L’incubatoio “La Madonnina” di Maccagno è una struttura fondamentale per la cura e il mantenimento di specie autoctone come le trote lacustri e le trote marmorate, la cui tutela e salvaguardia è garantita dal lavoro svolto dagli operatori, i quali mossi dalla passione per la natura e per il territorio, articolano in vari momenti dell’anno le complesse e delicate fasi che garantiscono la riproduzione dei pesci, e il corretto svolgimento della catena alimentare.
La causa è nobile, resa ancor più preziosa dal fatto che gli addetti a questa attività di allevamento sono tutti volontari, pescatori che investono tempo, energie e risorse per ripopolare le nostre acque. Attrezzi, mangimi e operazioni di manutenzione hanno però un costo, e la mancanza di fondi, sempre più incisiva, rischia di compromettere la sopravvivenza dell’impianto. A lanciare l’allarme è stato, oggi, su Prealpina, Antonio Catenazzi, insieme ad un folto gruppo di pescatori, che da oltre vent’anni gestiscono la struttura.
Per cercare una risposta all’attuale emergenza è necessario addentrarsi nei meandri della burocrazia, che fino ad alcuni anni fa attribuiva l’erogazione di denaro per questo settore alla Provincia. Oggi, in seguito allo spostamento delle competenze, e alla riorganizzazione degli enti locali, la Regione si trova impossibilitata a finanziare le società dedite alla pesca sportiva, imposizione che invece non sussiste per le medesime attività in ambito professionale.
Tale vuoto, in assenza di alternative, può compromettere il lavoro svolto all’interno dell’incubatoio. In altri termini, senza soldi, i pesci verranno rilasciati nel lago, con la prospettiva di una probabile e rapida estinzione delle specie che la struttura maccagnese si occupa di tenere in vita.
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