Varese | 14 Giugno 2017

“Mombello – Un’inchiesta teatrale, uno spettacolo, un viaggio”

La presentazione del libro di Paola Manfredi, regista e Direttrice Artistica del "Teatro Periferico", occasione per riflettere sulla diversità

Tempo medio di lettura: 4 minuti

(emmepì) “I nostri lavori partono sempre da esperienze del passato che andiamo a raccontare attraverso le parole dei testimoni, con un intento che non è folcloristico, ma di essere materia viva. Non il racconto di un ricordo, ma un uso del passato come elemento dinamico dell’oggi, che ci parli per mettere in discussione e modificare il presente”.

Con queste parole Paola Manfredi, regista e Direttrice Artistica del “Teatro Periferico” di Cassano Valcuvia, ha sintetizzato la metodologia di lavoro che caratterizza i progetti che coinvolgono i “paesaggi umani e le geografie poetiche” protagonisti di “un lavoro accurato di raccolta di storie, di ricostruzione della memoria e di restituzione artistica, in un processo sociale condiviso”.

La presentazione del suo libro “Mombello – Un’inchiesta teatrale, uno spettacolo, un viaggio” presso la sala convegni di Villa Recalcati lo scorso 8 giugno, è stata dunque l’occasione per riflettere, sulla diversità, sulla sottile linea di demarcazione che divide chi è sano da chi è malato, ma soprattutto per capire le nostre paure, superabili “attraverso un percorso di comprensione di ciò che è accaduto in quei luoghi e in quei momenti storici per ritornarci con una nuova consapevolezza”.

Protagonisti della presentazione l’ex ospedale psichiatrico provinciale Antonini di Limbiate; il progetto “Voci da dentro”, nato per raccontarne la storia; lo spettacolo teatrale “Mombello” che ne è scaturito, il viaggio “Case matte” alla ricerca di altre realtà sul territorio nazionale, dunque, con “i racconti, la ricognizione dei luoghi e gli scritti documentali delle cartelle, legati da un filo non tanto di descrizione narrativa, ma emozionale. Progetti che gli enti locali e le istituzioni hanno il grande dovere di promuovere e sostenere perché hanno un obiettivo massimamente culturale, etico e sociale”.

Così ha sottolineato Cristina Riva, Assessore provinciale con delega alla Cultura nel suo breve intervento introduttivo. Al prof. Giuseppe Armocida, ex psichiatra e docente all’Università dell’Insubria, il compito di dialogare con Paola Manfredi sul significato di questa ricerca, attuata ascoltando “storie, al plurale, di una follia. Voci da dentro la sofferenza, ma anche la devianza, la trasgressione. Voci e corpi, e volti e parole. Di pazienti, di familiari, infermieri, medici, e poi anche di uomini e donne ‘normali’. Voce volti di una comunità che soffre, gioisce e spera”, come ha scritto Loredana Troschel, drammaturga, che ha trasformato le interviste dei raccoglitori di storie sguinzagliati sul territorio in scene e dialoghi.

Partendo dalla domanda se i libri servano semplicemente alla cultura o a qualcosa di più, il prof. Armocida ha velocemente riassunto il processo di cambiamento che, con la legge Basaglia, nel 1978 impose la chiusura dei manicomi. Ma come veniva e viene ancora vissuto questo “deragliamento del pensiero”? “Quando cambia la società, cambia anche il modo di soffrire – Ha spiegato Armocida – E chissà se li abbiamo curati, quei malati…Certamente loro hanno curato noi, perché un bravo medico deve imparare a capire, accompagnare e quegli ospedali mal governati pesano sulla coscienza di tutti noi. Ecco perché quando guardiamo al passato non dobbiamo adagiarci sulle sicurezze del presente. La tendenza della società è quella di affidare la custodia a qualcuno, ecco perché il manicomio è ancora nella testa delle persone, convinte che i diversi debbano essere tenuti lontani. In quei luoghi erano pochi quelli meritevoli di lunga degenza, nella maggior parte dei casi si trattava di persone rifiutate dalla società e delle famiglie, che non trovavano altra collocazione I manicomi raccoglievano certi rifiuti della società, diventando uno straordinario grande teatro dell’imperfezione umana”.

Ecco allora la grande valenza pedagogica di progetti teatrali come quello del Teatro periferico, che suggerisce una metodologia ben precisa: quella di “poter dire qualcosa sulla realtà che ci circonda attraverso la partecipazione dei cittadini e delle persone che coinvolga anche chi ha le competenze. – Ha sottolineato Paola Manfredi – Obiettivo del libro non è aprire una discussione, ma, per noi, quello di restituire una memoria viva delle persone che in quei luoghi hanno vissuto e di quello che è stato, per capirlo”. Teatro di “interazioni sociali”, dunque, con il coinvolgimento di diverse tipologie di soggetti, che non si riduce all’incontro con gruppo di attori con il pubblico. “I primi protagonisti sono infatti i destinatari dell’intervento, gruppi e comunità di cittadini svantaggiati”. Così ha scritto Oliviero Ponte Di Pino nell’introduzione al libro.

Nel lavoro del Teatro Periferico, per ogni testo raccolto sono stati scelti alcuni elementi che descrivessero una situazione e affidati agli attori perché interpretassero psicologicamente i pazienti. “Ho attribuito loro 10 azioni ciascuno, ispirandomi alle posture del viso: maschere derivanti da ritratti del pittore Gino Sandri, vissuto e morto a Mombello, e dello psichiatra Romolo Righetti, psichiatra e ‘osservatore d’anime’”. Ogni attore ha assunto quella caratteristica, quel volto e su quella maschera sono state inserite le azioni che li hanno trasformati in pazienti, senza caricature, diventando così molto credibili. Ma che rapporto vive un teatro attento al territorio come quello di Cassano Valcuvia?

Così l’ha sintetizzato Marco Magrini, vice presidente provinciale e sindaco di Cassano Valcuvia: “Nel nostro piccolo comune abbiamo portato avanti esperienze al passo coi tempi, come l’housing sociale per reinserire in modo adeguato nella società dei ragazzi che avevano avuto problemi, in collaborazione con l’ospedale di Circolo. Dopo le iniziali difficoltà, l’intero paese alla fine ha accolto questa situazione, gestendola in modo molto sereno. Oggi stiamo vivendo la stessa situazione con quattro ragazzi provenienti dalla Nigeria, che stiamo inserendo nel tessuto sociale del territorio, anche grazie alla collaborazione con il Teatro Periferico e con l’intera comunità, cui va il nostro ringraziamento, anche per l’esperienza del Grotto del Sorriso, la cooperativa in cui lavorano ragazzi con sindrome di down che sta lavorando all’interno della Pro Loco. Sono forme di arricchimento importanti per una piccola comunità accogliente di 670 anime come la nostra, esperienze che nascono dall’ascolto del territorio. Il Teatro Periferico è un’esperienza che fa vivere una piccola valle come la nostra anche grazie al numeroso pubblico che arriva dalle cittadine circostanti per assistere alle rappresentazioni e alle 60 persone che frequentano la scuola di teatro, tra ragazzi e adulti: una realtà che si sta prendendo spazio grazie alla credibilità di ciò che propone”.

© Riproduzione riservata

Vuoi lasciare un commento? | 0

Lascia un commento

"Luinonotizie.it è una testata giornalistica iscritta al Registro Stampa del tribunale di Varese al n. 5/2017 in data 29/6/2017"
P.IVA: 03433740127