Luino | 14 Febbraio 2018

Intervista ai “Frontaliers”: “A Luino ci sentiamo come a casa, abbiamo avvicinato italiani e ticinesi”

Quattro chiacchiere con il cast e il regista di “Frontaliers Disaster”, in questi giorni al cinema. Una bella cornice di pubblico ha salutato l'anteprima luinese

Tempo medio di lettura: 4 minuti

In proiezione nella sale del territorio “Frontaliers Disaster” è arrivato ieri anche al Teatro Sociale di Luino. Il film sta ottenendo sempre più successo anche da questa parte del confine, la zona del Bussenghi per intenderci, per una pellicola del tutto originale made in Suisse.

Prodotta da Inmage in coproduzione con RSI e distribuita da Morandini Film Distribution, la pellicola è uscita in Svizzera nel periodo natalizio, per approdare in queste settimane anche in Italia. Presente a Luino per incontrare e ringraziare il proprio pubblico, ieri abbiamo intervistato il cast del film, composto dal regista Alberto Meroni, da Paolo Guglielmoni, alias Loris Bernasconi, Flavio Sala, quale Roberto Bussenghi, e Barbara Buracchio, sul set come Amélie.

Ecco cosa ci hanno raccontato.

Come sta andando il film?

BERNASCONI: Il film è andato molto al di là delle nostre aspettative: in Canton Ticino ha raggiunto i 32mila spettatori, che su 160 mila abitanti è un bel numero, e sulla scorta di questo successo ci è stato permesso di avere una distribuzione anche nella zona di confine. Ed eccoci qua.

Qual è stato il riscontro del pubblico?

MERONI: Noi ci aspettavamo di fare un buon film, ma non così tanto che il pubblico uscisse entusiasta dalle sale, carico di buon umore e pronto ad alimentare il passaparola. È stato proprio questo che ci ha aiutato, perché oltre alla fiammata iniziale il passaparola è stato fondamentale.

BERNASCONI: Martedì scorso a Varese c’è stata una bellissima accoglienza e la sala piena. È stato emozionante vedere che alla fine c’è un’attesa. Anche sulla striscia di confine ci sentiamo molto a casa. Il piacere che abbiamo di incontrare il pubblico svizzero è lo stesso in Italia. L’unica differenza è che qui si crea una sorta di dialogo con gli spettatori, che ti interrompono e parlano anche mentre stai introducendo il film, cercano l’interazione diretta, mentre in Svizzera nessuno osa.

Da dove nascono i “Frontaliers”?

BUSSENGHI: Il telefilm era nato da una serie di sketch radiofonici di pochi minuti che venivamo mandati in onda tra una canzone e l’altra su Rete Tre. L’idea era quella di creare un personaggio che fosse scomodo ma al contempo divertente, costretto a passare dalla dogana tutti i giorni. Chi poteva essere se non un frontaliere? Abbiamo aggiunto una cadenza milanese e una canzone improvvisata con la chitarra (che è poi diventata quella d’apertura) e sono nati i “Frontaliers”. Lo sketch alla radio è andato fin da subito bene e con il tempo si è voluto far passare anche un messaggio, perché era il periodo delle dogane non più presidiate e delle nuove regole di Schengen. Poi è stata la volta dell’appuntamento settimanale all’interno del programma “S-Quot” su RSI, che ha aumentato il nostro successo, tant’è che il pubblico attendeva sempre l’episodio successivo. Da lì l’idea di fare il film e anche il primo DVD che ha venduto 4000 copie in due giorni. Siamo corsi a fare la ristampa ed il ricavato è andato tutto in beneficenza, tanto il primo, quanto il secondo e terzo anno.

Perché il passaggio da telefilm a film?

MERONI: Già nel 2012 avevo proposto di fare il film dei “Frontaliers” perché sarebbe stato il momento giusto, talmente era grande il successo. Ma alla fine abbiamo aspettato perché la RSI ipotizzava che il pubblico non sarebbe andato al cinema a vedere un prodotto locale, perché non abituato. Nel frattempo ho realizzato la commedia dialettale “La Palmira – Ul Film”, un successone con quasi 16mila spettatori. Quindi c’è stata la risposta indiretta che in realtà il pubblico vuole il prodotto locale anche in sala e così, dopo aver realizzato “Palmira 2”, avevamo tutte le carte per mettere in scena anche il film dei “Frontaliers”.

Quali sono state le maggiori difficoltà riscontrate?

BERNASCONI: La difficoltà principale era quella di passare dai 3 minuti ai 115. Per questo è stato dato più spazio agli altri personaggi come il doganiere Veronelli con il cane Rex, la turista francese Amélie e la moglie del Bussenghi, altrimenti saremmo stati sempre io e lui (Bussenghi, ndr).

BUSSENGHI: Inoltre, Barbara Buracchio (alias Amélie), conoscendo già i personaggi, ha scritto la sceneggiatura insieme ad Alberto (Moroni), che regge una trama dialogata da noi due che facciamo gli sketch. Non si è perso niente di quello che c’era di originale, non è stato come dare in mano un prodotto ad un estraneo che non l’ha mai usato.

Ci sono state delle difficoltà dopo l’uscita del film?

MERONI: Abbiamo dovuto fare dei cambiamenti, soprattutto dopo la prima settimana in Svizzera, facendo degli spostamenti e correggendo i volumi di alcune parti del film perché magari il pubblico rideva e non sentiva la battuta successiva.

Che significato ha il vostro film al di là della pellicola?

BERNASCONI: Siccome lo scontro si fa politicamente aspro sia in Italia che in Ticino, abbiamo voluto incentrarci su un discorso culturale. In Svizzera i nostri genitori ci insegnano dei pregiudizi sugli italiani, soprattutto su come guidano, come parlano, come urlano, come gesticolano… e alla fine cresci in un mondo in cui ti domandi cosa faranno mai questi italiani, ma in realtà alla fine li dividono solo 5km ed una linea di confine. È in questo senso che il film si fa interessante perché guarda tutto da un altro punto di vista.

BUSSENGHI: Ha del miracoloso che il Bussenghi, un frontiere, è diventato il personaggio più simpatico ma anche più amato dai ticinesi. Il pubblico ha capito lo scherzo e secondo me negli anni questo è servito anche ad avvicinare ed acquietare le tensioni che si erano create.

La scelta della luinese Sarah Maestri è stata casuale?

BUSSENGHI: Io e Sarah abbiamo lavorato insieme per una commedia dialettale in Svizzera e sul set de “Il Pretore”, ma siamo sempre rimasti in contatto. Per il film ha accettato un cameo piccolino, senza sentirsi sminuita e mettendosi subito a disposizione.

Quello di “Frontaliers Disaster” è il miglior modo per stemperare le tensioni e ridere dei pregiudizi e dei paradossi che vede protagonista il rapporto tra italiani e ticinesi. Farlo in un momento storico così complesso è fondamentale per tutti.

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