Varese | 10 Maggio 2020

Terra di leggende il Regno delle Bocce, Ernesto e la Petanque

Il racconto di una partita memorabile all'Isola di Caprera, in Sardegna, dove un francese di mezza età, in un'incredibile rimonta, sconfisse il nostro Ernesto

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(articolo di Roberto Bramani Araldi) Una regola assoluta che non poteva mai, assolutamente mai, essere trascurata dagli amici era quella d’incominciare a parlate di bocce con l’Ernesto.

La sua passione per questo sport, che praticava da anni con risultati non molto esaltanti, lo coinvolgeva a tal punto che, allorché qualcuno inavvertitamente toccava l’argomento, anche di sguincio, lui partiva a raccontare di questa o di quella azione che aveva avuto un esito più o meno positivo – dipendeva dal riferimento casuale offerto come un’esca allettante – e subito partiva una descrizione di dettaglio, con spiegazioni accurate, particolareggiate all’estremo, quasi si trattasse dello spiegamento delle forze di un esercito prima della battaglia decisiva.

Qui ci stava la cavalleria – pardon la boccia dell’avversario -, qui stava posizionandosi la batteria dei cannoni – ripardon il tiro del bocciatore -, dall’altra parte era iniziata la manovra d’aggiramento – la boccia era stata colpita, ma il boccino era stato casualmente trascinato sul fondo, accanto, il maledetto, alla boccia dell’avversario -, infine la bordata dell’artiglieria era andata lontana dalle nostre linee – avevamo fatto il punto al fondo e gli avversari avevano sbagliato entrambe le bocciate.

Insomma il racconto della partita nei minimi particolari poteva durare anche dieci minuti! Al di là di questa non trascurabile abitudine l’Ernesto era simpatico: un giovialone sempre pronto alla battuta, con un sorriso accattivante perennemente dipinto sulle labbra, non per un vezzo studiato, no affatto, semplicemente gli veniva spontaneo esternare la sua gioia di vivere e di coinvolgere con esuberanza gli altri nella sua filosofia di vita.

Il mese d’agosto le bocce erano accantonate per dedicare il periodo di ferie ad un viaggio, sacro quanto e forse maggiormente delle bocce, così quell’anno decise per una “botta di vita”, di andare in vacanza all’isola di Caprera nel locale Club Mediterranée. Era la prima volta che sbarcava in Sardegna, figurarsi a Caprera che, quando arrivò a scorgerla, ebbe l’impudenza di presentarsi con un cielo terso come forse mai gli era capitato d’imbattersi e un mare, un mare, semplicemente incredibile!

Non aveva visto, neppure con la più sfrenata fantasia, acque così intensamente blu, ancora più degne di ammirazione per le piccole creste candide e spumeggianti delle onde generate da una brezza energica, forse appositamente sollevatasi per rendere ancora più fonte d’ammirazione il panorama dinanzi a lui. Il Club, poi, una scoperta continua: cibi raffinati senza limiti, così come le bevande, e gli sport, tanti, tantissimi. Tornei per ogni disciplina: dalla scontata vela, al tennis, al ping-pong, al ciclismo, fino alle amate, amatissime bocce.

Ma qui alt. Non la raffa con i campi ben delimitati, ma la petanque, dato che il Club, di estrazione francese, non poteva che privilegiare questa branca, anche per la logica ragione che la petanque non avrebbe avuto bisogno di strutture, ma solo di una zona libera dove gettare il pallino e le successive tre piccole bocce metalliche.

All’Ernesto non sembrava vero di potersi lanciare in un’altra avventura agonistica, seppure diversa rispetto al solito: ma sempre di bocce si trattava! S’iscrisse subito alla prima gara programmata. Sorteggio libero: chi capita, capita. A lui capitò un francese di mezza età.

Ernesto lo guardò con un misto di curiosità e di commiserazione, pensò che il poveretto era stato sfortunato a pescare lui, dato che solo poche settimane prima aveva raggiunto il suo miglior risultato di sempre, conquistando il secondo posto in una gara a 512 giocatori, che gli avrebbe consentito, fra l’altro, di essere promosso alla categoria B.

Sorteggio del pallino: lo vince l’Ernesto che, visto un leggero spiazzo in mezzo ai pini marittimi e alle pietre che in Sardegna non mancano mai, lo lanciò in quella zona. Prima mano e due punti. Nuovo lancio più o meno sul medesimo terreno: altri due punti. Terza mano, stessa storia, altri tre punti: 7-0. Ernesto, come detto, era un bonaccione, in quel momento gli sembrò di essere Maramaldo alla battaglia di Gavinana: “Vile tu uccidi un uomo morto!”, gli spiaceva che il tapino venisse così massacrato e decise di fargli fare il punto della bandiera 7 a 1. Il francese, accigliato e serissimo, prese il pallino e, potendolo fare in quella competizione, si spostò in una zona irta di sassi e in leggera discesa, e lì lo buttò: altro punto. E’ necessario spiegare come finì? 8 a 7 per il francese e sonora eliminazione.

Sembra che il cielo, il mare, i profumi di Caprera, le escursioni, i cibi, i vini e tutti gli sport fossero diventati di colpo indigesti all’Ernesto, che non solo evitò di raccontare la disavventura, ma sembra che, addirittura, al solo nominare la petanque avesse un moto di stizza e preferisse parlare d’altro, magari del servizio militare sostenuto nel corpo degli artiglieri, dove non aveva mai sparato un colpo, malgrado avesse un’ottima mira … Sì, perché dovete sapere che nelle esercitazioni lo schieramento del “nemico” era studiato in modo tale da porlo fuori della portata dei cannoni, ma poi se si aggiustava il tiro.

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