8 Ottobre 2014

I Corpi Estranei e la forza coesiva del dolore

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Ieri sera, prima di imbattermi in una delle avvincenti puntate di House of Cards, imperdibile serie tv americana, ho riguardato I Corpi Estranei, ultimo film del regista milanese Mirko Locatelli. Esattamente come la prima volta, l’ho trovato terribilmente splendido. Non me ne voglia la tanto discussa critica, che ha sicuramente ben più “cognizione di causa” nel recensire film di ogni genere e tipo ma questa, credo sia stata, una di quelle opere tutto sommato sottovalutate lo scorso anno. Dovrebbero vederla tutti, grandi e piccini e il mondo della distribuzione sarebbe ora cambiasse rotta, smettendola di non puntare sugli “indipendenti”.

"I corpi estranei", foto di scena di Elda Lo Cascio

“I corpi estranei”, foto di scena di Elda Lo Cascio

Il film, dalla sceneggiatura asciutta ma efficace, si regge quasi completamente sull’interpretazione di Filippo Timi, uomo duro ma fragile e smarrito, in una grigia Milano non sua, ad affrontare la malattia del suo bambino, malattia chiamata cancro. Perché le cose vanno chiamate per nome. La vita di quest’uomo, s’intreccia con quella di un ragazzino nord africano, nello stesso ospedale di Timi, per accudire un amico anch’esso ricoverato in oncologia pediatrica. Due mondi completamente diversi, quelli dei due protagonisti, che s’incontrano con fatica nell’esperienza del dolore. Poche ora prima, ascoltando causalmente Il futuro dei Baustelle, colonna sonora del film di Locatelli, mi chiedevo, riflettendo sulla precarietà della vita, cosa accomunasse veramente gli esseri umani in un mondo così pieno di sfaccettature, di intolleranze, egoismi.

"I corpi estranei", foto di scena di Elda Lo Cascio

“I corpi estranei”, foto di scena di Elda Lo Cascio

I Corpi Estranei, mi ha ricordato quanto possa essere potentemente coesiva l’esperienza del dolore. Per quanto sia la più difficile da affrontare, quest’ultima, mette a nudo le “anime” rendendole a volte migliori, altre invece peggiori. Ma quando le rende migliori, esse s’incontrano, si parlano e si riconoscono. Nulla riesce a spogliare un essere umano dai preconcetti, dalle convinzioni accumulate negli anni, quanto l’avventura del dolore e il cancro, la malattia, rientrano sicuramente in una delle più disumane esperienze umanizzanti che si possano affrontare. Locatelli racconta anche questo, sicuramente lo ricorda a me, nella speranza che l’umanità, nella vita delle persone, possa prendere il sopravvento senza essere sollecitata da un boccone così difficile da digerire.

 

 

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