Luino | 8 Marzo 2020

Luino, il ricordo di don Piero Folli nel 72esimo anniversario della scomparsa

L'ANPI Luino lo ricorda anche in assenza della consueta cerimonia ufficiale per le recenti disposizioni governative a causa dell'Emergenza Coronavirus

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Spesso nei periodici incontri organizzati dall’A.N.P.I. per far conoscere la storia del nostro territorio agli studenti delle scuole ricorre la domanda: «Chi era don Piero Folli?». Alcuni ricordano il nome della via a lui intitolata lungo la sponda destra del Tresa, altri brancolano nel buio.

Eppure don Piero Folli è stato un uomo che ha avuto un ruolo fondamentale nel periodo più drammatico della nostra storia recente. Protagonista e vittima. La sua vicenda terrena si gioca soprattutto a Voldomino, ma nulla nasce dal nulla. Alle sue spalle c’è un passato di militanza al servizio degli ultimi nello spirito più genuino delle beatitudini evangeliche.

Don Folli è stato un sacerdote antifascista, proprio perché il regime negava ogni forma di libertà. Nel 1938 era stata inoltre emanata la più ferrea legge razzista contro gli Ebrei, perseguitati e deportati nei campi di sterminio, secondo il folle disegno di Hitler, che si era comunque ispirato all’ideologia fascista per creare uno dei più crudeli sistemi oppressivi che la storia conosce.

I primi anni del suo Ministero. Don Folli nasce a Premeno (Verbania) il 18 settembre 1881. In seminario si schiera con gli operai nelle battaglie del 1898. Diventa sacerdote il 28 maggio 1904. Coadiutore a Vendrogno, poi a Cislago, il suo impegno e la sua attenzione per gli altri lo portano a fondare scuole serali, a tenere conferenze agrarie, a svolgere attività di assistente della Lega del lavoro e a partecipare in prima persona agli scioperi delle filande. Diventa anche corrispondente per i giornali Il lavoro e Tribuna sociale. Nel 1909, a 28 anni, viene trasferito a Tradate dove svolge la sua missione all’interno dell’Azione cattolica. Vi fonda una «Lega del lavoro», per fornire agli operai cattolici adeguati strumenti contro la diffusione della dottrina socialista, e crea la «Giovane Tradate» per riunire i giovani del paese.

Il suo impegno politico. Politicamente segue le idee moderniste di Romolo Murri (impegno religioso nel mondo del lavoro) e per questo avrà qualche problema con la Curia milanese. Nel 1915, in piena guerra mondiale, è parroco a Carnisio (frazione di Cocqio-Trevisago). Ancora accanto al popolo, promuove la nascita di uno stabilimento per la riparazione delle divise militari, che rappresenterà per il paese un’opportunità di lavoro. A fine guerra riconverte la fabbrica nella produzione di biancheria femminile.

L’avvento del fascismo. Con l’avvento del fascismo, don Piero viene schedato, subisce l’umiliazione dell’olio di ricino e delle bastonate. È anche accusato da molti di essere troppo vicino alle idee moderniste e per questo motivo viene nuovamente trasferito. Destinazione Voldomino, che gode fama di essere un paese di sovversivi anticlericali. Vi giunge nel luglio del 1923, e subito si scontra con le autorità fasciste durante l’ inaugurazione della fermata del tram. «La religione – diceva – non può essere sgabello alla politica» E se ne va seguito dai parrocchiani. Sconcerto fra le autorità fasciste. Si scontra nuovamente con i fascisti soprattutto nel dicembre del 1923 in difesa dei voldominesi arrestati.

La sua attività pastorale. A Voldomino, durante il ventennio, si prende cura in particolar modo dei giovani. Mette in piedi con grande successo una squadra di ginnastica, l’«Aurora», e fonda una filodrammatica, una biblioteca, una scuola del lavoro e la Schola Cantorum.

Dopo l’8 settembre 1943. Subito dopo l’8 settembre 1943, Don Folli entra in contatto con il Comitato di Liberazione Nazionale. La sua generosità non riguarda solo i partigiani, ma si estende anche ai prigionieri alleati, ai perseguitati politici e agli Ebrei. L’oratorio di Voldomino è sempre aperto ai fuggiaschi che Don Folli ospita personalmente, rifocilla e aiuta a espatriare in Svizzera

L’arresto. Il 3 dicembre 1943 una spedizione punitiva arriva alla sua canonica. Dopo l’arresto, Don Folli viene incarcerato a San Vittore per tre mesi. Subisce torture e violenze senza mai rivelare i nomi dei suoi collaboratori. Viene liberato grazie all’intervento del Cardinale Schuster, ma confinato a Cesano Boscone.

Terminata la guerra torna a Voldomino, il suo fisico però è duramente provato. Brilla ancora nei suoi occhi l’antico ardore, ma l’8 marzo 1948, il suo percorso terreno ha termine. Lascia dietro di sé un grande rimpianto tra la sua gente che ha servito e amato nei lunghi anni del suo ministero pastorale.

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