostrano qualcosa di diverso.

(vita.it)

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La parola ai dati ed alle statistiche, il vero volto del tema “migranti”. Una realtà diversa rispetto al comune sentire è quella che emerge dal Dossier statistico sull’immigrazione 2016. Un’altra realtà, dove certamente sono sostenuti i flussi di persone che arrivano in Italia in fuga da situazioni di crisi e pericolo (spesso passando solo per raggiungere altri paesi), ma nella quale, al contempo, non vi sono grandi mutamenti nell’immigrazione stanziale. Da 3 anni a questa parte, infatti, il numero degli stranieri residenti in Italia è stabile, intorno ai 5 milioni. Questo è quanto emerge dal Dossier statistico immigrazione 2016 presentato nella giornata di ieri a Roma dal Centro Studi e Ricerche Idos. Il volume anche quest’anno affronta le caratteristiche delle migrazioni a vari livelli: internazionale, europeo e italiano. Ampio spazio è dedicato al tema dei rifugiati, ma anche a tanti immigrati stanziali presenti nel paese. Ed è tutto questo a produrre una narrazione controcorrente. 

Quiete totale, dunque? Non esattamente. Nonostante i flussi di richiedenti asilo e persone in fuga siano solo una delle facce dell’immigrazione, di certo ne sono la parte più dolorosa e complessa. Inoltre il fatto che il numero dei migranti stanziali sia stabile è in realtà apparente. Nel mondo ogni minuto sono 24 le persone costrette a lasciare la propria casa. La stima fatta dall’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati indica che le cause del fenomeno sono spesso legate alla necessità di sfuggire a morte, pericoli o privazione della libertà. Questi flussi non sono dunque eliminabili, essi sono conseguenze di un passato coloniale a cui fattori strutturali come guerre, contrapposizioni politiche interne, incompetenza delle classi dirigenti locali, disastri finanziari, cause naturali, persecuzioni di varia natura, si aggiungono.

In Italia nel 2015, 154.000 sono le persone sbarcate (il 9% in meno rispetto al 2014). Nel mondo, nello stesso anno, i richiedenti asilo, i rifugiati e i profughi, sono stati 65,3 milioni, un picco mai raggiunto in precedenza. Di questi 21,3 milioni sono rifugiati e 3,2 milioni i richiedenti asilo in attesa dell’esito della loro domanda.

I migranti stanziali. Passando poi ai migranti stanziali, si stima che alla fine del 2015 gli stranieri residenti in Italia sono 5.026.153, appena 12mila in più rispetto allo scorso anno. A questi vanno aggiunti coloro che (ancora) non si sono iscritti all’anagrafe. Considerando entrambi i dati Idos stima che alla fine del 2015 gli stranieri regolarmente presenti in Italia sono circa 5 milioni e mezzo di persone (5.498.000).

Il numero dei residenti dalle stime resta stabile ma è necessario leggere questo dato considerandone anche un altro: quello riguardante le acquisizioni della cittadinanza italiana. Nel 2015 ad acquisire la cittadinanza italiana sui 250mila iscritti alle liste anagrafiche, sono stati 178.035, di cui i due quinti minori. Il fatto che in così tanti siano divenuti italiani, spiega la motivazione per cui il numero complessivo resta quasi immutato. Nonostante l’apparenza dei numeri risulta evidente che nel paese è in atto un profondo e silenzioso mutamento antropologico: composizione sociale, culturale, religiosa e linguistica. 1.150.000 le persone di origine immigrata che fino ad oggi hanno acquisito la cittadinanza italiana. 5.202.000 gli italiani che vivono all’estero. Su 244milioni di migranti nel mondo l’Italia detiene quindi la quota del 4%, riferibile per metà agli italiani all’estero e per l’altra metà a immigrati presenti sul territorio nazionale. Si può notare poi come siano aumentati i soggiorni di lungo periodo tra gli stranieri non comunitari titolari di permesso di soggiorno. Giunti ad essere 6 su 10, sono sintomo di una presenza che ogni anno matura un più forte radicamento sociale. I permessi rilasciati rispondono a domande e bisogni differenti: quelli di lungo periodo e quelli rilasciati per asilo e protezione umanitaria il cui incremento è stato del 40,5% (che hanno fortemente inciso sul numero dei permessi rilasciati) 

Uno dei paragrafi del dossier è dedicato alle donne. Cosa dicono invece i dati riguardanti le donne immigrate? Esse continuano ad essere più della metà degli stranieri residenti in Italia (52,6%), relegate per lo più a lavori di cura e assistenza familiare, continuano ad essere poco rappresentate nel mercato del lavoro. (A risultare occupata è più o meno della metà delle donne straniere in Italia). Altro dato che va a sfatare il pregiudizio per cui le donne sposerebbero uomini italiani per ottenere la cittadinanza, è quello dell’Istat che conferma che le cittadinanze ottenuta tramite matrimonio sono diminuite: dal 14% al 9%. Il calo che riguardante le donne poi è ancora più forte dal 25% al 16%. Possiamo riscontrare che il lavoro continua a rappresentare uno tra i principali ostacoli al loro inserimento. I permessi rilasciati nel 2015 per lavoro sono sempre meno: dal 14,5% al 6,8%. Spesso sono concentrate nel settore domestico assistenziale che non è stato influenzato dal ciclo economico negativo e vede su 100 addetti stranieri del settore una quota del 86,5% occupata dalle donne (93,8 tra le badanti). La più alta tenuta occupazionale, dunque, ha tutelato le donne dalla disoccupazione ma ne ha acuito la segregazione nelle posizioni lavorative meno qualificate, meno retribuite, più esposte a irregolarità contrattuale o a sottoccupazione: il 49,6% è sovraistruita rispetto al lavoro che svolge (a fronte del 22,1% tra le italiane); il 12,4% è sottoccupata (4,8% tra le italiane); la retribuzione media mensile ammonta a 822 euro (a fronte di 1.202 euro tra le italiane).Società e crisi economica, penalizzano dunque le immigrate, nonostante i dati mostrano una forte volontà di queste ultime a sfidare la crisi: il 23,3% delle 550mila imprese straniere è a conduzione femminile. Tra le aziende degli immigrati, quelle condotte da donne sono cresciute del 5,8% tra il 2014 e il 2015. Al contempo, le donne straniere intraprendono più spesso e con più successo la formazione universitaria: sono il 58,7% degli universitari stranieri e il 60,8% dei laureati stranieri. Infine, secondo l’Oim, le donne inviano nei paesi di origine più soldi degli uomini, contribuendo con le loro rimesse a sostenere i familiari rimasti a casa e l’economia dei paesi di partenza. 

Altro interessante paragrafo quello dedicato al supporto dato dall’immigrazione a livello demografico e previdenziale. Va sottolineato che da anni la popolazione in Italia è in diminuzione e questa tendenza peggiorerà, trovando parziale temperamento nei flussi degli immigrati. Quindi, a prescindere dai problemi operativi e finanziari che si stanno ponendo, con gli attuali flussi si sta già verificando ciò che per l’Italia si ritiene funzionale da un punto di vista demografico. La presenza degli immigrati è quanto mai positiva anche sotto l’aspetto previdenziale perché, specialmente per quanto riguarda le pensioni per invalidità, vecchiaia e superstiti, fornisce un copioso gettito contributivo (10,9 miliardi di euro nel 2015). Inoltre è interessante considerare che i non comunitari titolari di pensione Ivs (Invalidità, vecchiaia, superstiti) gravano solo per lo 0.3% sul totale delle pensioni. Benché l’aumento dei nuovi beneficiari sia consistente, il differenziale rispetto agli italiani sarà elevato ancora per molti anni e andrà a beneficio delle casse previdenziali. Un’altra obiezione, spesso ricorrente, stigmatizza il costo dell’accoglienza dei nuovi arrivati stranieri, senza riflettere sugli effetti positivi che ne possono derivare e sul fatto che si tratta di un’incidenza contenuta, pari allo 0,14%, sulla spesa pubblica nazionale complessiva (fonte: Ministero dell’Interno).

Proiezioni future. Tenuto conto che i flussi di migranti continueranno nella loro composizione mista (richiedenti asilo e lavoratori) e che, persisteranno le esigenze demografiche dell’Italia, è opportuno iniziare a considerare i nuovi venuti come possibili nuove leve da inserire nel mercato occupazionale, facendosi carico delle strategie formative e occupazionali più adeguate per inserirli nel mercato del lavoro, senza trascurare, con le dovute accortezze, il loro possibile apporto in termini di attività sociali, di volontariato e di servizio civile. A questo proposito il Fondo Monetario Internazionale sottolinea che l’accoglienza di rifugiati e immigrati, a determinate condizioni che ne prevedono l’integrazione e la partecipazione alla società ospitante, può contribuire alla ripresa economica, ma a tal fine serve una strategia di inserimento più aperta e non discriminatoria.

Un quadro decisamente “controcorrente” quello che emerge dal dossier, che merita di essere preso in considerazione. Leggendolo, si capirà che non è affatto scontato quanto diffusamente si dice in negativo sugli immigrati e sui rifugiati e che è necessario superare la sindrome dell’invasione che opera nell’ottica della mistificazione del fenomeno instillando paure infondate sulla sua pericolosità. Necessarie le risposte di una politica che valorizzi l’apporto dei migranti e che sappia strategicamente fare dell’integrazione lo strumento per una ripresa economica e culturale di tutto il paese.

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