Porto Valtravaglia | 8 Maggio 2017

Porto Valtravaglia: gran successo per “Maria Sotterrata”, il terremoto del Friuli metafora della vita

Porto Valtravaglia: gran successo per "Maria Sotterrata", il terremoto del Friuli metafora della vita

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(emmepi) “Ci sono date che segnano per sempre la storia di un popolo. Ci sono avvenimenti che mettono duramente alla prova non solo gli individui, ma intere comunità.

Il 6 maggio del 1976 è una di queste: una scossa di terremoto in una manciata di secondi cancellò un migliaio di vite, devastò decine di paesi, mise in ginocchio il sistema produttivo del Friuli Venezia Giulia. Dedizione, determinazione e caparbietà furono le parole chiave che ebbero il sopravvento sullo sconforto di quei giorni, determinando la rinascita dell’intero territorio”.

Porto Valtravaglia: gran successo per “Maria Sotterrata”, il terremoto del Friuli metafora della vita. Questo l’incipit dell’affettuosa lettera che Debora Serracchiani, Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia ha inviato alla Compagnia teatrale “Chronos3, che sabato 6 maggio scorso ha messo in scena, presso il salone Colombo di Porto Valtravaglia, “Maria Sotterrata – La terra trema, la volontà no”. L’idea di questa rappresentazione teatrale, partita dalla presidente della biblioteca Orietta Spazio, ha trovato l’appoggio della Proloco guidata da Roberto Malaguti e dell’amministrazione comunale guidata da Adriano Giacobazzi. Lo spettacolo, realizzato con il contributo del Comune di Gemona del Friuli e in collaborazione con LAB – Laboratorio Internazionale della Comunicazione, aveva debuttato a Gemona il 3 agosto 2016 in occasione del 40° anniversario del terremoto del Friuli. La Compagnia “Chronos3 nasce nel 2011 presso la Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano grazie all’incontro fra tre registi: Vittorio Borsari, Manuel Renga e Valentina Malcotti, originaria proprio di Porto Valtravaglia. Dal 2015 fa parte del Circuito Ministeriale Multidisciplinare della Lombardia CLAPS Spettacolo dal Vivo. Lo scorso anno è stata selezionata per il bando “Next” di Regione Lombardia e, nello stesso anno, il progetto “Circuito Contemporaneo/Switch on” ha vinto il finanziamento triennale del bando “Funder35 di Fondazione Cariplo”.

Maria sotterrata” nasce da un lavoro di ricostruzione e indagine preliminare operate dalla regista Valentina Malcotti e dal drammaturgo milanese Davide Lo Schiavo, diplomato alla Scuola di Cinema Luchino Visconti. È stato poi realizzato con le scene e i costumi di Antonella De Iorio e Gianmarco Malcotti, la consulenza dialettale di Tania Petroni. Il testo, ricavato dalle video interviste ad abitanti, artigiani e imprenditori di Gemona, che hanno raccontato la loro esperienza legata al terremoto e alla vita prima del 6 maggio 1976, è stato affidato all’interpretazione personalissima e intensa dell’attrice milanese Valeria Sara Costantin, diplomata alla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi. In questo tragicomico monologo l’attrice ha dato prova di straordinaria versatilità, interpretando contemporaneamente i vari personaggi che interagiscono con la protagonista.

Maria Fantìn, operaia di Gemona, imprigionata sotto le macerie in seguito alla scossa sismica, brancola in un buio scandito dal passare interminabile delle ore, in una confusione spazio temporale che la fa oscillare ora nel passato ora in un presente claustrofobico, in cui lo stillicidio di una goccia d’acqua che implacabile segna le tappe dei ricordi, si alterna e si confonde con la cadenza delle nenie che si cantano per far addormentare gli infanti, nella speranza, forse, che il sonno permetta di sfuggire ad una realtà inaccettabile. Così, quel “pozzo”, in cui Maria si trova prigioniera, si trasforma in un bozzolo, in cui si avvolgerà per prepararsi ad una metamorfosi che le permetterà, alla fine, di volare via, in quel cielo del quale non si era mai accorta quanto fosse intensamente blu. Maria sotterrata: non solo dalle macerie di un terremoto che è arrivato con un rombo progressivo, assordante e devastante, ma soprattutto vittima di un annientamento psicologico fatto di convenzioni e stereotipi; di una madre che la vorrebbe plasmare a sua immagine e somiglianza. Maria dall’infanzia difficile, oggetto di scherno da parte dei suoi coetanei e soffocata da un ambiente che non consente alle ragazze un futuro diverso se non quello di un destino da operaia nell’opificio del paese, quella “Manifattura di Gemona” che il 6 maggio 1976 sarebbe crollata e successivamente demolita. Anima inquieta che tuttavia è tenacemente aggrappata ai sogni e alla fantasia, che custodisce preziosamente nel cuore, così come il ciondolo del padre, mai conosciuto, che stringe gelosamente nella mano.

Ma quando tutto sembra ormai perduto e i pensieri di Maria si fanno più cupi, perché “Nessuno mi ha tirato fuori dal pozzo…io ero là sotto, ed era pieno di vermi e non volevo essere così, sotterrata…”, improvvisamente arriva uno spiraglio di luce: “C’era un canale, in fondo al pozzo…ho scavato, ho scavato con le mani, con queste mani…Nessuno poteva vederlo, quel canale, soltanto io…e all’improvviso mi si toglie tutto dal cuore…Questa volta vado via…”. Una forza interiore che la spinge verso il cambiamento, che la sostiene al punto da non aver più paura nemmeno di Lei, nostra Sorella Morte: “Tu! Non c’è più bisogno che ti nasconda!” Anzi: suggerisce anche a Lei il cambiamento, semplicemente indossando un comodo paio di jeans al posto dell’inquietante mantello nero. Il dialogo con Lei, ricordando tutti i momenti in cui la Signora era presente al suo fianco, condurrà Maria a quell’epilogo a lieto fine che sembrava impossibile. Una salvezza inaspettata che in fondo non dispiace alla cinica Sorella Morte, abituata ad osservare il mondo degli umani con uno guardo ironico, divertito e disincantato: questi umani così strani, preoccupati di far progetti, cose e case…che poi si perdono in un bicchier c’acqua e danno di matto, cercando di rubarle il mestiere…“Scusate la fretta, ma questa volta la testa voglio metterla fuori, anche per voi, che non ci siete più…”.

E non pensa soltanto ai morti, Maria, ma soprattutto a coloro che non hanno avuto il coraggio del cambiamento, né la forza di spogliarsi della loro falsa identità, costruita soffocando reali bisogni e aspettative di vita. È la rivincita sul suo destino di eterna sconfitta e la consapevolezza che il sogno di diventare stilista sta per diventare realtà. “Secondo lei, quanto ci metto ad arrivare a Parigi?” Chiede Maria ai soccorritori, perché “Qui non c’è da piangere: c’è da ricostruire…”.

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