Porto Ceresio | 31 Maggio 2020

Il ritorno in sella dopo il lockdown e l’amore per la provincia, intervista a Luca Chirico

L’atleta di Porto Ceresio si racconta: gli allenamenti sui rulli, la quarantena, l'attesa per le nuove gare e il forte attaccamento al territorio in cui è cresciuto

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Da Luigi Ganna e Alfredo Binda fino ai giorni nostri, sono stati tanti gli atleti che hanno fatto del Varesotto un territorio che ha dato e può dare ancora tanto a uno sport come il ciclismo.

Tra di essi c’è anche Luca Chirico, ventisettenne di Porto Ceresio in forze all’Androni Giocattoli – Sidermec, squadra campione d’Italia 2019 guidata da Gianni Savio, team manager dotato di una grande capacità nello scovare corridori dal grande talento tra i quali il giovanissimo Egan Bernal (vincitore dello scorso Tour de France).

Fisico asciutto da scalatore e un anno di pausa dal professionismo trascorso senza aver mai smesso di allenarsi sulle strade di casa, Chirico, così come i suoi colleghi, non aspetta altro che la ripresa della stagione ciclistica dopo lo stop imposto dalla diffusione del coronavirus.

Lo abbiamo intervistato pochi giorni fa, nella pausa durante una sessione di allenamento che l’ha condotto fino a Luino:

– Come è stato il ritorno su strada dopo la quarantena? Che differenza c’è tra questo tipo di allenamento e quello con i rulli?

È stata dura ricominciare. Vengo da due mesi buoni trascorsi sul balcone con i rulli, pedalavo prendendo il sole, con la fascia del cardio praticamente tatuata addosso. Tornare su strada è tutto un altro vivere. Anche se devo dire che ho imparato ad apprezzare i rulli: all’inizio non credevo. Sono duri, è vero, ma l’allenamento è più intenso, anche se la quantità di ore è minore. Facevo giusto un’ora e mezzo al mattino e un’ora e mezzo al pomeriggio, il che equivale a tre ore “classiche”. Per certi versi è un metodo migliore perché si possono seguire con la massima precisione i vari lavori caricati sulla piattaforma, ma non dà per niente la stessa emozione che dà pedalare su strada.

– Come hai trascorso la quarantena?

Quando hanno chiuso tutto ero in altura, sono rientrato da Sestriere a fine marzo. Ho trascorso le settimane a casa leggendo libri e guardando qualche serie su Netflix, oltre ovviamente alle sessioni di allenamento. Mi sono anche creato una mini-palestra in casa, arrangiandomi come potevo. Ho anche cucinato tanto, come tutti, ma è una cosa che mi è sempre piaciuto fare, non è una novità del momento. Confesso, però, che la pizza l’ho preparata solo una volta!

– Sai già qual è il tuo programma per la stagione, quando partirà?

Ho sentito la squadra, stanno mettendo giù il calendario. La stagione dovrebbe ripartire a fine luglio. Non ho ancora la mia tabella personale, ma a giorni dovrei saperne di più. L’importante, sinceramente, è tornare a correre. Qualsiasi corsa si disputi ciò che conta è ricominciare a gareggiare, per noi corridori ma anche per tutti gli sponsor, altrimenti sarebbe un suicidio per tutto il mondo del ciclismo. La speranza, chiaramente, è correre il Giro d’Italia. A ottobre sarà sicuramente un’esperienza particolare, tra le condizioni meteo e le giornate più corte rispetto a maggio. Chissà se la neve sullo Stelvio la troveremo lo stesso…

– Parliamo un po’ di territorio, adesso: quali sono i tuoi percorsi preferiti?

Il gruppo con cui esco solitamente (tra cui ci sono Vincenzo Nibali, Diego Ulissi, Fabio Aru, ndr) è tutto oltreconfine, a Lugano. Devo però ammettere che, in queste settimane in cui sono uscito qua, ho ricominciato ad apprezzare la provincia. Io sono cresciuto qui, in provincia, e mi sono sempre allenato nelle zone del Brinzio e di Ardena. Pochi giorni fa ho scoperto un posto a due passi da casa che non avevo mai affrontato, il San Michele. Ho fatto un bel pieno di salite tra quello, il Cuvignone, il Sette Termini e il Campo dei Fiori. Se si conoscono bene le strade, da queste parti si è veramente “fuori”. Non è come quando organizziamo i giri andando verso Como: lì è davvero molto trafficato. In queste zone invece ci sono strade belle e tranquille che sto riscoprendo con piacere. Con Fabio (Aru, ndr) ogni tanto scendiamo dal valico di Zenna e ci capita di fermarci anche qui a Luino per una pausa caffè.

– A livello di sicurezza stradale come ti trovi? Ci sono differenze con il Ticino?

In Ticino sono molto sensibili ai ciclisti, abbiamo sempre la nostra corsia larga circa un metro e mezzo, riservata solamente a noi. Qua in Italia c’è un po’ meno rispetto, non siamo sensibili allo stesso modo. Anche se devo dire che nell’Alto Varesotto il traffico è meno intenso e la situazione appare più tranquilla rispetto ad altre zone.

– Però gli insulti, soprattutto sui social, non mancano…

Quelli che ci insultano ci sono sempre, ma noi ciclisti siamo per la maggior parte un “popolo pacato”. E poi, alla fine, quelli che ci prendono a male parole sono solo una piccola parte. Più che altro chi ci invita ad utilizzare le ciclabili non sa che per noi è praticamente impossibile farlo, a meno che non siano esclusivamente riservate a noi. Serve una sensibilizzazione maggiore verso chi fa uso della bicicletta, ma il rispetto deve essere reciproco, da entrambe le parti. Non possiamo solo pretendere. Ultimamente, comunque, sembra che qualcosa inizi a cambiare in meglio: i negozi di bici sono sopraffatti dagli ordini perché tanti vogliono acquistarne una. Speriamo sia un buon segno!

– Cosa ti piace fare nel tempo libero “extra bici”? Hai dei posti del cuore?

Sono una di quelle persone a cui la troppa confusione dà fastidio. Chiaramente amo molto Porto Ceresio, casa mia, sul lago. Molto spesso porto con me il mio cane e vado in montagna, nei boschi, in solitaria. Mi piace sentire il suono delle foglie che si muovono, del cane che corre. Essendo cresciuto in un posto dove il verde la fa da padrone, se proprio devo scegliere, preferisco la natura, l’aria aperta, la tranquillità. E la provincia offre davvero tante belle possibilità da questo punto di vista!

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