Luino | 26 Gennaio 2019

L’ANPI Luino in prima fila per celebrare la “Giornata della Memoria”

La sezione luinese continua l'attività di ricerca, importante per non dimenticare. Al lavoro per ricordare Rino Maccagnini, il falegname Toletti e Peppino Candiani

Tempo medio di lettura: 4 minuti

(Giovanni Petrotta) Ormai dal 2001 l’ANPI di Luino si mobilita per onorare la “Giornata della Memoria”, con iniziative pubbliche rivolte ai cittadini ed agli studenti delle scuole luinesi. In particolare, l’ANPI Luino coglie l’occasione per ricordare a tutti la disumanità, la violenza e l’aggressività del nazifascismo di Hitler e Mussolini, che trascinarono il mondo nella seconda guerra mondiale con un tragico bilancio di distruzioni e più di 60 milioni di morti.

“Nella ‘Giornata della Memoria’ – spiegano dall’ANPI – ricordiamo la follia delle leggi razziali naziste e fasciste, le persecuzioni di ebrei, di antifascisti, di omosessuali e di zingari, molti dei quali troveranno orribile morte nei lager nazisti. Anche a Luino abbiamo cercato di ricordare coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita, hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati ( Art. 1 della legge sulla istituzione della Giornata della Memoria)”.

“Lo abbiamo fatto più volte ricordando le figure di Don Folli, della famiglia Baggiolini-Garibaldi, dell’ingegner Bacciagaluppi, del fabbro Secondo Sassi e di altri. Attualmente, sempre come Anpi, stiamo raccogliendo notizie, che in seguito renderemo note, su due antifascisti voldominesi. Durante la guerra, infatti, hanno rischiato molto per portare in salvo in Svizzera, ebrei e perseguitati politici”.

“Si tratta dell’ex poliziotto ferroviario Rino Maccagnini, che in treno proteggeva gli ebrei e poi li consegnava ad altri, e del falegname Toletti, che nascose nella sua casa per alcuni giorni una donna ebrea e sua figlia per poi accompagnarle in Svizzera. Quest’anno vogliamo, inoltre, ricordare la figura di Peppino Candiani, ucciso, nella notte tra il 5 e il 6 maggio 1944, sul fiume Tresa mentre cercava di accompagnare in Svizzera un gruppo di ebrei e di perseguitati politici.
E lo facciamo riportando due documenti”.

Il primo è della sezione Anpi di Crescenzago, zona 2, Milano. Il secondo è la trascrizione del racconto da parte dello storico del gruppo scoutistico antifascista OSCAR, Vittorio Cagnoni.

Primo documento:
Sezione Anpi di Crescenzago Zona 2 – Milano. 
Peppino Candiani ( Milano, 8.3.1925 – Cremenaga, 6.5.1944 ).

Giovane antifascista, faceva parte del gruppo di cattolici che dette vita, presso il Collegio San Carlo di Milano, alla Organizzazione Soccorsi Cattolici Antifascisti Ricercati (OSCAR), con le principali sedi operative in Crescenzago e a Varese, nella zona di confine con la Svizzera.

Con la guida spirituale e militante del “prete partigiano” don Enrico Bigatti, OSCAR riuscì a diventare, dal settembre 1943, un valido strumento di soccorso ed aiuto per i resistenti e i partigiani, per gli Ebrei e i ricercati, per i renitenti e gli sbandati.

In un’operazione di salvataggio ed espatrio di sedici giovani e del disperso lituano Marcovic, Candiani venne colto di sorpresa e ucciso da una pattuglia di fascisti a Cremenaga sul fiume Tresa nella notte tra il 5 e il 6 maggio del 1944. Aveva diciannove anni.

Secondo documento, che si può leggere sul web digitando “Intervento Cagnoni –Aquile randagie”.

E per concludere racconto un espatrio:
Sabato aprile 1944. Peppino, 19 anni, lo passa in casa di don Natale Motta, a Varese, dove familiarizza coi suoi compagni, tra cui un lituano, che attende da diversi giorni l’occasione per l’espatrio.

Passano altri due giorni. “Domani è la partenza”. Il passaggio però si ferma alla rete del confine di Ligurno, quando una pattuglia di fascisti li intercetta, intimando “L’alt”e sparando una carica nella direzione di quelle ombre che tentano di scomparire tra le felci e le siepi della macchia. Miracolosamente salvi, ritornano a Varese.

Nel secondo tentativo la spedizione è composta da 13 persone. In piazza, dopo lo scambio delle incombenze ed il riconoscimento attraverso la parola d’ordine “32 uguale 33” dei militanti OSCAR milanesi e varesini, gli espatriandi partono col tram da Varese per Molino d’Anna. Don Motta si rivolge a Peppino: “Ti affido il lituano Marcovich, è malato, ha un polmone solo, aiutalo nel varco”.

E Peppino risponde: “Don Natale le do la mia parola! Stamattina ho fatto la Comunione; ho detto al Signore: ‘Stasera o in Svizzera o in Paradiso”. Birreria Poretti, Ponte sull’Olona, Induno Olona… ecco Ganna, Cittiglio, Luino, infine Molino d’Anna. Scesi dal tram, mischiati alla gente comune, sono presi 6/7 in carico dai fratelli Fumagalli e, a piedi, attraverso sentieri, scendono a Biviglione per arrivare alla meta italiana: la rete di confine sul fiume Tresa tra Creva e Cremenaga.

Notte tra il 5 e 6 maggio 1944. Il posto è impervio, per questo poco sorvegliato. Coll’aiuto di corde si deve superare il salto tra la sponda ed il greto del fiume. É richiesto un minimo di abilità e poi si è in Svizzera.
Marcovich, quando apprende di doversi calare con le corde impallidisce: “Non avrò mai il coraggio di lasciarmi scivolare”.

Peppino lo rincuora: “Vedrai che non sarà complicato. Passeremo insieme. Si tratta di non guardare in basso per non lasciarsi prendere dalle vertigini”. “Ho paura”. Si calano i primi con i piedi stretti in una corda e con le mani che si lasciano scivolare nell’altra, e sono rapidamente sul fondo. In salvo. É la volta di Marcovich.
Dopo pochi metri urla: “Aiuto, aiuto, precipito! Aiuto, aiuto, Peppino!”. Le guide lo esortano a tacere. Peppino gli dice dall’alto: “Vengo giù io a sostenerti”.

Ma qualcuno ha sentito. La situazione è tragica per tutti. Si ode un lontano tramestio tra le piante… È una pattuglia di fascisti! Quelli sul greto, si buttano coraggiosamente nell’acqua gelida e raggiungono la riva, la Svizzera. Peppino raggiunge Marcovich. Un grido risuona: “Alt… Alt” seguito da alcuni spari. Peppino vola nelle acque del Tresa. È colpito… Marcovich terrorizzato si lascia cadere e sviene. Poi si sente sollevare. Sono i militi fascisti che lo ricuperano e lo arrestano.

Peppino Candiani è ripescato dieci giorni dopo presso la diga di Creva con una pallottola di moschetto nella nuca. È trasportato a Crescenzago dove si svolgono i funerali fra tanta gente ed i familiari che perdono il loro unico figlio e sostegno.

Ricordate: Le Aquile Randagie hanno dimostrato che si può fare. Lo stesso tragico fatto si può leggere con più particolari e con precise notazioni nel libro “Diario Clandestino (appunti di vita partigiana)” di Don Aurelio Giussani, dalla pagina 22 alla pagina 26.

© Riproduzione riservata

Vuoi lasciare un commento? | 0

Lascia un commento

"Luinonotizie.it è una testata giornalistica iscritta al Registro Stampa del tribunale di Varese al n. 5/2017 in data 29/6/2017"
P.IVA: 03433740127