19 Aprile 2014

Sciagura sull’Everest: morti almeno 12 sherpa, la peggior tragedia per la montagna

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La vetta dell’Everest ha conosciuto la loro più tragica sciagura. Almeno 12 sherpa sono morti dopo essere stati travolti da una valanga a 6.200 metri di altitudine, mentre erano impegnati nelle operazioni di preparazione delle vie di salita alla vetta in vista dell’inizio della stagione delle ascese, a fine mese.

Una coda per la salta sulla vetta dell'Everest (montagna.tv)

Una coda per la salta sulla vetta dell’Everest (montagna.tv)

I corpi recuperati sono 12, ma i soccorritori dicono che in realtà il bilancio è di almeno 15 persone decedute, perché tre cadaveri sono stati già avvistati ma non è stato possibile recuperarli. Ci sarebbe inoltre un altro disperso, mentre i feriti sono tre. Il bilancio di 12 morti è stato fornito dal ministro nepalese per il Turismo, Mohan Krishna Sapkota, sulla base dei cadaveri recuperati. Secondo Elizabeth Hawley, considerata la massima esperta mondiale di alpinismo nell’Hymalaya, si tratta del peggiore incidente di sempre sul cosiddetto tetto del mondo, 8.848 metri.

Il precedente primato negativo risaliva al 1996, quando persero la vita otto persone appartenenti a due spedizioni diverse: vicenda immortalata dall’alpinista-scalatore americano Jon Krakauer nel celebre resoconto intitolato “Aria sottile”, pubblicato l’anno dopo. Analoga la sciagura avvenuta nel settembre 2012 ma su un’altra montagna della catena asiatica, il Manaslu: i morti allora furono undici, tra cui nove europei.

Dalla conquista del picco più elevato del pianeta nel 1953, a opera del neozelandese sir Edmund Hillary e del nepalese Tenzin Norgay, la vittime dell’Everest ammontano a oltre trecento. La tragedia è avvenuta in una zona chiamata il “campo di popcorn”, lungo il percorso che conduce all’insidioso ghiacciaio del Khumbu: gli sherpa stavano dirigendosi a un campo in quota per piantarvi alcune tende, e si erano uniti a un gruppo di turisti stranieri per acclimatarsi. In quell’area, denominata “zona morta, ha spiegato la Hawley, “la quantità di ossigeno nell’aria non è sufficiente a sostenere alcuna forma di vita. La stagione delle scalate primaverili è cominciata ufficialmente a marzo, anche se i primi scalatori sono entrati in attività all’inizio di aprile. Quegli sherpa “erano molto forti ed erano esperti scalatori. E’ un disastro naturale, nessuno avrebbe potuto farci niente”, ha dichiarato da Kathmandu il capo del gruppo, Ishwari Paudel.

Una 22enne guida nepalese sopravvissuta al disastro, Dawa Tashi Sherpa, ha diverse costole fratturate e le scapole rotte. “Non so come sia riuscito a sopravvivere”, ha detto dal suo letto del Kathmandu’s Grande International Hospital. “Sono l’uomo vivo più fortunato”, ha detto sotto lo sguardo della moglie incinta di cinque mesi e del suo primogenito. “La valanga è spuntata dal nulla. Questo enorme blocco di ghiaccio caduto dall’alto è arrivato giusto sopra di noi. Ho tentato di scappare ma non ho fatto in tempo, mi sono trovato intrappolato. Nonostante questo sono riuscito a respirare. Ero cosciente nonostante la terribile ipotermia”. E’ stato trovato in tempo dai soccorritori e trasportato in elicottero in ospedale.

(agi.it)

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