Luino | 7 Ottobre 2021

Dall’Australia al Varesotto per crescere come ciclista: intervista a Michael Storer

Il 24enne del Team DSM ci ha raccontato le sue prime vittorie da professionista arrivate quest’anno, dove ama allenarsi qui sul territorio e gli obiettivi per il 2022

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L’Australia e l’alto Varesotto non potrebbero essere due mondi più lontani, agli antipodi l’uno dell’altro geograficamente parlando (e non solo). Eppure, per certi versi, sono anche legati grazie, per esempio, allo sport: proprio a Gavirate, infatti, ha sede l’AIS European Training Centre, ovvero la “casa lontano da casa” europea dell’Australian Institute of Sports dove vengono ospitati atleti di varie discipline che gareggiano prevalentemente nel continente europeo.

Fra loro sono molti i ciclisti professionisti, sia del movimento maschile sia di quello femminile, che hanno trascorso diversi anni nel paese sulla sponda del lago di Varese, eleggendo le strade e le salite del territorio a luogo privilegiato per i propri allenamenti – senza risparmiare qualche capatina oltreconfine, in Svizzera, o sull’altra sponda del Verbano. Alcuni di loro hanno poi deciso di trasferirsi altrove, in particolare in Spagna, mentre altri conservano ancora l’alto Varesotto come base dove trascorrere gli intervalli fra una competizione e l’altra.

Tra essi c’è Michael Storer, 24enne originario di Perth che corre nelle fila del Team DSM, squadra della categoria World Tour nella quale milita da alcuni anni. Dopo un periodo trascorso al centro sportivo di Gavirate, il giovane australiano ha scelto di andare a vivere a Varese, da dove parte per allenarsi su percorsi di vario genere che spesso lo portano ad attraversare anche il centro di Luino, dove lo abbiamo incontrato qualche giorno fa per una chiacchierata.

Quella che sta per concludersi, per Storer, è una stagione che lo ha visto finalmente protagonista anche ad alti livelli con le prime vittorie da professionista arrivate al Tour de l’Ain – terza e ultima frazione sul Monte Jura e classifica generale – e, soprattutto, alla Vuelta a España dove, oltre a due splendide vittorie di tappa, è riuscito a concludere la corsa indossando la maglia di miglior scalatore: “La prima vittoria alla Vuelta è stata incredibile: dopo aver vinto il Tour de l’Ain volevo vincere una tappa in un Grand Tour, ma non sapevo se questo sarebbe avvenuto quest’anno o fra due o tre anni – ci racconta – Pensavo che ci sarebbe voluto molto più tempo per farcela, invece ci sono riuscito subito e ne sono davvero felice”.

E sono realmente due successi speciali quelli in terra spagnola, ancora di più perché ottenuti entrambi in solitaria, dunque contando unicamente sulle proprie forze, così come speciale è stato arrivare a Santiago di Compostela con la maglia bianca a pois blu di leader della classifica dei gran premi della montagna: entrare nelle fughe giuste per guadagnare i punti necessari – “ero lì ogni volta” – e l’importante lavoro di squadra per far sì che la maglia restasse “in casa” (prima di lui era sulle spalle del compagno di squadra Romain Bardet) hanno così permesso al corridore australiano di ottenere un risultato in grado di mettere in luce le sue potenzialità, rimaste finora un po’ inespresse dopo tanti ottimi acuti dimostrati nelle categorie giovanili.

Aveva 11-12 anni, Michael Storer, quando ha iniziato ad andare in bici “un po’ per caso”, seguendo il fratello: “All’inizio mi divertivo a pedalare e basta, poi ho iniziato ad allenarmi sempre di più e a 17-18 anni ho iniziato a pensare alla possibilità di diventare un professionista”. Poi l’approdo in Italia, a Gavirate, intorno ai 19 anni: “È difficile passare professionista restando in Australia. Ci sono delle competizioni a livello nazionale, certo, ma non è la stessa cosa”, ammette, dicendosi contento delle molteplici opportunità che il trasferimento nel Vecchio continente ha saputo offrirgli per la sua carriera ciclistica.

Da scalatore qual è, dell’alto Varesotto Storer apprezza specialmente le salite. Fra le mete più gettonate, da lui come da tantissimi suoi colleghi, c’è l’alpe di Neggia, poco oltre il confine elvetico, ma la sua salita preferita è quella che da Ghirla porta a Marzio: “Mi piace anche il Cuvignone, ma prediligo quella: è molto tranquilla e non c’è traffico”. Un tasto dolente, quello della sicurezza sulle strade: “È un po’ pericoloso in Italia”, ammette il 24enne, “qualche volta gli automobilisti ci passano troppo vicino” invece di lasciare quel metro e mezzo di distanza che garantirebbe a chi pedala di sentirsi al sicuro e rispettato.

A 2021 quasi concluso, quindi, il bilancio del giovane australiano può definirsi positivo, soprattutto per quanto riguarda la seconda parte della stagione, punteggiata dalle sue vittorie: “Nella prima metà ho affrontato il Giro d’Italia lavorando per Bardet, ed è andata bene anche in questo caso. Purtroppo sono stato un po’ sfortunato perché ero in forma, ma non sono riuscito a emergere in corsa. Alla Volta Ciclista a Catalunya ho contratto il Covid-19 e sono stato male per una decina di giorni. Mi sentivo stanco e ho perso dei giorni di allenamento, quindi la preparazione per il Giro non è stata perfetta”.

Niente Tre Valli Varesine per quest’anno, dopo averne corse già due, e dunque le ultime competizioni in maglia DSM saranno la Milano-Torino e il Lombardia, in programma rispettivamente ieri, mercoledì 6, e sabato 9 ottobre. Poi, dal 1 gennaio 2022, Storer cambierà squadra sbarcando alla corte francese di Marc Madiot, alla Groupama-FDJ: “Il mio obiettivo – spiega il corridore – è quello di vincere ancora più gare: andare quindi a caccia di tappe e capire se posso davvero ambire alle classifiche generali”.

Un viaggio in Australia, per il momento, appare fuori discussione, non solo per le difficoltà delle restrizioni imposte dal Paese per contenere la diffusione della pandemia ma anche perché “c’è tanto da fare” in previsione del prossimo anno. Se resterà a Varese, Storer ancora non lo sa con certezza, ma la speranza c’è: segno che il legame instaurato con questo piccolo angolo di Lombardia, e di Italia, è diventato davvero forte.

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