13 Febbraio 2017

Luino, l’esule Morresi nel Giorno del Ricordo: “Due volte italiano, per nascita e scelta”

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Il giorno del ricordo, un ricordo raccontato al teatro Sociale di Luino da chi c’era e ad ascoltare le sue parole erano presenti le più alte cariche istituzionali luinesi oltre a molti giovani studenti: Pier Maria Morresi ha raccontato la sua esperienza da esule istriano e che, come altre centinaia di migliaia di esuli, ha dovuto abbandonare la propria casa italiana prima che diventasse jugoslava, per diventare lui stesso “due volte italiano”: una per nascita, una per scelta. Per troppi anni questa storia d’Italia, di sradicamento e sofferenza, è stata taciuta ed oggi è stata ricordata come una solennità nazionale.

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Luino, l’esule Morresi nel Giorno del Ricordo: “Due volte italiano, per nascita e scelta”. Si è svolto questa mattina l’incontro per il Giorno del Ricordo: al teatro sociale di Luino, gremito di giovani studenti delle scuole medie di Luino, di Germignaga, dell’istituto Maria Ausiliatrice e dell’istituto di Roggiano, si è tenuta la celebrazione solenne in memoria degli esuli istriani e del dramma delle foibe. Il dottor Pier Maria Morresi, Presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia Comitato Provinciale di Varese, alla presenza delle autorità civili, militari e religiose, ha presentato un argomento troppo spesso tralasciato nei libri di scuola, parlando con l’ardore di chi ha vissuto in prima persona gli eventi. Morresi, una delle ultime voci che possono testimoniare quella terribile vicenda, alla quale è affidato il compito di difendere una storia troppo spesso taciuta. Pierangelo Rossi, alpino ed ex sindaco di Curiglia, ha aperto l’incontro, ringraziando i presenti “per questa partecipazione che vuole ricercare conoscenza e che interessa tutta l’Italia”. Rossi ha ricordato, con quel sentimento nazionalistico di chi crede che queste memorie siano un passaggio obbligato per poter costruire un futuro migliore, che la Giornata del Ricordo è una solennità nazionale istituita per legge: “Il 10 febbraio del 1947 fu firmato il trattato di pace che assegnava alla Jugoslavia l’Istria e parte della Venezia Giulia. Si vuole in questo giorno conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe e dell’esodo dalla loro terra”. Alle sue parole è seguito l’inno nazionale cantato all’unisono dai presenti in sala.

L’intervento del sindaco Pellicini. Il primo ad intervenire sul palco è stato il sindaco Andrea Pellicini che, prima di focalizzarsi sul tema del Ricordo, ha presentato il tenente Alessandro Volpini, da poche settimana alla guida della Compagnia dei Carabinieri di Luino: “Questa mattina abbiamo deciso di onorare il giorno del ricordo invitando il dottor Morresi. Ad un certo punto della storia 300mila italiani furono costretti a lasciare le loro terre italiane per trovare ospitalità da un’altra parte d’Italia, come se noi, adesso, venissimo sradicati dal lago, dalle montagne, da tutto, per andare lontano. Ed è ciò che questi nostri fratelli italiani hanno subìto. La celebrazione e il ricordo di questi fatti si ebbe solo dagli anni ’90 in poi. Per tanto tempo di tutte queste persone non se ne fece memoria per convenienza politica, la quale, purtroppo, ha superato questo doveroso ricordo. Uno dei primi uomini politici a ricordare questa vicenda fu Cossiga nel 1991: alla foiba di Basovizza si inginocchiò e chiese perdono per la dimenticanza da parte di tutta l’Italia”.

Il ricordo e le emozioni di un esule, la testimonianza di Pier Maria Morresi. “Io parlo perché sono un esule e sono arrivato a Varese a 3 anni. Sono uno dei tanti esuli istriani e la mia è una delle loro ultime voci. Come diceva Montanelli, siamo due volte italiani: una volta per nascita e la seconda per scelta, perché il trattato di pace del 1947 diceva che chi fosse rimasto sul territorio, sarebbe diventato jugoslavo”. Queste sono le prime parole del dottor Pier Maria Morresi. Una testimonianza forte la sua, trasmessa con l’impeto di chi racconta una realtà vissuta in prima persona che, come in questo caso, lascia il segno. Nato a Pola, Morresi è stato protagonista di una pagina di storia italiana che è ancora poco nota: “Oggi ricorreranno spesso due parole: foibe ed esodo. In un’indagine conoscitiva che è stata fatta tra gli italiani, è risultato che solo il 30% conosce il loro significato”. Non una celebrazione, ma solennità nazionale, perché tale è la Giornata del Ricordo: momento di lutto nazionale con le bandiere a mezz’asta per una memoria che “è un problema della nostra nazione nel corso di tutto l’anno”. Il dottor Morresi ha parlato della storia d’Italia, del continuo contendersi dei territori istriani e di parte della Venezia Giulia con altre nazioni, per arrivare a chiarire cosa sia effettivamente successo durante l’esodo che ha interessato lui e altri 300mila italiani, documentando con immagini anche personali i fatti storici.

Il filmato. In sala, poi, è stato proiettato un filmato sull’esodo che ha interessato anche il dottor Morresi: immagini in bianco e nero che testimoniano quanto accaduto e che catturano gli sguardi di studenti e delle autorità istituzionali, immagini che raccontano di un abbandono di terra e di familiari, di violenza e necessità di una nuova vita, immagini che parlano italiano. “Anche in questo caso, come in molti altri, si parla di confini tracciati sulle carte e sul territorio. In Istria è stato fisicamente tracciato per terra: una ridicola linea bianca di confine che divide una stalla dalla casa del padrone, una metà delle mele di un albero dall’altra metà e un tavolo da biliardo in due parti uguali. E’ una linea dal valore incredibile”, ha commentato Morresi al termine della proiezione, soffermandosi anche sul discorso delle foibe: “E’ stato spiegato cosa sono, ma quanti italiani ci siano finiti dentro è un problema che gli storici non sono riusciti ancora a spiegare”. Questo e altri dubbi rimangono sulla storia dell’esodo giuliano dalmata: “Dopo 70 anni si dovrebbe arrivare al punto di avere una visione unica dei fatti”, prosegue Morresi.

Una storia per il futuro. “Non si può parlare del futuro se non si conosce il passato: la storia serve per potersi orientare”. Parole cariche di sentimento quelle usate da Morresi per concludere la celebrazione della Giornata del Ricordo, all’interno della quale viene citato anche Piero Pellicini, padre dell’attuale sindaco di Luino, presente nel marzo 2004, quando si discuteva alla Camera e al Senato sull’istituzione del Giorno del Ricordo, in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale e concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati”. Poco prima del termine dell’incontro, Morresi ha posto e si è posto una domanda: “Ha senso parlare ancora di queste cose dopo così tanti anni?” e, dopo un momento di silenzio, risponde: “Si, oggi a tutti noi, nati prima e dopo l’esulo, tocca difendere la verità, con il sostegno della legge. Ma dovremo ancora vegliare perché il Giorno del Ricordo non diventi un incontro retorico, ma rimanga sempre più una testimonianza sempre viva per tutti noi. Il dieci febbraio non è solo il dieci febbraio, ma un giorno di ricordo che dura tutto l’anno”.

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