7 Aprile 2016

Referendum sulle trivelle: “Guardare al futuro. Perché votare Sì”

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(Stefano Bozzolo, comitato Alex Langer Varese Possibile) – Il 17 aprile si vota sul nostro futuro energetico. Il referendum pone ai cittadini una domanda abbastanza semplice: “Volete che le concessioni di estrazione di idrocarburi entro le 12 miglia marine abbiano una scadenza oppure no?”. Potrebbe apparire una questione abbastanza marginale ma non lo è. Non voglio concentrarmi, almeno per ora, sul valore simbolico della decisione, ma parlare di dati.

Stefano Bozzolo, comitato Alex Langer Varese Possibile

Stefano Bozzolo, comitato Alex Langer Varese Possibile

Fabbisogno energeticoAnzitutto: di quanta energia stiamo parlando? Per il metano il 3% del fabbisogno nazionale mentre per il petrolio lo 0,8%. Pochissima. Ricordiamo che il consumo di gas naturale e petrolio nel nostro paese sono diminuiti rispettivamente di circa il 27% e il 33% tra il 2004 e il 2014, secondo i dati dell’Unione Petrolifera Italiana (non proprio dei fondamentalisti ambientalisti, insomma). Quindi non è vero, come dicono i sostenitori del No, che importeremo dall’estero il gas e il petrolio non estratti in Italia. Semplicemente perché non ne avremo bisogno.

Indipendenza energetica. L’apporto assolutamente marginale della produzione delle piattaforme oggetto del referendum, non incide se non limitissimamente sul fabbisogno, come abbiamo visto.

Posti di lavoro. Lo spauracchio usato dal comitato del NO è la perdita di posti di lavoro. Ma sono smentiti dai dati: secondo il Ministero dell’Ambiente i lavoratori impegnati direttamente sulle piattaforme sono 70. Non 10.000, 15.000, 100.000 come si va ripetendo da giorni. Settanta. Ora: è evidente che l’indotto aumenta tale numero, ma difficilmente si raggiungerà anche un decimo delle previsioni più timide. Inoltre, in caso di vittoria del Sì, il 18 aprile nessuno di questi impieghi andrà perso. Il referendum reintroduce il termine alle concessioni così come previsto dalla legge precedente: quindi per rimpiegare i primi lavoratori dovremo aspettare la fine del 2016, mentre gli ultimi andranno ricollocati entro il 2027, tra 11 anni. E come potremmo riqualificarli? Ad esempio alla produzione di energia solare. Secondo una studio dell’Università del Massachusetts a parità di energia prodotta il solare garantisce 3 volte i posti di lavoro del petrolio. Potremmo dire paradossalmente che chi difende le trivelle difende la disoccupazione.

consumi gas naturale in italia 2004-2014

Durata delle concessioni. La concessione è uno strumento di diritto amministrativo che permette ad un privato di utilizzare un bene pubblico. È una concessione quella degli stabilimenti balneari così come quella per l’estrazione di idrocarburi. Per semplificare potremmo dire che lo Stato fa un contratto per dare la concessione al privato, tenendo in considerazione l’interesse pubblico e prevedendo che il bene torni pubblico alla fine della concessione. È essenziale che essa abbia un termine: non solo perché lo prevede il diritto europeo (per inciso la legge attuale potrebbe essere “multata” dell’UE per infrazione della direttiva 2014/23/CE), ma per logica. Pensiamoci: se io affittassi la mia casa ad uno sconosciuto mentre sono in vacanza, ma non dicessi nel contratto che quando torno la devo riavere, rimarrei formalmente il proprietario ma non potrei più usarla. Il Governo ha fatto proprio questo: ha detto alle compagnie petrolifere di estrarre fino a quando vogliono. Ciò, oltre ad essere stupido, è decisamente illiberale perché privilegia chi detiene la concessione ora rispetto a tutti gli altri concorrenti.

Danni ambientali. L’argomentazione più assurda, tanto da diventare (quasi) divertente è che la chiusura delle piattaforme aumenterebbe il traffico di idrocarburi via mare. Anzitutto il 90% del gas importato in Italia viaggia attraverso gasdotti sulla terraferma (il più importante è quello del Brennero), metodo più sicuro rispetto al trasporto da piattaforma marina. Inoltre per quanto riguarda il petrolio possiamo semplicemente ricordare lo stabilimento di Tempa Rossa, del quale tanto si parla: questo petrolio sarà esportato tramite petroliere. Forse il comitato del NO impiegherebbe meglio il proprio tempo a contestare i lavori al porto di Taranto, che permetteranno a Total il carico dell’estratto destinato all’estero piuttosto che accampare scuse.

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Inquinamento. Sebbene non ci siano incidenti su piattaforme nel mar Adriatico da molto tempo, il problema dell’inquinamento esiste. Secondo i dati elaborati da Greenpeace c’è contaminazione ben oltre i limiti previsti dalla legge per almeno una sostanza chimica pericolosa nei tre quarti dei sedimenti marini vicini alle piattaforme analizzate (76% nel 2012, 73,5% nel 2013 e 79% nel 2014). Il Ministero dell’Ambiente, tra l’altro, non ha concesso l’accesso ai dati di circa 100 ulteriori piattaforme, delle quali non sappiamo niente.

Royalties. Il totale, ciò che le compagnie pagano in royalties per le piattaforme, è di 350 milioni di euro all’anno. Non si tratta di una cifra considerevole se pensiamo che diviso per abitante corrisponde a 5,03€ a testa. Nel caso vincesse il Sí rinunceremmo solo a un minima parte di questa cifra, dovendo “accontentarci” di 3,70€ a testa. A proposito: quest’anno i nostri 5€ sono già stati spesi dal Governo quando ha deciso di buttare 300.000.000 di euro non accorpando il referendum alle elezioni amministrative, nel tentativo di farlo fallire.

Il referendum del 17 aprile quindi rappresenta anzitutto la possibilità di imboccare una nuova strada per la politica energetica italiana. La direzione da prendere è chiara: più rinnovabili e graduale abbandono delle fonti fossili. Non solo perché è razionale, ma perché è conveniente. Solo nell’ultima settimana le notizie dal lato fossile sono state la rottura di un oleodotto nel canale di Sicilia, lo sversamento di petrolio nella Loira, il risarcimento di 20 miliardi di dollari per il disastro della British Petroleum nel golfo del Messico e le indebite pressioni della lobby del petrolio su Governo Italiano.

La Tesla Model 3

La Tesla Model 3

Dell’altro la Tesla, presentando la nuova auto elettrica Model 3, ha registrato 276.000 prenotazioni in 3 giorni (con esborso immediato di 1000 dollari praticamente “a scatola chiusa”), il National Renewable Energy Laboratory (il principale laboratorio nazionale del Dipartimento dell’Energia del governo degli USA) ha verificato che installando pannelli solari sui tetti degli edifici adatti si raggiungerebbe il 40% del fabbisogno elettrico con punte del 74% in California e l’Università di Copenaghen ha scoperto un modo di utilizzare la luce solare per distruggere la biomassa, permettendo la produzione di biocarburanti e sostanze chimiche per materie plastiche in modo rapido e pulito.

Votare Sì vuol dire iniziare ad abbandonare tecnologie obsolete e pericolose a favore di vero sviluppo che guardi razionalmente al futuro senza inutili nostalgie.

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