19 Febbraio 2015

Eutanasia, in Olanda il 33% dei medici direbbe sì a pazienti dementi o “stanchi di vivere”

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Circa un medico olandese su 3 prenderebbe in considerazione una richiesta di suicidio assistito da persone con demenza a uno stadio iniziale, con malattie mentali o “stanche di vivere” per una grave patologia. E sarebbe pronto ad aiutarle a morire. E’ la rivelazione choc che emerge da un mini sondaggio pubblicato online sul “Journal of Medical Ethics”.

(fanpage.it)

(fanpage.it)

Il sondaggio tra i mrdici olandesi sull’eutanasia. Un team di ricercatori ha selezionato in modo casuale 2.500 fra medici di famiglia e specialisti in assistenza agli anziani, cardiologia, medicina respiratoria, terapia intensiva, neurologia e medicina interna, tra ottobre 2011 e giugno 2012. Tra coloro che hanno completato il questionario (1.456 camici con un tasso di risposta del 64%), circa 3 su 4 (77%) – dato che per i medici di famiglia sale a più di 9 su 10 – avevano ricevuto da qualche paziente una richiesta di aiuto in questo senso. Un “Sos” che verrebbe preso in considerazione dalla maggior parte dei medici (86%), a fronte di un 14% che lo esclude a priori. Il 33% considererebbe una richiesta di eutanasia da parte di persone con con demenza a uno stadio iniziale, con malattie mentali o “stanche di vivere” per una grave patologia.

Tutti i dati nel dettaglio della ricerca. Nel dettaglio l’apertura dei camici bianchi verso l’eutanasia o il suicidio assistito varia a seconda della condizione dei pazienti: la maggior parte prenderebbe in considerazione la richiesta di un malato di cancro (85%) o altre malattie fisiche (82%). Ma più di un terzo (34%) anche quella di una persona con malattia mentale. Ancora: 4 su 10 sarebbero disposti ad aiutare a morire chi si trova a uno stadio iniziale di demenza, ma solo uno su 3 lo farebbe in caso di demenza in fase avanzata, seppur in presenza di una direttiva anticipata. C’è anche un 27% di camici (oltre 1 su 4) che si dice disponibile ad assecondare richieste che provengono da persone stanche di vivere in presenza di una condizione medica grave. Percentuale che scende al 18% (meno di 1 su 5) in assenza di motivi sanitari a supporto della sofferenza espressa. Se si sposta il focus dalle dichiarazioni di intenti alla pratica i numeri ovviamente scendono, anche se il 7% dei medici intervistati ammette di aver davvero aiutato una persona non affetta né da cancro né da altra malattia fisica grave a morire. Più della metà (56%) dei camici lo ha fatto per pazienti oncologici e circa un terzo (31%) ha assistito nell’addio alla vita persone affette da un’altra malattia fisica.

“Ogni camice bianco – commenta in un blog collegato l’autore principale della survey, Eva Bolt dell’Emgo Institute for Health and Care Research di Amsterdam (Vu University Medical Center) – ha bisogno di modellare il proprio punto di vista sull’eutanasia, sulla base di confini legali e valori personali. Consiglieremmo alle persone con questo desiderio di discuterne in tempo con il proprio dottore, mentre ai medici suggeriamo di essere chiari su loro punto di vista al riguardo”.

Il parere di Carlo Troilo, consigliere generale dell’Associazione Coscioni. Con il sondaggio sui medici olandesi, commenta Carlo Troilo, consigliere generale dell’Associazione Coscioni, “si infrange il tabù della eutanasia per i malati di Alzheimer. Per la prima volta c’è una conferma ‘ufficiale’ a una tesi contenuta nel mio libro ‘Liberi di morire’, pubblicato a marzo 2012. In un capitolo intitolato ‘Il flagello dell’Azheimer’ sostenevo che nel testamento biologico (quando in Italia sarà legale) si dovrà poter indicare, ora per allora, anche la volontà di ottenere l’eutanasia in caso di Alzheimer. Una proposta che molti amici, anche radicali, definirono ‘una fuga in avanti'”.

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